Eurolega, i soliti noti: i coach vengono confermati…una tendenza? (2°parte)

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Seconda parte del nostro viaggio su motivi e implicazioni dei tanti ritorni sulle panchine di Eurolega. Le squadre confermano i coach e proviamo a capire se questa è una tendenza.

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CONFERMA: LA CONVALIDA

Pensate a due alunni della stessa classe che raggiungono il massimo livello di voti. Uno passa tutto il pomeriggio a riordinare gli appunti, a ripetere le lezioni, a completare tutti gli esercizi assegnati per compito, ad approfondire i temi solo accennati dal professore in aula. L’altro ama invece girare per il proprio paese in compagnia degli amici, è sportivo e popolare, super impegnato, passa sui libri lo stretto indispensabile per sapere di cosa si sta parlando a scuola in quei giorni. Eppure, al momento della verifica, entrambi ottengono l’eccellenza. Il duro lavoro e il puro genio. Niente di più diverso. Almeno in apparenza. L’Eurolega 2021/2022 ripropone questa dicotomia in salsa italiana: due esponenti fulgidissimi, entrambi vincenti e venerati, ma raramente emblemi di caratteri e metodologie tanto diverse. Lasciamo a voi associare eventualmente i due coach ai secchioni di cui sopra, ma Ettore Messina e Andrea Trinchieri sono espressioni complementari del vivere quotidianamente la pallacanestro. Dentro e fuori dal campo.

La serie playoff della scorsa stagione ci ha consegnato una battaglia strategica degna della miglior Guerra Punica. A uscirne vincitore è stato Messina, ma non si può dire che Trinchieri possa dichiararsi sconfitto. Riusciranno Milano e Bayern a ripetere gli ottimi risultati dello scorso anno? Milano, per budget e ambizioni societarie, ha come obiettivo minimo l’accesso ai Playoff e, guidati dalle sapienti mani di Messina, sia mai che le scommesse made in USA possano innalzare ulteriormente il livello, riportando l’Olimpia di nuovo in Germania per l’ultimo fine settimana di maggio. Se il Bayern Monaco dovesse confermare l’ottima stagione passata, in Baviera dovrebbero erigere una statua fuori dall’arena per rendere i giusti omaggi all’ex allenatore, tra le altre, di Cantù e Partizan. I fondi a disposizione per la costruzione del roster sono distanti anni luce da quelli delle prime della classe, ma la resilienza e la tenacia del gruppo condotto da Trinchieri non mancheranno di certo. Potrebbe però non essere sufficiente. Ma, d’altronde, le stesse parole potevano essere pronunciate anche in sede di presentazione dell’Eurolega conclusasi a Colonia.

REPETITA IUVANT

Non azzardiamo la traduzione turca. Ma la massima latina si addice particolarmente se si parla di Efes Istanbul. Il roster ha subito pochissime variazioni in estate (vorremmo ben vedere: quei due, in Europa, sono ingiocabili…) nonostante vari rumors di interessamenti dell’NBA. Ma, cosa scontata ma di fondamentale importanza, al timone della nave il comandante è sempre lui. Non il più simpatico. Non il più apprezzato. Non il più rivoluzionario. Ma sicuramente tra i più carismatici. Tra i più grandi catalizzatori di pressioni e polemiche. Tra i più scomodi. Ergin Ataman. Azzardando un paragone calcistico, potremmo definirlo il Mourinho dell’Eurolega. Fa di tutto per passare dalla parte del torto. Si crea nemici anche dove, letteralmente, non potrebbero esistere. Il gioco della sua squadra non verrà mai ricordato come il più affascinante e spettacolare della storia. Ma, alla fine, ha ragione (quasi) sempre lui. A fine anno gli sentiremo dire che il possibile bis dopo il successo dell’anno scorso dovrebbe valere doppio perché confermarsi sugli stessi livelli è ancora più difficile? Dal buon Ergin, ci si può aspettare di tutto.

Pensare che il Montenegro, minuscola nazione balcanica, contesa storicamente tra Serbia e Kosovo, patria di appena 600000 abitanti, abbia prodotto così tanto per il basket è ai limiti del miracoloso. A maggior ragione se si considera che, per il secondo anno consecutivo, saranno due gli head coach nativi di Podgorica che alleneranno nella massima competizione continentale. Dusko Ivanovic è ormai legato a doppio filo alla realtà del Baskonia. Tau Ceramica. Caja Laboral. Laboral Kutxa. TD Systems Baskonia. Poco importa il cambio di decenni e denominazione. Montenegro e Paesi Baschi: così lontani geograficamente, così vicini spiritualmente. Rispetto alle grandi di Spagna gli investimenti sono di un livello inferiore, ma da sempre Vitoria è un laboratorio, incubatore di interessantissimi esperimenti, luogo di sgrezzatura e raffinazione di diamanti che, fino all’approdo sotto la cura Ivanovic, avevano mostrato solo alcuni dei bagliori in grado di sprigionare. Achille Polonara, stiamo parlando di te. Anche nel 2021 l’input è sempre quello. Dusko, non cambiare nulla per cambiare tutto. Eccetto l’acconciatura.

