Kyle Hines: “Milano e Mosca, sfide affascinanti e l’anno prossimo…”

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Anche al CSKA hai vinto due EuroLeague. A parte la differenza tra i titoli vinti in Grecia e quelli vinti in Russia, cosa ti porti dentro dagli anni a Mosca?

A Mosca ho avuto l’opportunità di lavorare con coach Messina e, dopo la sua partenza per San Antonio, con coach Itoudis, due delle menti più grandi della pallacanestro europea. Del titolo del 2016 ricordo tutto il percorso, incluse le sconfitte dei due anni precedenti, e la serie di momenti in cui avevamo paura di non farcela nemmeno quella volta. Riportare il titolo a Mosca è stata davvero un’impresa storica. Del 2019 mi rimane il rapporto che ho con tutti i miei compagni dell’epoca: ogni volta che ci rincontriamo torniamo a quell’anno, la relazione che ho con loro è davvero speciale e ci ha permesso di alzare il trofeo. In più l’EuroLeague 2019 è l’unica che i miei figli hanno vissuto in prima persona, anche se molto piccoli. Avere le foto con loro durante i festeggiamenti sarà un ricordo che condivideremo per tutta la vita!

Quando e perché hai deciso di venire all’Olimpia Milano?

Uh, storia lunga… Ero al CSKA ormai da 7 stagioni. Chacho ha iniziato a parlarmi di quanto si trovasse bene a Milano durante la mia ultima stagione in Russia, continuava a ripetermi anche per scherzo “Perché non vieni qui?”. Già dalla prima volta in cui, parlando con coach Messina, si parlava della possibilità di creare una legacy duratura, il programma di sviluppo societario, la mia mente si è aperta e sono stato da subito disponibile a mettermi in gioco. Quando ero stato in Italia non avevo avuto l’opportunità di giocare a Treviso, a Bologna e nelle altri grandi piazze di Serie A, e sarebbe stato un peccato finire la carriera senza provare anche questa esperienza. Far parte di questa sorta di ricostruzione, del nuovo capitolo della storia di Milano mi ha intrigato sin da subito. E poi, toccando ferro, avendo iniziato la mia carriera in Italia chiuderla nello stesso paese sarebbe carino! Mi ha affascinato l’idea, un po’ come col CSKA del 2016, di far parte di un gruppo che avrebbe restituito la credibilità e lo status internazionale di una realtà con così grande tradizione come quella dell’Olimpia, con la mia esperienza e i miei consigli a ogni compagno affamato di vittorie che è passato e passerà da qui.

Stando alla pallacanestro, qual è la tua definizione di leadership? Quanto conta nella cultura di un club?

Essere leader non significa essere il giocatore più forte ma quello che si dedica di più affinché il gruppo sia un collettivo sano. Sono d’accordo con la necessità di essere un leader by example: cercare di mantenere il comportamento migliore possibile in campo, nello spogliatoio e fuori dalle arene e cercare di essere la miglior versione di me stesso in ogni ambito penso sia fondamentale per unire ancor di più il gruppo. Cerco di portare ogni giorno il tassello mancante per la creazione di un gruppo solido: una volta può essere un discorso nello spogliatoio, un’altra può essere una giocata particolare, un’altra il prendere da parte un giovane e mostrargli che sta sbagliando o fargli i complimenti…

E se guardassimo avanti? È possibile vederti ancora per una stagione in maglia Olimpia? Hai già pensato o preso una decisione?

Vedremo, non abbiamo ancora preso nulla di definitivo. Questo è stato un anno particolare, dove non siamo arrivati ai Playoffs di EuroLeague. I piani sono stati un po’ scombussolati, ma io sono ancora innamorato della pallacanestro. Ogni mattina mi sveglio e sono entusiasta di allenarmi e giocare con Nik Melli, Shavon e tutti i miei compagni. Adoro imparare ogni giorno da coach Messina e dallo staff. Vedremo…