E’ una puntata diversa di Basket Sofa, quella che andiamo a proporvi per il ponte della Befana. Avevamo così tante tematiche da snocciolare che non sarebbe bastato un intero anno, per cui, accantonando anche il solito lato croccante, andiamo con un po’ di sano detox. Ci bastano le partite, neanche gli episodi, del nuovo anno… Come sempre, keep smiling, enjoy your read and love basketball.
MVP HARDEN: NO EXCUSES…
La sfida che ha messo di fronte Rockets e Warriors è stata probabilmente quanto di meglio – e di peggio – si possa vedere sugli attuali palcoscenici NBA. I top fra i giocatori più talentuosi in circolazione si sono dati battaglia fino all’ultimo centimetro per poter conquistare la vittoria, che sarebbe arrivata solo poi al supplementare, ma quello che sconcerta è l’infinito numero di triple che da ambo le parti sono state scagliate e mandate a bersaglio. Harden nel prepartita si era presentato con un giacca plastificata verde baccello, ideale come un poncho allo stadio per quando piove, specie per la grandine che ha animato la Oracle Arena. Alla fine il Barba piazza 44 punti, con la tripla decisiva, il tutto incastonato in una gara da leader e da tripla-doppista. Il suo grido e la sue leadership sono le chiavi per la rinascita della squadra di Mike D’Antoni, che in Austin Rivers ha trovato un fromboliere affidabile, specie per le (tante) volte in cui manca CP3. Siamo 2-0 in stagione contro i campioni in carica che li soffrono, maledettamente.
…IF CURRY AND DURANT PLAY THEIR OWN GAME
La faccia della medaglia dei Warriors perdenti è un po’ la fotografia del bridge che divide la scintillante San Francisco da Oakland, non certo la città delle luci. Proprio mentre la franchigia sta facendo i bagagli per spostarsi nella città gesuita e dei tram, la squadra che non doveva perdere e anzi avrebbe ammazzato il campionato, si eclissa col suo stesso gioco. Klay Thompson è un mistero, “dirty” Green non efficace, Curry è il solito pistolero dal parcheggio ma alle volte è troppo accentratore, mentre Durant nel ruolo di seconda stella – del tutto a lui sgradito – non riesce a dominare come dovrebbe. Per carità, sono secondi ad ovest, hanno vinto partite e un ko ci sta, ma sono figli di un gioco che fino a un annetto fa propinavano solo loro, ma che necessita di aggiustamenti per poter essere efficace. Houston può vivere di solo triple perchè lo mette nel suo piano partita, che con Mike in panchina è da tanti tiri, tanto contropiede e proviamo a farne uno in più del nemico; Kerr, invece, non può permettersi altrettanto. Riuscirà a ricreare chimica difensiva in una squadra che vive solo e soltanto di drag e transizione, quando i soliti due non la risolvono da soli?
A CASA DI DEROZAN, NELLA VECCHIA CASA DI KAWHI
Siamo stati spesso lungo le barricate delle due linee Maginot che separavano Toronto e San Antonio. Arriva il (primo) judgement day, con la trasferta texana dei canadesi, che ne escono con le ossa rotte. A punirli è DeRozan, che mette la prima tripla doppia della carriera proprio in una serata speciale, con punti ma soprattutto assist e rimbalzi. Uno schiaffo morale alla critica giornalistica Raptors che lo voleva egoista e mero finalizzatore. San Antonio vince e mette insieme il suo gioco, con il post up di Aldridge che funziona, le triple di Forbes che fanno la differenza ed un collettivo che difende e colpisce a tratti. Leonard è accolto da ululati di disapprovazione, con la mamma in tribuna che dispensa aspre parole ai tifosi dell’Alamo. Sul campo incide con i soliti numeri, ma appare scosso, e quelle urla “Traitor” in ogni gita in lunetta lo condizionano e non poco. Dopo tanta tensione, bello l’abbraccio a fine gara con coach Pop, che gli sussurra qualcosa all’orecchio di cui non verremo a conoscenza. Mentre è curioso il siparietto tra DeRozan ed alcuni ex compagni in uscita dal timeout. Un sorridente rimestarsi di ricordi che viene interrotto… da Leonard, che forse forse se la va a cercare eh…
P.S. San Antonio risale nelle gerarchie dell’Ovest così come Houston, la polveriera si fa caliente.
QUESTIONE DI PLAYMAKER
Ci perdoneranno Denver (prima regina dell’Ovest con super Joker) e Sacramento se ignoriamo la loro sfida, che vede rimontona dei Nuggets con Murray gran protagonista, ma vale la pena concludere la nostra puntata con un po’ di cenere e carbone per alcuni beniamini del pubblico (e non solo) che in questi giorni ci hanno deliziati con delle perle non indifferenti. Partiamo dal play di Philadelphia, Ben Simmons, che risolve la partita con i Clippers con una magata, facendo carambolare dalla sua rimessa, la palla sulla schiena del rookie Thornwell e andando a schiacciare in solitaria. Bravissimo, ci mancherebbe, ingenuo il rookie di Los Angeles, di sasso Doc Rivers, ma se si guarda il video, fotogramma per fotogramma, si vede che 1) passi clamorosi non fischiati, 2) la partenza di Simmons avviene con un piede ancora ben piantato fuori dal campo, 3) si era in zona instant replay e nessuno la va a vedere… Non ci siamo…
Restiamo sugli in bound e out of bound. Golden State vs Houston, supplementare, carambola a rimbalzo, traiettoria strana, Durant è uscito dal campo, tocca con i piedi più volte il parquet esterno, poi salta, volando come fa solo lui e al volo la ributta dentro al campo, dove con un extra pass la palla arriva a Curry per un canestro che varrebbe la vittoria se poi il Barba non ci pensasse. Gli arbitri degni dei colleghi calciofili italiani, vanno al VAR a vederla, eppure non annullano. La prima regola che si spiega al minibasket sul fuori è che non bisogna toccare nè con i piedi nè con la palla il suolo fuori dalla linea… Benissimo e quindi????
Ultima ma non minore valutazione la facciamo su due play chiacchierati come al solito. Lonzo Ball e Russell Westbrook, che si sono sfidati in settimana. Le cifre non dicono tutto, ma talvolta aiutano. Guardando da fuori si direbbe che Russ fa l’ennesima tripla doppia della carriera, mentre il figlio di Lavar è incolore come la sua squadra senza LeBron. Rivedendo quella gara con occhio e spirito diverso, si noterà come il 60/70% delle scelte del play di OKC siano sbagliate, ma che i risultati vengano da un Paul George fenomenale e da un Grant che sta diventando sempre più leader silenzioso dei Thunder. Il 3/20 dal campo fotografa la solita gara sparata a salve da RW0. Lonzo non incide questo è quello che dice il suo tiro, mai pezzo forte del bagaglio, ma è sempre quello che aiuta sui cambi, crea spazio – e altrettante palle perse – non concretizzato ed è catechizzato da Walton come se tutte le colpe fossero sue. Dark side of basketball…