Basket Sofa – sconfitti e parole: un viaggio infinito

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Se il mondo NBA, quando si arriva ai playoff viene inglobato dai mass media e diviene parte di un universo parallelo in cui dati, vittorie e sconfitte cedono il passo al contesto e al modo in cui queste sono arrivate, quando le serie finiscono, oltre ai commenti, si fa sempre ricorso alle parole di chi “sapeva cosa andava fatto”. Con la serie tra Spurs e Nuggets che andrà a gara 7 e quella tra Warriors e Clippers che ha appena emesso il verdetto, Basket Sofa nell’episodio di questa settimana è andata un po’ a raccogliere le impressioni e i commenti dentro e fuori dal campo dai perdenti del primo turno, in un viaggio che passa da considerazioni sterili e superficiali ad analisi tecniche e psicologiche di non secondaria importanza. Prima di tutto questo, però, sempre seguendo il nostro motto di “enjoy your read and keep lovin’ basketball” è doveroso l’ultimo saluto ad un giocatore eccezionale e fuori dal comune come John Havlicek, stella dei Celtics di più di qualche decade, pioniere del basket statunitense che tanto amiamo oggi e capitano di mille avventure in maglia Celtics…

LE PAROLE DI CHI HA PERSO AL PRIMO TURNO…

Lo sweep che è stato rifilato da parte di Giannis Antetpkoumpo e soci ai Detroit Pistons, ha portato la squadra del Michigan dalla parte sbagliata della storia, con una serie di sconfitte consecutive che non aveva eguali, ma che, conti alla mano, era prevedibile. Tra i grandi assenti della serie, di sicuro c’era Blake Griffin afflitto da problemi al ginocchio, che ha recuperato per gara 4 e ha continuato a premere sul dolore, non arrendendosi mai. Ora resterà a riposo almeno fino al training camp, dove i Pistons proveranno a tirare le fila di una stagione da 41-41 che deve essere solo un primo passo. In conferenza stampa, l’ex Clippers, con tanto di maglia di Harley Davidson e sorriso sornione, non ha negato le ragioni della sconfitta, ma…

Affrontavano la miglior squadra, eravamo la testa di serie numero 8, ma questo non giustifica lo sweep. Usciamo 4-0, ma almeno nell’ultima gara abbiamo dato tutto quello che potevamo. Certo, guardo le statistiche e vedo che Giannis, che alla fine da solo mette 41 punti, ha messo più liberi di tutto il totale di quelli tentati da noi, le percentuali sono state irreali. Era impossibile fare di più, ed il fatto di aver scritto un record negativo per noi non deve avere importanza. Se dai tutto sul campo, non esci mai a testa bassa.

Sono usciti da una serie in cui, dopo Gara 1, era lecito aspettarsi qualcosa di più. I Brooklyn Nets han ceduto il passo a dei Sixers più caparbi e convinti, con uno score finanche troppo pesante per D’Angelo Russell e compagni. Niente drammi però. Doveva essere un anno di ricostruzione e alla fine sono arrivati i playoff e la consapevolezza che il materiale umano a disposizione può essere di qualità. L’obiettivo dello staff è quello di mantenere tutti i pezzi del mosaico, puntando forte anche su Allen che dovrà fare il salto di qualità per imporsi ai vertici della lega. Serve però qualcos’altro ed il Gm Sean Marks, invece che alla sconfitta, è sembrato più propenso a parlare del futuro:

In ogni gara di questa stagione siamo scesi in campo per competere e dimostrare il nostro valore. Kenny Atkinson e lo staff hanno mostrato grande intelligenza e competenza per raggiungere ottimi risultati, non siamo mai partiti battuti contro nessuno e questo nostro essere competitivi è la chiave per migliorarsi, perchè siamo più appetibili per i free agent sul mercato, si vorrà venire a giocare per noi.

 Se è vero che al momento Brooklyn è tra quelle squadre che, conti alla mano, non può da subito firmare un free agent, le parole di Marks vanno intese come la possibilità di creare quel margine salariale, il che molto dipenderà dalla scelta di D’Angelo Russell di esplorare o meno il mercato libero…

Il nostro compito è quello di mettere talento nella squadra. Su D’Angelo è indiscutibilmente uno dei nostri giocatori più talentuosi, quindi valuteremo bene, così come lui pure dovrà valutare se scegliere il nostro progetto o meno. Faremo il possibile per migliorare il roster ma soprattutto i risultati ottenuti fin qui.

