I numeri delle prime gare nel Girone Rosso di LNP ci hanno lasciato esterrefatti: l’impatto di Grant Basile a Orzinuovi ha pochissimi precedenti nella storia della seconda serie della pallacanestro italiana. Abbiamo colto la palla al balzo per farci raccontare direttamente da Grant la sua esperienza sinora da pro’ e le prospettive nel breve e lungo periodo, tra Tortona e una convocazione in Nazionale. E un paragone lusinghiero, non come profilo tecnico ma come impatto sul basket italiano…
Innanzitutto, come stai?
Sto bene. Tutto bene.
La prima volta che ti abbiamo intervistato è stato durante quest’estate. Immaginavi un’evoluzione del tuo anno così com’è stato? Pensi che un giovane rookie in Europa da professionista faccia bene a confrontarsi con così tante esperienze diverse in breve tempo?
Sicuramente è stata un’esperienza unica. Ovviamente giocando per tre squadre diverse prima ancora che iniziasse il nuovo anno. È stato decisamente unico. All’inizio è stata una sfida, cercare di imparare alcuni nuovi sistemi così velocemente, ma penso che a lungo termine sarà qualcosa che mi avrà aiutato con la mia carriera da giocatore. Mi aiuterà nel sentirmi a mio agio in un nuovo sistema e cercare di imparare come gioca il resto della squadra e alcune delle cose che l’allenatore sta cercando in poco tempo.
Conoscevi già l’esperienza del transfer portal in NCAA, dove i giocatori decidono dove e quando andare. Ora, quanta differenza hai percepito ora nel non avere il tuo destino completamente nelle tue mani? È qualcosa di diverso? È meglio o peggio?
Penso che ci sia una discreta quantità di somiglianze tra il transfer portal e il modo in cui si è svolto tutta la trafila dei miei trasferimenti. Ovviamente la squadra deve lanciarti, è proprio come il portal. Ci deve essere questo desiderio e comprensione reciproca. Ma penso che la differenza più grande per me sia stata con Pistoia: mentre al college normalmente ti presenti circa sei mesi prima, arrivi al campus alla fine di maggio, all’inizio di giugno e non giochi fino a metà-fine ottobre, a Pistoia sono arrivato e sei giorni dopo ho già giocato. Quindi c’è molto meno tempo per prepararsi, prendere confidenza e capire il sistema.
Tortona ha investito su di te al termine della tua esperienza universitaria: come ti senti a far parte di un progetto così a lungo termine, che potrebbe prospettarti di affrontare qualche ulteriore prestito o anno per crescere, magari non giocando a Tortona ma rimanendo legato ai Leoni? Immaginavi un impatto più immediato prima con coach Ramondino e tutto lo staff e poi con tutto l’ambiente in Piemonte?
Sì, è stata sicuramente un’esperienza unica, quella da professionista per me fino ad ora. È bello essere legati a un club così rispettato. Ovviamente ci sono state alcune difficoltà all’inizio dell’anno, sono stati apportati molti cambiamenti in tutta la squadra. Un paio di ragazzi se ne sono andati, un paio di ragazzi sono nuovi. Per non parlare del nuovo allenatore. Ma penso che sia una squadra che sta continuando a crescere e che sta dimostrando di voler vincere ai massimi livelli. Quindi è stato bello avere l’opportunità di essere lì per una piccola parte della stagione, imparare sotto la guida del coaching staff. Ovviamente non ho ancora potuto conoscere il nuovo coach (De Raffaele, ndr), ma è bello essere legati a un club del genere.
Prima a Pistoia e ora a Orzinuovi ti hanno presentato come un grande professionista, un ragazzo che mostra disponibilità a incidere non solo durante le partite, ma anche durante gli allenamenti e la settimana. È qualcosa su cui hai lavorato o senti che è qualcosa di naturale, derivato dal background e dalla visione che tuo padre ti ha dato durante i tuoi anni da studente?
