Ieri hanno fatto lo “spoglio” delle votazioni per l’elezione del Presidente federale e dei membri del Consiglio federale. Si, insomma, ancora una volta hanno spogliato il basket… Tutti candidati unici… Elezioni simulacro di democrazia. Con etichetta (le elezioni) democratica, in una monarchia assoluta… Con qualche residua speranza. Riposta nei dodici nuovi apostoli eletti nel Gran Cosiglio federale, augurandoci che almeno loro non si facciano avvolgere e condizionare dal clima da “vacanze romane”, peraltro pagate, ma, viste alcune presenze valide e interessanti, sappiano quanto meno portare avanti un dialogo fatto di proposte e prospettive nuove. Speriamo.
Ma adesso quella che vogliamo raccontarvi, tutta inventata, ma con poca fantasia, è una storia gotica, anzi, medioevale. Lasciatecelo fare…
Ambientata nell’antico Regno di Pallalandia, con il suo Sovrano assoluto, Petrudux I° il Grande, di luce divina investito e che di luce emanata ammantava tutti i sudditi suoi, e che abilmente governava i feudi di periferia con la consumata e raffinata abilità di monarca gran tessitore di perfetti equilibri distributivi. Cosa distribuisse poi – panem et circenses? – lasciamo ad altri immaginare.
C’era una volta, dunque…
Come spesso accade, anche nel Regno di Pallalandia c’era un feudo ribelle, un poco più insofferente degli altri nei riguardi del potere centrale. Indubbiamente, manco a dirlo, era quello il feudo più ricco e potente, che mal sopportava il giogo del potere centrale, forse in virtù di essere esso stesso il territorio di un antecedente ed ancor più antico regno di barbara forza e longobardico dominio.
Da tempo, segretamente, si tramava in quel feudo potente.
A capo del quale sedeva un giovane feudatario di belle speranze, Alberto D’Altrondi da Mariano, giovane e coraggioso cavaliere di meccanici destrieri (che bella la sua Bmw GS 1200).
Ora dovete sapere che, prima del Gran Consiglio Generale, che si sarebbe tenuto nella Roma imperiale, ogni feudo doveva assolvere alle assemblee regionali/feudali per la nomina dei vassalli e valvassori.
Il nostro D’Altrondi da Mariano era tranquillo, confidante in una plebiscitaria rinnovata carica, anche in virtù del suo, precedente, buon operare.
Ma improvvisamente un colpo di scena.
A soli 20 giorni (circa) dall’assemblea longobarda, le farae territoriali, clan militari di valvassori longobardi, compattate, presentarono una candidatura alternativa.
Una cordata guidata da Georgius Liutprando Giugni da Brixia, alle cui spalle, qualcuno diceva, poteva soltanto esserci la regia di vecchia e grande nobiltà di stirpe pannonica, un discendete nientemeno che di Re Alboino, corrispondente al nome glorioso di Aribertus Trevilliensis.
Una regia discreta che, tuttavia, portava la cordata ad emergere all’ultimo momento ma per nulla impreparata.
La FIP: impero del male o grande speranza??(di Werther Pedrazzi)
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