Una settimana tira l’altra, il vento delle trade spira imperioso all’orizzonte e i roster devono tenere – come da antico detto – ben saldo il timone, per evitare colpi di scena, naufragi di vario genere e derive che non sono pronosticabili nemmeno dai più importanti fra gli addetti ai lavori. Eppure i fuochi d’artificio sono giunti puntuali, tra dichiarazioni a sorpresa di agenti e giocatori, bagagli fatti e disfatti tra pacchetti di giovani e scelte, sgomberi di cap salariale e molto altro… Nel marasma generale, anche Basket Sofa prova a mantenere la giusta direzione, provando a portare un filo d’ordine e di leggerezza in un clima pesante e fatto di tante, forse troppe, supposizioni di vario genere: as always, enjoy your read…
LA SOLITUDINE DI BROOKLYN
La gara tra San Antonio Spurs e Brooklyn Nets avrà degli strascichi per i tanti eventi strani che si sono verificati: innanzitutto, dopo il “piccione” di qualche settimana fa (gara tra Spurs e Grizzlies) che aveva sorvolato il parquet, a tormentare l’AT&T Center stavolta sono una coppia di pipistrelli, che interrompe il corso del primo quarto. Mentre il pubblico inneggia a Manu, che in una situazione analoga aveva catturato la bestiola a mani nude, mentre il Coyote con le autorità federali si armano di retino per farfalle, curiosa è la reazione spaventata di D’Angelo Russell, quasi in lacrime nello spogliatoio.
Che poi il play ex Lakers si “vendichi” nel secondo tempo con un gioco da manuale è ben altra cosa, ma quello che colpisce della franchigia di Brooklyn è il perfetto scollamento tra i suoi giocatori. Un esempio su tutti, Rondae Hollis-Jefferson non siede in panchina, ma in terza fila, distaccato, solitario e sconsolato, con uno degli inservienti che gli porge una salvietta, neanche fossimo ad un duello perso della cavalleria rusticana.
La sconfitta dei Nets è figlia della poca fiducia in se stessi, con Harris, Russell e Allen che giocano una gran partita contro degli Spurs tanto distratti quanto sornioni, bravi a restare in gara fino alla fine, anche in rimonta, a chiuderla in maniera silenziosa quando serve. E così quell’immagine silenziosa di una squadra che è in corsa playoff a Est, pur tra tanti problemi ed un “vivere sotto le foglie” come etichetta, resta affidata a quella salvietta di Hollis-Jefferson, che tanto sembra il classico lancio della spugna di sconfitta, tanto l’ultima speranza per provare a stringere i denti, rialzarsi e rimontare in sella.
NEW YORK TRADES ED IL PESO DELLA “LEBRON RULE”
Perchè Boston non può prendere AD in questa sessione di mercato? Per la “Rose Clause” che insiste sul contratto di Irving, dopo la sua prima rifirma, ed i C’s han detto a chiare lettere che – ad oggi – non cederebbero Kyrie nella trade. Chiesto all’interessato (che sembrerebbe voler risposare l’amico/odiato LeBron), è
stata molto piccata la risposta, con un rinvio al 1 luglio di ogni discussione. Bene, ma non benissimo.
Intanto Anthony Davis ha spazzato via ogni polemica, vuole i Lakers, e ha anche affermato di non voler andare a giocare per Boston. I gialloviola esultano sotto la cenere, anche se per loro sarebbe una rifondazione e una negazione del passato recente, visto che buttare via il progetto fondato su Kuzma, Lonzo e Ingram è qualcosa di sanguinoso.
LeBron sembra aver già imposto la sua legge nella città degli angeli. Se è vero che perdere contro Cleveland e New York non ha aiutato, l’esonero di coach Walton è l’ennesima pietra miliare della carriera da GM già ben avviata di King James. Sembra che al suo posto arrivi Kidd, che era stato allontanato da New York prima e da Milwaukee poi, per “mancanza di personalità”. Ecco, se davvero lo ha scelto il “23” il discorso sembra filare e chi ha le redini sembra solo ed unicamente il ragazzo nato nei sobborghi di Akron.