Sì, penso che sia qualcosa di naturale. Giocare mi aiuta ad avere una sorta di connessione, capire i miei compagni, come amano giocare, come lavorano. Penso che molto di questo dipenda dalle persone che sono fuori dal campo. Quando sono al mio meglio è quando mi sento a mio agio in una situazione in cui sono stato lì per alcune settimane e posso capire cosa tutti stanno cercando, che è il motivo per cui è stato bello qui a Orzinuovi avere la possibilità di familiarizzare con il sistema, essere in grado di crescere come giocatore in campo e creare connessioni fuori dal campo. Penso che mi aiuti, non solo come giocatore.
Quindi ora sei già stato contattato da coach De Raffaele, il nuovo allenatore di Tortona, o avete preferito concentrarvi sull’esperienza a Orzinuovi? Magari anche solo con membri dello staff, o tramite il tuo agente…
Lui (De Raffaele, ndr) e il mio agente, Massimo (Rizzo, ndr), sono in contatto continuo. Stanno avendo qualche comunicazione, credo, tra di loro. Ma ovviamente Tortona si sta concentrando sul tornare in zona playoff e continuare a tornare a vincere con continuità. Anche io sto provando a dedicarmi unicamente a portare Orzinuovi fuori dalla lotta retrocessione, spero di garantire un’ottima stagione qui a Orzinuovi. Continua a esserci comunicazione, con entrambi concentrati sulle proprie stagioni.
Quando sei arrivato a Orzinuovi c’era molta curiosità nel valutare l’impatto del tuo gioco, soprattutto in attacco. Possiamo dire che l’impatto è stato enorme. Massimo (Rizzo, ndr) ci ha ricordato che le cifre che stai tenendo non si vedono in A2 praticamente da due decadi. Ci ha proposto il paragone con Mason Rocca nella Jesi 2002/03, ma se possibile stai facendo anche meglio (19.8 punti, 9.5 rimbalzi, 53/29/83, 35.2′: 2° per punti, 2° in rimbalzi, 1° per minuti nelle prime 10 gare in LNP, ndr). Conosci la storia di Mason Rocca?
Sì, essendo un altro giocatore italiano con una storia simile alla mia mi avevano raccontato un po’. Ma sì, il mio obiettivo è solo quello di entrare e avere un impatto sul gioco nel miglior modo possibile. Siamo stati abbastanza bravi da ottenere alcune vittorie, ma abbiamo anche perso partite sul filo di lana. L’obiettivo è fare tutto il possibile per aiutare la squadra a vincere, sia che si tratti di fare 20 e 10, sia che si tratti di fare 10 e 5, o qualsiasi cosa la squadra abbia bisogno che io faccia per vincere. E speriamo di essere in grado di ottenere più vittorie insieme qui. E, ovviamente, spero di continuare a costruire i numeri che ho in questo momento.
Com’è affrontare un gameplan difensivo degli avversari dedicato in primis a limitare il tuo gioco, annullando i tuoi punti di forza ed estremizzandone le debolezze? L’hai già affrontato durante gli anni dell’università o è qualcosa di diverso a livello pro’ rispetto al college?
Cerco di essere un giocatore versatile, di essere in grado di impattare dentro e fuori dall’area per aiutare ad aprire il campo. Quindi è difficile togliermi dai set offensivi. Penso che quello che le squadre hanno cercato di fare è provare a switchare sui blocchi sulla palla per togliermi la possibilità di aprirmi sul perimetro, cosa che aiuta ad aprire l’area non solo per me, ma anche per i miei compagni. Siamo fortunati ad avere dei buoni tiratori da tre punti, quindi siamo in grado di sfruttare alcune delle rotazioni che le squadre cercano di fare. Ma è simile al college in quanto cercano di toglierti ciò in cui sei bravo: devi essere in grado di influenzare il gioco in più modi.
