Brandon Taylor: “Abbiamo lavorato duro perché amiamo il basket”

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Brandon Taylor
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Brandon Taylor, playmaker di Reggio Emilia, ha parlato ai nostri microfoni descrivendosi e mettendo in luce le sue qualità in una stagione che lo ha visto essere uno dei giocatori più incisivi del campionato.

-Brandon vorrei sapere un tuo pensiero su questa stagione in relazione sia al campionato che alla Europe Cup?

Quest’anno abbiamo iniziato davvero molto bene, dimostrando di avere talento e potercela giocare con tutti. Poi è arrivato un tremendo focolaio Covid che ha colpito tutta la squadra: da quel momento in poi non siamo più stati in grado di tornare al livello di prima. Sono però orgoglioso di come siamo riusciti ad uscire, compattandoci come gruppo e come società,  conquistando la salvezza. Abbiamo mostrato professionalità e resilienza. Abbiamo lavorato duro perchè amiamo il gioco del basket. Avrei sperato in una classifica migliore? Sì, però non è sempre l’unica cosa che conta e personalmente mi sento comunque di aver disputato una stagione positiva che mi ha aiutato a crescere.

-Quali sono, inoltre, i tuoi obiettivi sia personali che di squadra?

I miei obiettivi personali coincidono sempre con quelli della squadra.

-Quest’anno sei stato il playmaker titolare di Reggio Emilia e tu, in campo, preferisci segnare o far segnare i tuoi compagni con i tuoi assist?

Essere il playmaker significa fare quello che la squadra ha bisogno in quel momento: una partita può essere un assist in più, una partita può essere una difesa in più, un’altra invece saper segnare. Devo fare quello che serve ed aiutare la squadra capendo di cosa c’è necessità. Devo prendere le decisioni giuste, mettere i miei compagni nelle condizioni di segnare. Quindi, rispondendo alla domanda, il mio ruolo non si “riduce” solo ad un canestro o ad un assist, ma ad un insieme di cose.

– Sei uno dei giocatori più bassi del campionato, come riesci a limitare questa tua caratteristica sia in attacco che in difesa? E quali sono, quindi, le tua qualità che ti rendono superiore ad altri giocatori del tuo ruolo?

Mi hanno fatto questa domanda molte volte, la realtà è che non ho mai pensato al fatto di essere il più basso della squadra. Non mi interessa quanto sono alto, sono un giocatore di basket e ho l’opportunità di esserlo tanto quanto gli altri. L’altezza è sempre stata uno stimolo in più per me per lavorare sodo e dimostrare di essere all’altezza del livello in cui gioco ora, mai un problema o un limite. Il mio cuore, la mia mente e la mia forza di volontà sono nettamente superiori alla mia altezza!

– Ora una curiosità: perché hai scelto quel numero di maglia? C’è una storia o una ragione particolare?

Non c’è una storia particolare sul numero 11, lo vesto da quando giocavo in High School, mi è sempre piaciuto e mi sono legato a questo numero che mi ha sempre portato bene. Lo vedo un po’ come uno stimolo, di solito si conta fino a 10, arrivare a 11 significa fare qualcosa in più degli altri. E’ un po la definizione di come sono io.

d.vennarini
Diego nasce il 10/02/2000 a Pesaro. Fin da quando è solo un bambino coltiva la sua passione per la scrittura e per lo sport. Il suo obiettivo è quello di trasformare queste sue passioni in un vero e proprio lavoro. Al momento scrive per Dunkest e Backdoorpodcast.