NBA: la grana Williams complica i piani di Rivers?

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grana williams

Alla vigilia del restart l’affaire Lou Williams tiene banco nei pressi di Orlando e “distrae” i lanciati Clippers verso l’assalto all’anello di questo sfortunato e claudicante torneo 2019/20! L’acquisto recente di JR Smith da parte proprio dei Lakers sta forse infatti a rappresentare un tentativo di apporre nuovo hype offensivo dalla panca, per tentare di limare l’inarrivabile gap coi subentranti ragazzi di Doc Rivers, capitanati in tal senso per l’appunto da Sweet Lou, ineguagliabile campione il cui impatto lontano dallo starting lineup è decisivo da ben 13 stagioni.

La diplomazia di Rivers

La storiaccia sull’abbandono accordato (?) della bubble per raggiungere non si sa bene quale strip club, pone in effetti in cattiva luce rispetto al resto dei “residenti” non solo Williams, ma anche la catena di comando del club, fino a giungere persino ai compagni di squadra, probabilmente ora distratti e basiti, in primis le superstar Leonard e George, sulla cui ligia professionalità e cura del fisico con la quale hanno imbastito i loro successi, nessuno può dubitare. Il suo reintegro è stato diplomaticamente trattato dal coach, che non ha potuto nascondere l’imbarazzo ma ha altresì tentato di riportare i buoi nella stalla, ignorando e bypassando nella conferenza stampa a senso unico di pochi giorni fa i dettagli del finto funerale per far invece baldoria lontano dalla bolla col rapper Jack Harlow, gossip pesantemente riportati un po’ ovunque.

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Il fattaccio nel locale per soli uomini, che usando il condizionale sarebbe avvenuto a Magic City giovedì notte, è costata oltre al disagio palese di Rivers, la “punizione” di una quarantena aggiuntiva per 10 giorni, a partire da sabato 25 luglio, che costerà al prodigio da Memphis la presenza nelle prime due gare della ripresa. L’allenatore si è tirato indietro dai giudizi comportamentali, non avendo a suo dire potuto constatare personalmente ciò che successo nella nottata in questione, ma non ha però nascosto delusione nell’atteggiamento del suo pupillo, specialmente in un contesto storico particolare come quello di Orlando, dove il pericolo contagio – sebbene asintomatico – è dietro l’angolo, e la famosa rotazione del team più profondo NBA viene così messa a rischio, proprio nel momento in cui i vari tasselli mancanti (Zubac, Harrell, Shamet ecc) cominciavano a rimettersi a regime!

La stagione di Williams ai raggi X

Riprendere quasi in una colonia a mo’ di campionato mondiale e olimpionico, senza però la possibilità – a questo punto sulla carta – di interagire col mondo esterno e senza pubblico, pone quale favorita di questo finale di film alternativo una squadra forte e lunga in ogni settore, concentrata più sugli schemi che sulle individualità e quasi disinteressata allo showtime e trash talking. Pregevole perciò si può descrivere la stagione di Lou Williams, per certi versi la migliore di una fantastica carriera da six man of the year tra i più grandi di sempre e vincitore di categoria in ben tre occasioni, compresa l’ultima. Diciamo questo perché è forse la prima volta in tanti anni in cui l’uomo da South Gwinnett HS deve dividere il parquet con numerosi performer offensivi, quali Leonard, George, Harrell, Shamet, Zubac, Beverley e gli upgrade finali di Marcus Morris e Reggie Jackson.

Contando sulla sua storica longevità fisica, che a parte l’anno iniziale ad Atlanta non lo ha mai visto scendere dalle 64 presenze stagionali, Rivers gli ha infatti concesso più volte lo scettro da regista e closer in modalità clutch, lui sempre follower ma dall’urto immediato, impiegandolo nel parquet da point guard nella maggioranza dei giochi (61% rispetto al 15 del 2018) con un plus 4.1 rapportato su 100 possessi, per ben 29 minuti e passa a gara, cifra elevatissima e seconda solamente alla campagna 2017, dove però non c’era la benchè minima possibilità di competere e il rettangolo non veniva diviso con uno splash tandem come l’attuale. La selezione e le scelte al tiro, le modalità di esecuzione e il playbook da pick and roll, continuano inoltre a mantenersi d’elite, al pari di un’intelligenza tattica inferiore a nessuno.

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Da ball handler conduce difatti il maggior numero di possessi per game (10.2) dell’intero roster, al 52%, con poco meno di un punto ad azione (9.4); sono ancora alti i tentativi per match, la percentuale di successo (14.7 al 42%) e le medie dalla lunga (.363); l’enorme e tanto attesa qualità al suo fianco viene sfruttata da Williams e lo porta al vertice di carriera per assist (5.7) e rimbalzi difensivi e totali, prediligendo l’ormai iconica intesa con Harrell – da cui riceve il 26% delle sue assistenze – e quella nuova con Leonard, ai quali destina il 44.3 % dei propri passaggi globali per ottenerne a bersaglio poi il 2.8 del totale; sui 36 minuti mantiene 23 punti a gara da una distanza media di 15 ft, player efficiency rating a 17.2 e true shooting percentage a 55. Se sono leggermente in calo le situazioni da pull ups (35.6%), Lou ricava invece il massimo dalle spaziature e blocchi altrui per penetrare e concludere nei contesti catch and shoot al 44.1% e sotto i 3 metri col 51, a differenza del 47 dello scorso anno, malgrado tiri in questo modo una volta in meno (5.6 su 4.7).

Come rientrerà in campo?

Forse solo LeBron, Giannis e Doncic hanno statistiche così invasive ed essenziali per gli altri team da vertice, ma parliamo di uomini franchigia imprescindibili dal primo all’ultimo minuto di una gara. Ciò dunque fa capire l’importanza che Williams potrebbe avere in uno strambo finale di campionato come quello che ci si appresta a vivere, e quanto il suo ingresso sul parquet possa stravolgere i game plan difensivi di qualunque contendente se lo ritrovi di fronte, vista la presenza all around che il più forte sesto uomo NBA predica costantemente in ogni mattonella.

Non ci voleva quindi un colpo di testa talmente esagerato, che potrebbe stravolgere i piani di Rivers e dei Clippers in generale, i quali si ritroverebbero per l’appunto con il giocatore più decisivo dell’intera rosa indietro nella forma fisica e psicologica, dando un vantaggio determinante ai più famosi cugini losangelini, lontani – almeno per il momento – da gossip e polemiche mediatiche, che dall’inizio della pandemia fino alle questioni razziali, per passare alle numerose rinunce, fughe e mattanze notturne, hanno investito la bolla di Orlando ancora prima che cominciasse!

Lucio Di Loreto
Pazzo di NBA sin dalle sfide epiche Lakers/Celtics anni 80! DJ, Byron Scott, Isiah, Kevin Johnson, Vinnie Microonda, John Stockton, Sir Charles, Grant Hill e il Run TMC i miei idoli. Dopo turbolente esperienze scolastiche ho maturato la passione per la scrittura, forse per rivalsa verso le "odiate" professoresse del passato..collaboro infatti da 20 anni su fanzine, blog, pagine FB e siti internet per quel che concerne jazzfusionprog, cinema e sport USA!

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