Bentornati su Hack a Stat! Con l’articolo di oggi iniziamo a parlare di statistiche anche per il nostro caro campionato. Visto che per ora si sono giocate solo 3 giornate, i numeri più interessanti possono ancora nascondere qualche insidia, proprio a causa del campione ristretto su cui sono calcolate. Per questo primo articolo dedicato alla Serie A ho quindi pensato di parlare dei minuti di gioco concessi ai vari giocatori dalle 16 squadre. Andiamo!
Questa analisi dedicata alle rotazioni nasce da un discorso che ho affrontato recentemente assieme a Luca Maghini e Paolo D’Angelo; li ringrazio per lo spunto. Ci tengo anche a precisare che questo non vuole essere un ennesimo articolo che dimostra come nel campionato italiano i “nostri” giocatori siano in numero esiguo o che giochino poco. È un tema già ampiamente dibattuto di cui conosciamo già motivazioni, storia e conseguenze; lo scopo dell’odierno post è piuttosto quello di dimostrare come, grazie agli italiani in rotazione, si possano raggiungere traguardi importanti.
Ma andiamo con ordine: ecco un grafico che mostra la distribuzione di minuti tra italiani e non per le sedici squadre:
Come era più che lecito attendersi, le percentuali dei minuti giocati dagli italiani non salgono oltre il 50%. Tra le squadre che utilizzano più italiani troviamo Milano (42%), Trento (46%), Brescia (la più alta, 50%) e Venezia (46%). Tra le minor utilizzatrici invece ci sono Brindisi (17%), Cantù (15%), Avellino (21%) e Pesaro (20%). Vero, squadre come l’Olimpia o la Reyer, grazie ad un budget più alto, trovano minori difficoltà nell’aggiungere nei propri roster giocatori italiani di qualità, ma realtà come Trento o Brescia o anche Reggio dimostrano come, vincendo qualche scommessa o pazientando qualche anno, si possano trovare comunque italiani affidabili. In ogni caso, il vantaggio di queste squadre non è ambire al premio di maggior utilizzatrice di italiani, ma allungare le rotazioni.
Il regolamento prevede infatti che gli stranieri (che siano extra-comunitari, comunitari o cotonou) siano massimo sei: tutte le squadre di LBA hanno un core incentrato sugli stranieri, che quindi sfruttano maggiormente, come visto anche nel precedente grafico. Questi sei stranieri possono essere anche di livello altissimo, ma, nel momento in cui risultano essere gli unici giocatori affidabili, il loro utilizzo medio deve necessariamente crescere. Ciò comporta sia una maggiore stanchezza verso la fine degli incontri, ma soprattutto un affaticamento che si accumula nel corso della stagione.
Questo è un elemento spesso sottovaluto o neppure preso in considerazione: ci sono state squadre il cui nucleo era composto da stranieri di dignitosissimo livello, ma, mancando una rotazione che desse loro fiato, si sono spente nel corso della stagione. Si può fare anche il discorso contrario ovvero che esistono squadre i cui stranieri non sono di livello altissimo, ma potendo permettersi un maggior riposo, arrivano più lucidi nei finali sia di partita che di stagione. E questo fa un’enorme differenza.
La squadra simbolo in questa stagione può essere Brindisi: tra il quintetto base e il sesto uomo ci sono diversi ottimi/discreti giocatori: Banks, Gaffrey e Brown sono di sicuro affidamento, ma nelle prime tre giornate il loro utilizzo si è attestato sui 30 minuti circa. Questo perché tolti loro tre e gli altri tre giocatori stranieri, gli unici italiani spendibili per Vitucci sono Moraschini e Zanelli; il jolly Wojciechowski, straniero con passaporto italiano, porta infine la rotazione della squadra Pugliese a nove uomini; per gli italiani (compreso il centro polacco) la media minuti giocati è pari a 11.1, mentre per i restanti sei si attesta intorno ai 26 minuti a partita. Capite bene che a lungo andare questo alto utilizzo potrebbe logorare i giocatori di Vitucci.
L’esempio di Brindisi porta anche ad un’altra valutazione: non è detto che una squadra corta sia necessariamente scarsa. Possono infatti esserci squadre che per via della panchina corta non riescano a giocare sempre al massimo, ma ciò non implica che i giocatori a roster siano automaticamente di basso livello. La cortezza porta quindi ad un maggior affaticamento e, di conseguenza, a un numero più alto di sconfitte, ma ciò non significa che i singoli giocatori non siano all’altezza della competizione.
Un altro esempio è Trento, che in questo momento si trova in una situazione di crisi: i risultati stentano ad arrivare e i nuovi innesti non riescono ancora ad incidere; oltretutto si è infortunato un pretoriano di Buscaglia come Gomes. Premesso che l’Aquila ci ha abituato a rinascite verso la metà di stagione, il coach trentino può fare affidamento su un nucleo di giocatori italiani che possono tenere il campo (chi più, chi meno), permettendo così di allungare una rotazione che altrimenti sarebbe ridotta all’osso dopo il già citato infortunio di Gomes. Questa non è una certezza di futuro rendimento, ma per lo meno permette a quei giocatori che per ora non riescono a trovare il ritmo di gioco di non strafare.
Cantù è un altro esempio di squadra ricca di giocatori stranieri che però devono restare in campo moltissimo: tra i minuti di utilizzo medio ci sono picchi anche di 31 e 34 minuti. Questo pone quantomeno un dubbio sul rendimento a lungo termine della squadra brianzola: potrà reggere per tutto il campionato giocando in pratica in sette (Taverani è considerato italiano per via del passaporto)? A mio avviso non è un caso che dopo l’eliminazione dalla Champions League, Cantù abbia rinunciato a partecipare alla FIBA Europe Cup: lunghe trasferte e doppi impegni avrebbero oltremodo pesato sulle condizioni fisiche dei suoi giocatori.
Insomma, è chiaro che in questa epoca nel campionato italiano la voce grossa la facciano gli stranieri: gli italiani hanno per lo più compiti da gregari, ma ciò non deve sminuire la loro importanza. La presenza o meno di italiani spendibili nel corso delle partite può essere un indicatore di quali saranno le squadre che, a lungo andare, si troveranno vittima di infortuni e stanchezza che abbasseranno il rendimento generale della squadra stessa.