Non era un predestinato. Non era un atleta particolarmente attraente. Non era un talento precoce. Fabien Causeur tifava Zinedine Zidane, ma giocava a basket e si impegnava alla morte. Nel corso della sua carriera ha dimostrato alcune rare qualità come la capacità di giocare bene le partite importanti (“Ne ho sbagliate alcune, ma è vero che sono più quelle che ho giocato bene”, dice), di vincere tanto (in Francia, in Germania, in Spagna, a livello internazionale) e di cogliere le occasioni. La prima la ebbe a Le Havre, la seconda a Cholet dove ha vinto il campionato francese ed è stato MVP della Lega; poi a Vitoria dove raggiunsero le Final Four (una beffa: era infortunato e non giocò); a Bamberg e infine al Real Madrid. Non giochi sette anni al Real Madrid se non sei un giocatore speciale. Fabien Causeur lo è. Ad un certo punto in questa intervista dirà una cosa importante: “L’Olimpia mi segue da tanti anni”. È vero: dopo la fine dell’esperienza a Vitoria, infortunato, era stato vicino a firmare per Milano.
Era l’estate del 2016. Venne anche a Milano, ma l’accordo saltò all’ultimo momento perché Fabien non era ancora pronto. Lo sarebbe stato. E un anno dopo andò al Real Madrid dove vide da vicino un giocatore di nome Luka Doncic, alla sua ultima esperienza europea prima di spiccare il volo verso Dallas. Ha vinto due volte l’EuroLeague: nel 2018, contro il Fenerbahce, segnò 17 punti in finale. Coach Pablo Laso alla fine disse che senza nulla togliere a Doncic avrebbe dovuto essere lui, Causeur, l’MVP. Nel 2023, contro l’Olympiacos, la seconda EuroLeague la vinse segnando 11 punti in 17 minuti in finale. Bisognerebbe aggiungere una semifinale vinta contro il Barcellona da 18 punti nel 2022 e una semifinale persa con il CSKA nel 2019 con 6/6 da due. Ha giocato nel Real Madrid sette anni e ci era arrivato a 30. Ha giocato in Nazionale accanto a grandi fenomeni come Tony Parker o Boris Diaw. Ora è a Milano. Come disse Kyle Hines, la fine della carriera è vicina, ma proprio per questo vuole godersi fino in fondo questo viaggio magnifico.
Fabien, cominciamo da Le Havre.
“Non ero considerato abbastanza dotato da diventare un professionista. Ero un ragazzo silenzioso, non ero particolarmente ricco di talento, e non ero atletico. Però ero un giocatore che lavorava duramente, che dava il 100 percento in ogni allenamento. Al mio allenatore a Le Havre (Christian Monschau) questo piaceva molto. Così ad un certo punto mi ha dato spazio anche in partita. Andò bene. Poi ho avuto anche un colpo di fortuna, perché un altro giocatore si è infortunato e ho avuto più minuti di quelli che mi aspettavo. In sostanza, è tutto cominciato così: quella prima stagione ho giocato davvero bene, diventai il giovane con più minuti in tutta la lega francese. A quel punto ho maturato grande fiducia in quello che sarebbe potuto succedere in futuro”.
Cholet è dove sei diventato un giocatore importante, uno cui la lega francese poteva stare stretta,
“Cholet ha rappresentato un grande cambiamento per me. Finito il mio primo contratto da professionista sono andato in una squadra più ambiziosa, un posto vicino a casa mia, così i miei genitori hanno potuto vedermi a vedere spesso. E abbiamo subito vinto il titolo francese. Le sensazioni che provi quando vinci qualcosa per la prima volta sono sempre speciali. Ho grandi ricordi di quei momenti. Da giocatore vincere il campionato è come rendere reale un sogno”.
L’anno seguente sei diventato MVP della lega francese.
“A Cholet ho costruito la fiducia nei miei mezzi, poi sono andato in Nazionale e mi sono trovato a giocare con Boris Diaw, Tony Parker, questi giocatori qui. Per due mesi sono stato con loro, ho imparato, fatto esperienza. Quando sono tornato da quell’esperienza tutto mi è sembrato più facile. Non li avevo più accanto, ma avevo tutti i consigli che mi avevano dato e a quel punto segnare era più facile, difendere era meno complicato. Tutto il mio gioco ha fatto un passo in avanti tanto che, sì, sono diventato MVP della lega francese. Quello è stato il momento in cui ho deciso che dovevo tentare di salire ancora, di tentare di giocare in EuroLeague, ad un livello più alto”.