Mentre qui si continua a fare salotto, gli unici che si muovono sono i New York Knicks, che si liberano di Hardaway Jr e Lee con i relativi contratti e decidono di cedere Porzingis a Dallas, che manda in direzione della Big Apple Dennis Smith Jr, DeAndre Jordan e Wes Matthews. I Knicks vogliono entrare nella corsa ai Free Agent della prossima estate e possono offrire due massimi salariali a due big star. A ciò va aggiunto che 1) sono i Knicks, non stanno facendo una gran stagione e rischiano di avere una chiamata alta al draft, 2) Durant è in rotta di collisione con Green e i Warriors, magari potrebbe fare un pensiero ad andare altrove, visto che i suoi anelli li ha vinti e 3) se hai sul piatto uno dei big three al draft prossimo, la corsa a Davis non potrebbe essere così peregrina. Purtroppo, questi sono i Knicks e non c’è mai nulla di sicuro.
ALL STAR GAME, DI CUORE, DI STIMA E… DI LACRIME
Le scelte sono state fatte: Team Giannis contro Team LeBron sarà una sfida fatta di sano agonismo e con tutti i migliori giocatori del palcoscenico… o forse no. Due i grandi esclusi, il primo molto a sorpresa, perchè nonostante i voti ricevuti, non è entrato negli starters, ossia Derrick Rose, il secondo perchè se lo meritava davvero, ossia Luka Doncic. Sul play di Minnesota si resta appesi alla speranza chini qualche modo possa riuscire a riempire quella casella che, per il recupero di questa stagione, meriterebbe di certo. Quanto allo sloveno, forse la scelta è anche giusta, visto che in pratica in tutti gli eventi del venerdì e del sabato lo troveremo presente.
Interessante la scelta del performer musicale, J.Cole. Piace a tutti, i giocatori lo ascoltano, è uno sfegatato tifoso Knicks che spesso vedete al fianco di Spike Lee, e rappresenta una ventata di novità anche rispetto alle tante, troppe celebrity che nulla hanno a che fare con la palla a spicchi. Oscar però anche ad Adam Silver, che fa la convocazione ad honorem a due grandi campioni, all’ultima tappa della loro carriera. Saranno del match delle stelle Dwyane Wade e Dirk Nowitzki, premio a due carriere straordinarie e fatte di dedizione e amore per il gioco.
Chi si bea della convocazione e chi… piange. Rudy Gobert, dopo telefonata con mamma, dopo incapacità a parlare, indice addirittura una conferenza stampa per affermare a chiare lettere il suo disappunto per l’essere stato snobbato dalle candidature ad un posto sul parquet di Charlotte. Non esita anche a mostrare le lacrime, un lato umano che però diverte tanto quei masnadieri nella baia. Il troll su twitter ad opera di Draymond Green ed Andre Iguodala è a dir poco epico; se ci saranno conseguenze disciplinari per questo gesto, staremo a vedere…
OTHER WORDS
Lasciamo sempre uno scampolo alle classiche storie che nessuno racconta, o alle gaffe della settimana. Iniziamo dal match tra Philadelphia e Golden State, dominato da un Embiid sensazionale che lascia senza parole anche il buon “Boogie” Cousins. Se lui si meraviglia, il centrone dei 76ers si presenta come disrispectful principe, dicendo che solo lui può parlare male di se stesso. Si alzino le mani.
Jimmy Butler fa spesso capolino tra le nostre pagine e ha espresso le sue preferenze calcistiche definendo G.O.A.T. Neymar jr del PSG. Magari perchè la squadra parigina gioca le gare di Champions con la divisa griffata “Jordan”, magari per il look, ma pensare che il talento brasiliano possa superare i grandi campioni del passato, appare decisamente fuori luogo. Stavolta Jimmy è “no-bucket“.
Il derby di Los Angeles regala emozioni, anche il supplementare e LeBron che domina in lungo e in largo al suo rientro sul parquet, assistito dal buon Rondo. Eppure il derby lo decide una giocata fantasmagorica di Lance Stephenson, che vale il prezzo del biglietto non solo per il balletto finale. Non so se è la giocata più straordinaria della sua carriera, ma ci va vicino.