“Lascia il gioco migliore di come lo hai trovato. E quando sarà il tempo di andare, lascia una leggenda”: questa la frase incisa nel basamento della statua appena eretta in ricordo di Kobe Bryant all’esterno della Crypto.com Arena di Los Angeles. Basterebbe questo a fotografare e cristallizzare ciò che Kobe continua a significare anche a oltre 4 anni di distanza dalla tragica morte del gennaio 2020.
Se si voleva aggiungere ulteriore simbologia a uno che simbolo lo è già ed è giusto che rimanga per sempre, l’erezione di una statua all’esterno dell’arena losangelina risponde perfettamente alla volontà. Non è stato, chiaramente, un fulmine a ciel sereno: la moglie Vanessa ha presieduto per settimane il cantiere nella Star Plaza, dove ora tutti i tifosi Lakers, amanti della pallacanestro o semplici turisti potranno ammirare senza dover varcare l’entrata del palazzetto.
Non è il primo monumento dedicato alla memoria di Kobe e non sarà l’ultimo. Di certo è il più d’impatto a livello di immagine, sia per la vicinanza geografica a quello che ha contribuito a mantenere grande sia per l’opera in sé. Rispetto a quella eretta dall’artista Dan Medina sulle colline di Calabasas, nei pressi delle colline dove l’elicottero che trasportava le 9 persone scomparse, non è inclusa la figlia Gina. La figura in bronzo, per un’altezza di 19 piedi (5,8 mt ca), rappresenta Kobe con il braccio destro alzato e non cinto attorno alle spalle della figlia, indicante con l’indice il cielo e in divisa da lavoro: i 5 Larry O’Brien Trophy conquistati a Los Angeles ai suoi piedi, scarpe e calzettoni, ginocchiera all’articolazione della gamba destra e divisa viola con inserti gialli, la maglia #8 dei primi anni nella Lega.
A presenziare all’evento c’erano pochi intimi, ma di enorme spessore. Derek Fisher, Kareem Abdul Jabbar e Phil Jackson i più significativi, ma di gran lunga più piccoli e “insignificanti” di fronte alla grandezza, strutturale e morale, dell’omaggio a Kobe Bryant.