Sappiamo che Mason Rocca ha avuto una lunga esperienza con la Nazionale. È qualcosa a cui stai pensando, quello di far parte del ciclo di Italbasket? Avevi già incontrato coach Pozzecco in estate ma non avevate approfondito alcuno scenario durante le amichevoli del Green Team in Spagna. È cambiato qualcosa?
Sì, c’era coach Pozzecco quest’estate, giocare con l’U23 è stato bello per fare l’esperienza di giocare col suo staff. La Nazionale è ancora il mio obiettivo. Mi piacerebbe giocare per l’Italia. Penso che potrei aiutare la squadra come forza fresca e come giovane disposto a imparare. Penso che questa sia la cosa più importante. Essendo un giovane professionista, ho voglia di imparare da alcuni di questi ragazzi molto esperti, penso che questo sarà il prossimo passo per sperare di trovare la mia strada in quella squadra e continuare a dimostrare il mio valore qui in Italia. Mason Rocca ha avuto una carriera così lunga con la Nazionale… Anche solo giocare in Italia, è qualcosa che spero di essere in grado di realizzare anche io.
Pensi che guadagnare minutaggio, fare esperienza in questi anni ti possa aiutare ancor più che forse la visibilità di una squadra LBA come Tortona per essere convocato dalla Nazionale? Oppure preferiresti allenarti con una squadra di livello superiore per impattare subito in un gruppo più abituato a competere per trofei internazionali?
Penso che per essere valutati bisogna poter giocare. Essendo un rookie, non era esattamente così che avrebbe funzionato in LBA. Così ho deciso di accettare l’offerta di Orzinuovi, dove c’erano alcuni minuti di cui potevo approfittare. Sto solo cercando di fare del mio meglio per dimostrare che sono in grado di giocare a qualsiasi livello. Ho già dimostrato che molte persone si sbagliavano, a partire dai miei giorni al liceo fino al college di livello inferiore fino all’ACC, uno dei migliori campionati del paese. Ora sto dimostrando che posso giocare in Italia. Spero che la gente continui a capire che sono in grado di giocare a questo livello.
Nel giro di 9 mesi hai già lavorato con coach Ramondino, Nicola Brienza e ora Andrea Zanchi. Quanto ti ha aiutato sperimentare diverse visioni del pallacanestro? Hai notato una sorta di profilo comune di allenatori italiani che li differenzia dalla precedente visione che avevi del coaching negli Stati Uniti?Lo apprezzi o è difficile per te adattarti?
Penso che finora sia stato bello ascoltare un certo numero di voci, sperimentare un sacco di stili di coaching diversi. Essere qui in Italia, come hai detto, è diverso. Penso che all’inizio sia stato un po’ un adattamento. È uno stile di allenamento molto diverso. Avendo alcuni giocatori molto più anziani di me, le aspettative sono diverse a seconda dell’esperienza di ognuno e sono state adattate allo stile europeo. Penso di aver finalmente raggiunto quel punto. Il mio gioco, anche in contesto europeo, è pian piano migliorato, all’inizio è stato sicuramente un adattarsi. Venendo dall’America, molti dei concetti della lettura del gioco sono diversi.
Ci avevi detto che Massimo Rizzo aveva trasformato il tuo sogno in realtà, ossia farti diventare un giocatore professionista. Ora qual è il prossimo sogno, tuo e di Massimo, da convertire in realtà?
Penso che l’obiettivo più grande che ho sia quello di giocare per la Nazionale. Sarei davvero orgoglioso di rappresentare l’Italia e di potermi esibire su quel palcoscenico. Ma ovviamente devo continuare a crescere, dimostrare a me stesso che sono in grado di giocare, non solo in LNP e in Italia ma avere l’opportunità di dimostrare di essere ai massimi livelli anche internazionale. Ho le potenzialità per giocare ad alto livello: anche grazie alle connessioni di Massimo, faremo di tutto affinché ciò accada.