Banchero a Sky: “Sto vivendo un sogno, voglio essere un All-Star”

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In occasione della festa di compleanno targata Sky a Milano per i 20 anni dalla propria nascita, l’emittente televisiva ha intervistato Paolo Banchero. Promessa del basket mondiale e accostato alla nazionale italiana fino a poco tempo fa, il giocatore ha parlato della propria carriera e dei suoi obiettivi futuri. Di seguito, l’intervista completa rilasciata da Sky.

 

Milano, 4 luglio 2023. Buon compleanno Casa dello Sport: Paolo Banchero ha partecipato al talk “Paolo Banchero: 20 anni come noi”, insieme a Federica Masolin. Di seguito alcuni estratti del suo intervento negli studi di Sky.  

Venire in Italia

È la prima volta che vengo in Italia. Tutti sanno che parte della mia famiglia proviene da questo Paese e io ho sempre sognato di visitarlo. Essere qui è davvero speciale per me. La mia famiglia arriva dal Nord Italia, da Genova, e mio padre mi ha sempre parlato delle mie origini. Il mio nome negli Stati Uniti è unico. Crescendo mi sono accorto che nessuno si chiamava come me. Ero curioso, volevo sapere perché mi chiamassi così, per questo mio padre mi ha raccontato delle mie origini, di quel ramo di famiglia che avevo in Italia e di cosa ne era stato. Da quel momento mi ha sempre intrigato l’idea di venire qui e saperne di più.

Il ruolo della madre 

Mia madre mi ha sempre ispirato molto. Era un’allenatrice di basket, e da quando sono nato fino a quando avevo 13, 14 anni ha sempre continuato ad allenare. Da ragazzino ogni giorno andavo in palestra con lei, così che potesse tenermi sott’occhio: mi portava agli allenamenti, mi permetteva di stare in giro e vedere come allenava la squadra. È sempre stata severa con me e mi ha insegnato molte cose sia sul basket che sulla vita. Al tempo non è stato facile, io ero solo un ragazzino e vedevo mia madre essere molto dura con me; ma quando diventi più grande e ti guardi indietro realizzi che molti di quegli insegnamenti di allora mi sono utili ancora oggi e per questo non posso che esserle eternamente grato. Nel basket è stata sicuramente la fonte d’ispirazione più importante per me.

Football o basket? 

Il football americano è stato il mio primo grande amore, anche se sono cresciuto giocando a basket. Mio padre giocava a football. Quando ho cominciato, da subito ero abbastanza bravo, mentre ho dovuto lavorare molto di più per migliorare nel basket. Su un campo da football tutto mi riusciva più naturale. È stato il mio primo amore, sono cresciuto amandolo, giocandoci con i miei amici, guardandolo in tv. Ancora adesso lo seguo spesso. Quando sono arrivato al liceo però ho iniziato a crescere molto e dopo il mio primo anno ho dovuto smettere perché ho raggiunto i 2.03 metri: stavo iniziando a giocare a basket in maniera più seria, e quando arrivi a una certa altezza diventa difficile stare su un campo da football. Così, grazie al basket, ho iniziato a partecipare a diversi campionati nazionali in tutta America e ho iniziato a costruire una certa notorietà. Sono stato reclutato da parecchie scuole e questo mi ha dimostrato che il mio sogno non era poi così lontano. La gente ha iniziato a dirmi che avevo una chance di andare in NBA e quando mi son convinto che quella opportunità c’era allora ho scelto di crederci fino in fondo, e lavorare il più duramente possibile per arrivare dove sono adesso.

 Il draft e il primo anno in NBA

L’ultimo anno è trascorso velocissimo, e sono successe tantissime cose, dall’essere stato la prima scelta al Draft al titolo di rookie dell’anno. È successo tutto molto rapidamente ma ho imparato molte cose. Sto vivendo il mio sogno: se qualcuno mi avesse detto a 13 o 14 anni che sarei diventato la prima scelta al Draft, probabilmente l’avrei guardato come se fosse pazzo e avrei riso, perché mi sarebbe sembrata una cosa fuori da questo mondo anche solo pensarlo. Ma restando concentrati, lavorando duro, le cose sono successe in maniera naturale, Dio aveva un piano per me e sono stato fortunato a farcela. La serata del Draft non la dimenticherò mai. Essere selezionato, sentire il commissioner NBA pronunciare il mio nome è stata la realizzazione di un sogno. Ho pianto di gioia per la prima volta. Non avevo mai provato emozioni del genere. Mi ricordo tutto di quello che è successo quella sera, le persone dei Magic che ho incontrato, la conversazione col mio allenatore al telefono, ricordo tutto in maniera così vivida. È stato un momento fantastico.

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