Tra le superstar di cui pullula la NBA, ce n’è una della quale forse si sta parlando meno del previsto, soprattutto se guardiamo le sue medie: quasi 27 punti, 4.6 rimbalzi e 5.2 assist. Il giocatore in questione è Zach LaVine, da cui molti si aspettavano la definitiva consacrazione a trascinatore dei Bulls, e non solo in termini numerici.
L’ex T’Wolves sembra davvero aver fatto quell’auspicato salto in avanti, e sono vari gli indicatori che lo fanno pensare.
LESS IS MORE
Non è detto che per impattare maggiormente sul gioco un atleta debba avere necessariamente più responsabilità. E non è nemmeno garantito che maggiori responsabilità equivalgano ad un miglior rendimento. È quello che sta succedendo a LaVine, che da un anno all’altro ha visto diminuire il proprio usage (da oltre 31 a meno di 29), ma aumentare la propria efficienza, come dimostra la percentuale di effective field goal, passata dal 52.6 dell’anno scorso al 58.4 attuale.
L’entrata in lineup di Coby White garantisce ai Bulls la presenza di almeno due creatori di gioco, con LaVine che spesso può permettersi di agire da Robin e non sempre da Batman grazie alle iniziative del compagno.
In queste scorcio di stagione, i Bulls sono palesemente molto di più a loro agio a muovere il pallone rispetto all’anno scorso; sebbene ciò non si traduca in un aumento dei passaggi medi a partita (285 lo scorso anno, 283 in questa stagione), la squadra di Donovan è nella top ten sia per assist (25.4) che per assist potenziali (47.7) di media a partita.
A tal proposito, bisogna notare la maggior disponibilità di LaVine a coinvolgere i compagni, come testimonia il crescente numero di passaggi smarcanti ma anche l’aumento della percentuale di pick and roll giocati da portatore di palla (48% di frequenza contro il 37% della stagione scorsa). In generale, è proprio la sua consapevolezza di ciò che sta succedendo sul parquet a fare la differenza:
Il LaVine dell’anno scorso probabilmente avrebbe cercato i due punti. Chiaro, ormai lo spazio se l’era ricavato, e probabilmente avrebbe anche segnato, ma vuoi mettere far contente due persone: se stesso e Porter che riceve l’assist per una tripla comoda?
Questo canestro, con cui il numero otto di Chicago chiude la pratica Hornets, è un riassunto di quanto detto finora. LaVine vede il taglio di Porter lungo la linea di fondo; la palla si muove sul perimetro finchè White non decide di creare superiorità numerica penetrando a canestro. La difesa si chiude di conseguenza, lasciando LaVine sul perimetro libero di prendere e segnare la tripla. In questa stagione sta tirando da 3 con il 38.2%, non lontano dal suo career high di 38.9, ottenuto, però, con solo tre tentativi a partita, che oggi sono 8.5, cifra più alta in carriera.
Un’ulteriore conseguenza della rinnovata coralità del gioco dei Bulls su quello del prodotto di UCLA è il calo della frequenza degli isolamenti, scesi al 8% dall’oltre 11% dello scorso anno. Che Lavine sia sempre più calato nel ruolo di leader è dimostrato anche dalla volontà di difendere alcuni dei migliori attaccanti della Lega, anche con buoni risultati: basta chiedere a Bradley Beal o Luka Doncic, entrambi tenuti a quattro punti, quando marcati direttamente, con lo sloveno dei Mavs limitato a 1/6 dal campo. I numeri raccontano solo una parte della vicenda; il suo defensive rating è decisamente scarso (116 punti subiti su 100 possessi con lui in campo), ma le ragioni vanno cercate in un contesto di squadra che sicuramente non lo favorisce.
PRIMI RICONOSCIMENTI
Il rendimento di LaVine sta, come si suol dire in inglese, facendo girare delle teste verso di lui, con alcuni giocatori NBA che gli hanno reso il giusto merito per i risultati individuali.
A precisa domanda sul giocatore dei Bulls, PJ Tucker ha risposto che “è arrivato (alla maturazione) ed è migliorato tanto”. Due leggende come Wade e Chris Paul lo hanno lodato su Twitter.
Anche Kawhi Leonard, dopo la partita punto a punto giocata contro Chicago, ha pubblicamente reso meriti a LaVine e a coach Billy Donovan, senza dubbio uno degli artefici della positiva stagione dei Bulls finora. Donovan che, tra parentesi, aveva ricevuto l’immediata benedizione proprio dalla sua stella non appena era stato annunciato il suo arrivo.
Insomma, tra LaVine e i Bulls le cose vanno benone, e il campo parla chiaro.