Sono 5 lunghi giorni… È un silenzio assordante quello che accompagna l’ingresso di LeBron James negli spogliatoi dello Staples Center. Sguardo basso che non tradisce emozione, occhiali scuri a evitare le telecamere ed una felpa camouflage un po’ disadattata a testimoniare che può essere passata anche una settimana, ma la perdita di Kobe Bryant è ancora lì a far entire il enorme ed immenso peso. Ogni seggiolino dello Staples ha la poltroncina rivestita con una maglia del #24 e c’è chi, come lo stesso “King” o “AD”, ha deciso di tatuarsi il black mamba sul corpo, con un “4 life” che testimonia molto più di tante parole. Addirittura l’avversario designato per la ripresa della normalità, ossia i Portland Trail Blazers, hanno Carmelo Anthony che a poche ore dalla gara dichiara di essere ancora troppo scosso per poter scendere in campo.
IL SILENZIO DEI LAKERS E LE PAROLE DI LEBRON
Si è parlato molto del “silenzio” dei Lakers nella settimana seguente al tragico incidente, eppure lo Staples è gremito in ogni ordine di posto, nessuno manca di avere un ricordo o un frammento del Mamba e quando tutti i giocatori scendono in campo con la #24 c’è un misto di angoscia e scrosciante emozione. La partita comincia e si perdono un po’ i connotati di quello che era stato il pregame, con l’omaggio video doveroso che viene sparato in loop sui maxischermi e che lascia più di qualche lacrima. Stupisce la calma ed il sangue freddo di coach Vogel, che ha preso per tutta la settimana la squadra sulle sue spalle, ha cercato di isolarla il più possibile e di accudirla, darle la giusta carica per poter tornare in campo. Poi l’inno cantato a cappella da parte dei Boyz II Men e le luci che si abbassano, con LeBron James che prende la parola, abbandona quelle poche righe che aveva preparato e lascia che sia il cuore a fare il resto. Parla di Lakers Nation, di quel lungo e incessante silenzio che ha accompagnato i tragici momenti, ricorda tutte le vittime dell’incidente e poi si lascia andare a un arpeggio riprendendo le ultime parole che Kobe aveva detto allo Staples qualche tempo fa. E non serve dire altro, perchè quello che il 23 dice è autoesplicativo e vale la pena solo riportarlo parola per parola:
Prima di iniziare con il mio discorso, voglio fare un omaggio a tutte le vittime dell’incidente di domenica mattina: Alyssa Altobelli, John Altobelli, Keri Altobelli, Payton Chester, Sarah Chester, Christina Mauser, Ara Zobayan, Gianna Bryant e Kobe Bryant. Ora – avevo scritto una cosa, ma a voi, Lakers nation, dirò delle cose che arrivano direttamente dal cuore. La prima cosa che viene alla mente è legata alla famiglia, e mentre mi guardo intorno, in questo palazzetto, mi rendo conto che tutti stiamo soffrendo, tutti abbiamo il cuore spezzato, e la cosa migliore da fare in questi casi è potersi appoggiare alla spalla di un familiare. E da domenica scorsa ho capito quello che mi era stato più volte ripetuto prima di arrivare ai Lakers – quanto questa sia una vera famiglia. È davvero così, a tutti i livelli: non solo i giocatori, non solo i coach, lo staff, l’organizzazione. Questa è davvero, davvero una famiglia. E dunque so che Kobe, Gianna, Vanessa e tutti loro vi ringraziano dal profondo del cuore.
So che un giorno avremo un memorial, per Kobe, ma guardo a questo momento come a una cerimonia, una celebrazione dei vent’anni (di Kobe qui): del sangue, del sudore, delle lacrime, del suo corpo colpito dagli infortuni, dei su e giù dalla panchina, delle innumerevoli ore, della determinazione a diventare il più grande possibile.
Oggi celebriamo il ragazzino arrivato qui a 18 anni, ritiratosi a 38, e divenuto da allora, con ogni probabilità, il miglior padre che si sia mai visto. Questa è una celebrazione.
Prima di iniziare a giocare… Kobe è per me un fratello. Dall’epoca in cui giocavo nei campionati studenteschi, lo vedevo da lontano; poi da quando sono entrato nella Nba, a 18 anni, e ho potuto vederlo da vicino; in tutti gli scontri che abbiamo avuto durante la mia carriera: la cosa che abbiamo sempre avuto in comune è stata la determinazione a vincere, a essere grandi. E il fatto che io sia qui oggi significa così tanto per me. Voglio dire a tutti voi che insieme ai compagni di squadra porteremo avanti la sua eredità: non solo quest’anno, ma per tutto il tempo in cui ci sarà dato di giocare a basket, lo sport che amiamo, perché questo è ciò che Kobe avrebbe desiderato.
E dunque: nelle parole di Kobe Bryant, “Mamba Out”. Ma nelle nostre parole: non ti dimenticheremo mai, fratello, vivrai per sempre con noi