Vitoria è, per il basket europeo, un luogo molto particolare, in realtà i Paesi Baschi sono un luogo particolare e da ogni punto di vista, a cominciare dal fatto che vi si parli una lingua isolata, cioè che non ha alcuna parentela con altre lingue e questo la rende unica in Europa.
Anche dal lato cestistico Vitoria è in una situazione pressoché unica, e prendendo in esame l’era moderna dell’ACB, ovvero quella ad unico girone, dal 1991-92 ad oggi solo sei edizioni non sono state vinte da Real o Barca e tre di queste dal Saski Baskonia. Questa, di per sé stessa, non sarebbe certo una situazione così particolare, Grecia, ABA e VTB, grossomodo possono essere viste nella stessa ottica, ma è il modo in cui una società come quella basca affronta la situazione a renderla unica e, con un budget limitato, sempre competitiva in Spagna e in Europa. Cercate nella vostra mente una “storica terza” in altre nazioni altrettanto competitiva, se vi state guardando intorno come John Travolta nella casa di Marsellus Wallace in Pulp Fiction avete centrato il punto. Non esiste.
L’unico modo per lottare per certe posizioni è quello di spendere per i giocatori meno di quanto le altre squadre spendano per i loro a parità di resa in campo. In pratica tutti danno un valore a un certo giocatore ma poi rende di più, Baskonia questo lo fa in tre modi distinti, in ordine decrescente di età:
- Giocatori a fine carriera che nonostante la parabola discendente spesso riescono a trovare un’ultima stagione di buon livello. Tipicamente i giocatori di questa tipologia sono uno per stagione, Huertas nelle ultime due stagioni e Chase Budinger nel 2017, autori di stagioni dignitose contro ogni pronostico. Bourousis, nella stagione 2016, conclusa con notevoli percentuali e impatto o Nocioni, che rientrerà in varie categorie, di ritorno dall’Nba nel 2013 e 2014, in un ruolo decisamente meno “da specialista” rispetto ai successivi anni a Madrid.
- Giocatori che promettevano di esplodere e poi… Il gran capo di questa sezione è ovviamente Tornik’e Shengelia che dalle giovanili a Valencia ha tentato direttamente il salto in NBA,con relativo successo ma, facendo un passo indietro, ha trovato un ottimo luogo dove completarsi come giocatore e forse (non mi voglio spingere troppo in là) come essere umano, diventando anche capitano dopo l’addio di Adam Hanga. Altro nome di livello spendibile per la categoria è sicuramente Igor Rakocevic che dopo un’avventura in NBA e una stagione orribile come tutta la squadra nel Real Madrid (2006) rimane tre anni in terra basca vincendo due Alphonso Ford Trophy ed entrando in un primo e un secondo quintetto Eurolega. Menzioni per Shane Larkin e Rodrigue Beaubois che quest’anno dovrebbero aver combinato qualcosa sulla sponda europea del Bosforo.
- Il terzo e ultimo punto dell’elenco non poteva che essere dedicato ai giocatori che hanno usato la terra basca come trampolino per le proprie carriere o giocatori direttamente formati dalle giovanili. L’elenco sarebbe lungo e potremmo stare qui, io a scrivere e voi a leggere, anche se non so come potremmo farlo contemporaneamente dal punto di vista pratico, fino alla prima giornata della prossima Eurolega con la trasferta a Kaunas. Facciamo così io scrivo la più classica delle Top 5 poco ragionate, così do anche un senso al titolo di questo pezzo e poi ci agganciamo qualche ragionamento.
- Luis Scola
- Andres Nocioni
- Jose Calderon
- Jorge Garbajosa
- Mirza Teletovic
Lo vedete anche voi Vincent Poirier che bussa alle porte della top 5?
Non ho scelto (ho detto poco ragionata, non ragionata zero) Nemanja Bjelica perché arriva a 22 anni dopo una già buona annata in Eurocup alla Stella Rossa, sebbene la sua effettiva consacrazione avvenga nelle stagioni in maglia basca. Ho scelto Teletovic in luogo di Splitter perché comunque un rappresentante della connessione Paìs Basco – Balcani andava citato.
Garbajosa e Calderon non hanno certo bisogno di presentazioni e sono i due migliori rappresentanti della categoria “cresciuti nelle giovanili”.
Scola e Nocioni invece aprono l’ampio capitolo “Argentina” che possiamo anche estendere a Tiago Splitter.
La vicenda comincia nel 1989 quando Alfredo Salazar, allora scout del Club Deportivo Basconia, da poco rinominato Saski Baskonia, e oggi direttore dello scouting, guarda caso, del Saski Baskonia, venne inviato dal presidente Josean Querejeta, con l’idea di esplorare qualcosa di nuovo e nulla più.
Il risultato di quei primi viaggi è notevole, nonostante le evidenti difficoltà, dalla scarsa conoscenza della nazione, con viaggi in bus che portavano a centinaia di chilometri di distanza dalla meta prefissata e il notevole grado di persuasione da esercitare per convincere un giocatore a lasciare casa per venire in Europa a poco più di vent’anni, il risultato fu l’arrivo di Marcelo Nicola. Da lì, come detto, seguirono altri viaggi e altri contratti firmati: da quello di Luis Scola, in cui l’opera di convincimento durò un mese a quello di Andres Nocioni, che Salazar firmò nonostante tutte le conoscenze locali che aveva coltivato gli consigliassero un altro giocatore di cui forse non ricorda nemmeno il nome, o almeno, non lo dice. Per finire a Luca Vildoza che sta crescendo e crescerà ancora in maglia Baskonia.
Detto questo anche nell’armadio di Salazar a Vitoria, come in tutti i luoghi in cui non ci si occupi di scienze esatte, ci sono degli scheletri. Da giocatori che non sono mai esplosi o ri-esplosi, Stanko Barac e Walter Hermann, per esempio, a giocatori che non hanno funzionato lì ma hanno trovato da altre parti un trampolino di lancio.
Sui grandi numeri però si può dire che se c’è luogo in cui qualcosa che un giocatore ha dentro ha la massima probabilità di mostrarsi al mondo, quel posto è Vitoria e se non emerge a Vitoria ci sono buone possibilità che non ci sia più nulla da far emergere.