Abbiamo perso l’ennesima occasione per migliorare…

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In questa giornata di ricordo, tributo, emozioni e anche qualche manifestazione forse esagerata sulla morte di Kobe Bryant, abbiamo letto e visto di tutto.

La notizia riportata da TMZ poi bacchettata da chi non voleva far uscire la notizia sui social prima che fosse notificato alla famiglia, ha scosso molti. Apprenderlo mi ha lasciato molto amreggiato per una totale mancanza di rispetto verso la vita umana, non solo di Kobe, ma soprattutto della famiglia che con molta probabilità ha appreso la morte di un caro attraverso un link prima scritto, poi cancellato e in seguito riproposto.
Non cambia la sostanza della morte, ma potreste mai immaginare di venire a conoscenza della morte di un vostro caro tramite un tweet della quale si deve ancora valutare la veridicità?
Arrivare per primi sulla notizia è spesso il compito di un giornalista, avere il titolo sensazionale è alla base della crescita e della notorietà sia dell’individuo che della testata, ma a che costo si cerca anche in questi casi di essere i primi?
Non può essere tutto giustificato con “sta facendo il suo lavoro”, perchè lo si può fare bene o male, seguendo regole d’integrità o meno.

Detto ciò il nocciolo giornalistico che ci interessa sta tutto nell’immagine di copertina. La differenza di cultura sportiva (e non) che abbiamo rispetto ad altri paesi. Una tragedia di rilevanza mediatica planetaria è stata trattata come tale dai giornali spagnoli (e anche francesi che non sono in questa foto), mentre in Italia siamo ancora a parlare di una partita, dove si legge prima “castigato” o il “Napoli suona la Juve” piuttosto che un “ciao Kobe”. Dove non sembra esserci altro che il calcio, dove non esiste altra religione che quella e se non ne fai parte sei fuori. Da un lato l’essere una ristretta cerchia di appassionati, permette di discutere e confrontarsi senza buttare tutto in caciara (anche se non sempre), dall’altra ogni cosa che non sia il calcio è fagociatata, annientata, annichilita senza che neanche un avvenimento del genere possa cambiare le gerarchie. Sappiamo che all’interno di quelle testate c’è chi si è battuto per avere il degno spazio per uno sportivo planetario e il risultato della lotta lo si vede dalla pagina stessa. Non è una questione di calcio, basket o curling, ma di quanto la nostra cultura sportiva sia ridotta allo zero. E viene da pensare che forse alla fine ci va bene così. Anzi GLI va bene così.

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