Diciamo la verità, con tutto il rispetto per i New Jersey Nets: le finali di Conference 2002 tra Kings e Lakers sono state la vera finale NBA di quella stagione, per qualità del basket espresso e per le squadre in campo. I Lakers erano bi-campioni in carica, mentre i Kings avevano il miglior record di Lega con le loro 61 vittorie. Erano anche due squadre molto divertenti da vedere: i Lakers con il loro Triangolo e i Kings del Greatest Show on Court, una squadra di culto per gli appassionati NBA.
La serie non ha mancato di regalare momenti clou, come il tiro della vittoria di Robert Horry allo scadere di gara 4 e, soprattutto, la gara 6 delle polemiche, quella dei 27 liberi concessi a LA nel solo 4/4 che ha provocato l’ira dei giocatori dei Kings, del coach Rick Adelman e ovviamente dei tifosi, che hanno gridato allo scandalo.
Gara 7 è iniziata con queste premesse, ed è stata la degna conclusione di una bellissima serie.
LETARGO
La partita inizia con la grafica della TV americana che mostra il record della squadra casalinga in occasione di una gara 7 di finale di Conference, 23-5: il compito per i Lakers era decisamente arduo. I Kings partono subito forte; Chris Webber prende posizione profonda un paio di volte contro Robert Horry, il suo marcatore, e trova 4 punti comodi. Sacto va avanti 11-7 e Jackson chiama timeout, non contento della passività della sua difesa e con Kobe 1-3 al tiro. Webber sarà pressoché immarcabile in questa partita così come poi lo era stato in tutta la serie. Le sue cifre dicevano 25 punti col 53% dal campo, oltre 11 rimbalzi, 5.5 assist e 1.3 stoppate in 44 minuti di media in campo, statistiche di cui era il leader di squadra.
Da qui in poi, inizia un parziale di 8-0 per LA chiuso da una tripla di Bibby. Nel frattempo, inizia a mettersi in moto il diesel di Diesel, ovvero Shaq:
Ottima la sua lettura del raddoppio, che arriva da destra. Shaq allora si gira verso sinistra e si aiuta col tabellone. Perfetto.
Peccato che, con Shaq in panchina, l’attacco dei Lakers si inceppi, e Sacto ne approfitti per tornare a -1. Il primo quarto si conclude con gli ospiti sopra di uno, 22-21, ma la mano fredda dei gialloviola si protrae a cavallo dei due quarti (fanno sei errori consecutivi). I Lakers hanno difeso in maniera pessima per quasi tutta la partita in situazioni di pick and roll, con il marcatore del portatore di palla che moriva sul blocco, passava regolarmente sotto a prescindere da chi avesse il pallone (Bibby, Stojakovic in uscita dai blocchi, Bobby Jackson, e via dicendo), e Shaq che non usciva mai. Qui un paio di esempi a caso tra decine di situazioni praticamente identiche:
Nel primo caso Bibby arriva comodo a centro area per il floater e nel secondo Bobby Jackson ha tutto il tempo per fare palleggio arresto e tiro. Buonissima la partita dell’ex sesto uomo dell’anno nella stagione 02-03, aggressivo fin dal suo ingresso in campo.
Nel frattempo, nel secondo quarto si inizia a segnare. Shaq segna col fallo nonostante il raddoppio, poi ci pensa Peja ad entrare in area senza trovare ostacolo alcuno. Lindsey Hunter segna da tre e Bobby Jackson va al ferro con la moto.
Webber continua la sua lectio magistralis contro un Horry quanto mai in difficoltà e a un minuto e mezzo dall’intervallo i Kings si portano sul +5 grazie ad un parziale di 10-2. In telecronaca per Tele+, Buffa dice che è ora che i Lakers trovino un lampo dal perimetro per punire i raddoppi dei Kings su Shaq: neanche a dirlo arriva proprio la tripla di Kobe. Il piazzato di Webber, con kilometri di spazio, e l’uno su due ai liberi di Shaq ricuce lo svantaggio a -1. Dopo un inizio stentato da parte di entrambe le squadre, la partita è bella e aperta.
PERENNE PARITÁ
Ad inizio terzo quarto, Vlade Divac commette il suo terzo fallo; questo inconveniente, tuttavia, non gli impedisce di lasciare il suo marchio su questo quarto, coi Kings che, complice la sterilità offensiva di L.A., provano a prendere il largo. Dopo il terzo fallo, l’ex Lakers serve C-Webb con un bell’assist, prende un paio di rimbalzi (di cui uno offensivo dopo uno 0/2 di Webber ai liberi) e una schiacciata per il massimo vantaggio dei padroni di casa. Il +7, però, diventa presto +9, con Kobe che sbaglia un’entrata e Webber che segna altri due punti.
Shaq è sempre molto passivo, tanto in difesa quanto in attacco. Nel secondo e nel terzo quarto sono passati pochissimi palloni dalle sue mani – una rarità – e Tranquillo e Buffa rimarcano il fatto che il centro sembra si stia tenendo per la battaglia finale nell’ultimo quarto. Sta di fatto che tocca a Kobe salire in cattedra, segnando e facendo segnare. Con Divac in panchina, i Lakers confezionano un parziale di 10-3 che li porta a +1.
Anche nell’ultimo quarto, a cui le due squadre, stremate, si sono trascinate, i Lakers conservano sempre un leggero vantaggio. A 9 dalla fine si rivede Robert Horry, che viene dimenticato dalla difesa (Divac ha scelto sempre e comunque di raddoppiare su Shaq) e segna la tripla con cui prova a mettersi in partita. Se non altro, Big Shot era cresciuto in difesa e a rimbalzo (finirà a quota 12).
A pochi minuti dalla fine, uno dei protagonisti della partita esce per falli. Divac commette il sesto contro Kobe nella lotta per una palla vagante e, alla chiamata dell’arbitro, si rotola per terra mani in faccia. Gli ultimi punti del quarto periodo per i Lakers sono tre liberi di Kobe e uno di Shaq, mentre per Sacramento c’è solo un monumentale Mike Bibby, che prima segna due punti in faccia a Kobe e poi segna i liberi finali del pareggio, che portano la partita in parità. Il vero rimpianto per la squadra di casa è aver costruito un ottimo tiro con Peja Stojakovic liberissimo nell’angolo, tiro che però non scheggia neanche il ferro: sarebbe stato il canestro del +2 con 10 secondi sul cronometro da giocare.
All’overtime Sacramento segnerà sei punti con i due giocatori capaci di portarla dov’erano arrivati, Webber e Bibby. Ci sono tanti errori da una parte e dall’altra, ma alla fine sono i Lakers, infallibili in lunetta (8-8) a prevalere.
A distanza di anni, questa serie rimane un concentrato di spettacolo, bel gioco, e anche, ovviamente, polemiche. Di questi tempi, è doppiamente una boccata d’aria fresca.