Il biennio in Baviera non deve averlo gratificato particolarmente. Quale miglior medicina, allora, di tornare dove hai ottenuto grandi successi? Dove sarai apprezzato a prescindere dai risultati nel breve periodo, se sposi un progetto dal raggio più ampio? Devono essere stati questi i pensieri nella mente di Dejan Radonjic, capo allenatore della Stella Rossa. I biancorossi di Belgrado, anche a causa della pandemia, non hanno mostrato i consueti botti di adrenalina che, accompagnati dal calore infernale della Hala Aleksandar Nikolić, illuminavano le serate europee. Per noi italiani quel palazzo non potrà che rievocare bellissimi ricordi, ma vederlo vuoto e, soprattutto, sentirlo silenzioso durante le partite della Crvena Zvezda ha pesato tantissimo. Escluso il Khimki, la Stella Rossa è stata la peggior squadra dell’annata passata. Il Partizan, con investimenti folli se si pensa alle dimensioni dell’Eurocup, quest’anno sarà uno stimolo ulteriore per conquistare il trono della ABA Liga. Radonjic è chiamato a risollevare gli animi in parte sopiti di dirigenza, roster e tifosi. Non mancano gli ingredienti per una stagione esplosiva. Nel bene o nel male.

ANCIEN REGIME

Per tutto il lungo periodo di storia della monarchia francese, l’erede al trono veniva chiamato “Delfino” in quanto appartenente alla famiglia dei conti d’Albon, governatori della provincia del Delfinato. Quale miglior definizione per indicare il rapporto tra Sarunas Jasikevicius e Martin Schiller? L’ex play lituano, dopo la prima esperienza trionfale in patria a livello di coaching, dallo Zalgiris è passato alla guida tecnica di un’altra squadra da lui condotta in campo nei primi anni Duemila. L’organizzazione difensiva che, in alcuni tratti della scorsa stagione, hanno saputo mostrare i quintetti del Barcellona si era scorta pochissime volte negli anni recenti. Arrivati alle Final Four di Colonia, sorretti dal debordante talento individuale di Mirotic e Higgins, i blaugrana non hanno saputo compiere lo step decisivo, uscendo sconfitti dalla finale con l’Efes. Anche l’inizio di stagione ha visto il Barca venire scottato dalla rimonta dei rivali storici del Real in finale di Supercoppa, riproponendo i fantasmi delle finali secche. Delle 6 disputate finora sulla panchina catalana, Saras ha collezionato solo un trionfo. Le pressioni non mancano ai piedi della Sagrada Familia, considerata anche le arcinote difficoltà economiche della polisportiva. Se esiste però una persona che parrebbe essere in grado di gestire tutto questo peso sulle spalle, quella è proprio Jasikevicius. Le pressioni sono, eufemisticamente, leggermente inferiori a Kaunas. Dando per scontata l’affermazione nei trofei continentali, nessuno nella dirigenza pretende alcun risultato specifico in Eurolega. Certo, la licenza di stupire è sempre ben accetta. E, anche l’anno scorso, dopo due anni di regno Jasikevicius, nonostante non si siano ripetuti i risultati più recenti non si può certo dire che lo Zalgiris abbia deluso. Per sostituire Saras non si è scelto un suo assistente o un altro coach lituano. Si è virati su Martin Schiller, coach austriaco proveniente dalla G League. Sì, avete capito bene. Allora come mai si può parlare a tutti gli effetti di continuità col progetto precedente? Perché la struttura societaria è ormai consolidata. Perché la linea di sviluppo e maturazione dei giovani talenti provenienti dalle giovanili o scovati nei campionati minori europei si è confermata. Perché Schiller ha perseverato nel proporre un sistema aderendo perfettamente al solco tracciato dal suo predecessore, senza la presunzione o l’arroganza di voler imprimere a tutti i costi il proprio marchio. Delfino, si era detto?

Il famigerato campanilismo italiano ci suggerirebbe di passare sotto indecoroso silenzio l’ultimo dei coach confermati dall’Eurolega trascorsa. TJ Parker, a.k.a. il fratellino di Tony, si è guadagnato meritatamente la conferma sul pino dell’ASVEL Lyon-Villeurbanne. Su le mani chi pensava che la promozione dell’ex assistente di Mitrovic a capo allenatore della squadra francese derivasse esclusivamente dall’acquisto della società da parte dell’ex campione NBA con gli Spurs? Tipiche storie di raccomandazione, abbiamo pensato tutti noi. Invece Parker jr, seppur non predicando dogmi rivoluzionari né regalandoci stralci di basket celestiale, ha saputo trarre il massimo da una squadra tanto fisica e atletica quanto poco profonda ed esperta. Gli investimenti dell’ASVEL e del basket francese in generale sono in progressiva lievitazione. E siamo assai curiosi di quello che potrà diventare Victor Wembanyama in attesa che possa dichiararsi al Draft NBA. Il compito di TJ sarà quello di formare il lungo classe 2004 per garantirgli un impatto fisico e tattico col basket europeo e americano evitando di disperdere quell’immenso talento che il giovane ha mostrato di possedere a profusione. Stimolante e rischioso. Ma tutti vorremmo essere TJ.