Basket Sofa – I bracieri natalizi: Harden, Kings e Warriors

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Mentre il Natale infervora, l’NBA vive di momenti hot e di freddure, in un crescendo di situazioni che vale la pena non sottovalutare. Mentre il focolare scricchiola, sarà bene tenere il punto di quello che succede nel profondo sud, dove Harden è a metà tra l’essere Babbo Natale per il suo look hipster e l’elfo della fabbrica di giocattoli per quello che crea; Sacramento che è una conferma con i suoi giovani in un Ovest sempre più incerto, mentre Golden State, che doveva tirare le fila, arranca e perde colpi. Ci pensa Basket Sofa a far scricchiolare le caldarroste sui tizzoni… Enjoy

HARDEN: WHAT ELSE?

Non si può dire che abbia buon gusto nel vestire, visti i completi nei tipici colori da evidenziatore universitario che lo fasciano a dovere nei tunnel che portano ai parquet, ma nel mese di Dicembre James Harden è stato fenomenale. Non solo il “buffone” che con le sue giocate ridicolizza avversari e regolamento, ma anche e soprattutto il cuore e l’anima di Houston, che ritorna ad avere un record positivo. Sono 6 partite consecutive con 35 o più punti a referto, c’è una leadership che a volte diventa dittatura con quelle infinite serie di palleggi fra le gambe che preannunciano il jump shot o lo step back. I Rockets battono OKC nello special natalizio e poi Boston (un sublime Kyrie Irving sempre più “Uncle Drew”), rimettendo insieme i cocci di una squadra che magari troppo spesso deve fare a meno di Chris Paul (che sfoggia un improbabile dolcevita natalizio mentre è seduto in borghese in panchina) ma che ha in Clint Capela (record di rimbalzi nel Christmas Day) e anche nel nuovo arrivato Austin Rivers degli importanti dardi in faretra per provare a raggiungere la finale di conference, obiettivo minimo da raggiungere per non giudicare la stagione fallimentare.

SACRAMENTO’S DREAM…

La proprietà indiana, che ha ottenuto un preaseason match per la prossima stagione, Vlade Divac che fa delle scelte oculate sul mercato e un manipolo di giovani senza licenza né cittadinanza che se la può giocare con tutti. Ecco chi sono i Sacramento Kings, che con un De’Aron Fox finalmente a regime, la crescita di Buddy Hield, ma soprattutto la certezza rappresentata di Willie Cauley-Stein nel mezzo, regalano nuova gloria alla città che ha piazzato il leone dei Lannister come logo sul parquet di casa, abbinandolo a delle cerulee divise molto retrò. Poi c’è Bogdan e quello è un altro discorso. Bogdanovic dimostra di essere un vero animale da NBA, co personalità carisma e quella “cazzimma” che lo hanno reso un campione nel vecchio continente. Se anche Justin Jackson dovesse confermarsi, se Giles recupererà dalla lunga serie di infortuni, la squadra che vive delle follie di Bibby e Stojakovic potrebbe avere una nuova vita. Paradossalmente vincere tanto quest’anno potrebbe essere controproducente per il progetto, eppure se si pensa che in panchina siedono, spettatori, sia MecLemore che Ferrell, che sarebbero i ragazzi di maggiore esperienza, allora c’è del buono in fabbrica… E non è il solito call center indiano.

I DUBBI DI GOLDEN STATE

Golden State, abbiamo un problema… non è la mancanza di Cousins, che doveva ammazzare la lega assieme agli altri 4 campionissimi, quanto la mancanza di fluidità in quel gioco che non produce i risultati che l’anno scorso arrivavano copiosi. A guardare la gara di Natale contro i Lakers, tutti i limiti del gioco degli “splash brothers” sono venuti fuori, con il calo delle percentuali e dichiarazioni molto strane da parte di Klay Thompson la cui voce ben poco si era fatta sentire:

 

“A meno che non sia Reggie Miller o Ray Allen, nessuno può darmi un serio consiglio su come migliorare. Chi dovrei chiamare, allora, Larry Bird?”

 

 

Piccato, scontroso, ondivago. Non certo il KT che ci si ricordava negli anni passati. La sconfitta contro i Lakers che perdono James (si fanno male in molti quando nei pressi c’è Draymond Green?) ad inizio secondo tempo, è un segno di inversione di tendenza nella polveriera dell’ovest. Sono interessanti i giocatori che sanciscono la sconfitta, ossia Rondo e Stephenson. Peggio succede qualche giorno dopo, e nonostante la tripla doppia di Durant e una buona gara di Steph Curry: Portland, sempre anonima, trova in Nurkic e Lillard i suoi eroi, per un overtime che getta nuove ombre e riflessioni su Steve Kerr. Cosa aspettarsi per il futuro?