Volando in quel dell’Ovest, la sconfitta dei Jazz contro i Rockets, abbastanza netta nelle proporzioni, ha fatto riflettere e non poco il #45 di Utah, quel Donovan Mitchell che nell’ultimo incontro è venuto meno alle aspettative – così come Gobert – segnando una delle più ombrose pagine della sua carriera recente. Lungi dal voler fare paragoni perdenti, come la stampa americana invece si è sbizzarrita già a proporre, le sue parole sono quelle di un ragazzo maturo che crede e non poco in quello che coach Snyder sta costruendo, ma che soprattutto ha sentito il bisogno di “scusarsi” per la sua prestazione in gara 5 da 4/22.

Succede di tirare 4/22, è ovvio che non è quello che vuoi, ma la mia filosofia è quella di provarci, se ho un’occasione. Ho preso le decisioni che volevo e non sono riuscito a concretizzarle. Come spesso dice il mio amico Lillard, non si può avere successo senza fallire. Questo è il mio punto di partenza, il mio obiettivo è andare avanti, sempre e comunque. Momenti come questi sono importanti, anzi, devono restare vividi nella mente, perchè possono aiutarti per il futuro. Bisogna lavorare duro e migliorarsi, sempre.

Al di là della maturità di un sophmore, lo stesso coach Snyder, ma anche coach D’Antoni e James Harden, che è un punto di riferimento per la guardia dei Jazz, hanno avuto parole di elogio per il ragazzo con la #45. Un giocatore che ci mette sempre quel qualcosa in più, che si allena con agonismo e che continua a migliorarsi, che rende difficile qualsiasi gara, parafrasando le parole del Barba. Del resto, magari non esce dalla serie con le migliori percentuali della carriera, anzi, ma se guardate il quarto periodo di gara 4, nella fiammata che regala a Utah la vittoria, c’è quasi unicamente la sua firma, quella di un campione ancora giovanissimo, che potrà davvero usare questa esperienza per costruire il futuro della sua carriera.

Hanno perso, e malissimo, contro i Portland Trail Blazers di un Lillard sontuoso, che non le ha mandate a dire quando Paul George ha detto che non si può difendere su un tiro preso da quella distanza. Il play con lo #0 non aspettava altro per togliersi un sassolino dalla scarpa…  Oklahoma City è l’ennesima delusione della gestione Donovan, ancora una volta fuori al primo turno, con i tanti dubbi che riguardano quel Russell Westbrook che, a detta di tutta la stampa americana, non è nè sarà mai un vincente. Si è dubitato anche in maniera peggiore, ma il play uscito da Ucla non ha mancato di far sentire la propria voce, in una conferenza di 17 minuti che ne meriterebbe altrettanti di applausi per la lucidità che ne esce…

Se avete intenzione di giudicare la mia carriera da quello che ho fatto in due o tre partite, sarà meglio che cambiate aria. Questi risultati, per me non significano nulla. Mi alzerò, guarderò i miei tre bellissimi figli, sorriderò e mi godrò la mia vita. Non mi cambia nulla se sto giocando male o se mi chiedo chi sia il migliore o meno. So chi sono come persona e questa è la cosa più importate che possa dire su me stesso. So cosa posso e non posso fare, sul campo e fuori e ci sto bene. Sono benedetto dal Signore per potermi svegliare ogni giorno e godermi la mia vita. Potete stare a parlare di questo e quel dettaglio, poco importa, continuerò a essere me stesso, amando la mia vita. 

Ci sono tante speculazioni sul fatto che sia stato sempre un mangia palloni, ma da tre anni o quasi sono il leader della classifica assist, il che sposta la conversazione sul mio tiro: ok, migliorerò il mio tiro per la prossima stagione e inizieremo a discutere sul fatto che la mia gamba destra è più grande della sinistra. Chi può dirlo.

Tornando a quello che dicevo, non mi interessa molto di ciò che gli altri dicono e pensano di me. So qual è il mio talento e dove posso arrivare, so che posso raggiungere alti livelli ogni sera e spesso quelli che mi criticano sono persone che forse neanche in una vita intera potranno mettere insieme i numeri che io faccio in una sola sera.  Alla fine, quando si fa qualcosa ad alto livello, è ovvio che arrivino gli haters: questa è la vita, quando fai qualcosa, le persone provano a portartela via, a buttarti fango addosso, a sminuirti per quello che loro non sono in grado di fare. Nessuno può portarmi via quello che sono e di questo sono fortunato e continuo a pregare per questo, per quello che sono e che so fare, indipendentemente dalle storie che possono circolare su di me, dai numeri e da qualsiasi statistica”.  

 

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