Storie di LNB: la dinastia del Limoges, ma Monaco vuole aprire un ciclo

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Ultimo atto in arrivo anche per la LNB transalpina con la finale inedita tra Monaco e Le Mans che si contenderanno il campionato vinto lo scorso anno da Chalon. Campionato francese, denominato Pro A dal 1993, che nasce nel lontano 1921.

MULHOUSE REGINA DEI PIONERI E L’IMPERO LIMOGES

Tempi pionieristici dominati, dopo l’esordio vincente dello Stade Francais, da Mulhouse (ora relegato nelle serie amatoriali) che intasca sette dei primi dieci titoli. Nel dopoguerra è protagonista l’Asvel di Villeurbanne che inizia la prima dinastia che porterà i biancoverdi a diventare la squadra più titolata di Francia. Sono gli anni di André Buffière, leggenda del basket francese che trionferà sia in campo che in panchina sino a metà degli anni ’70, quando il torneo è sostanzialmente tinto di biancoverde. Per vedere una delle due finaliste di questa stagione, Le Mans, sul proscenio bisogna proprio aspettare la fine del decennio, Lloyd King e James Lister i protagonisti dei tre trionfi in cinque stagioni sino al 1982.

I primi anni ’80 aprono di fatto alla grande rivoluzione del basket d’oltralpe. Inizia la crescita esponenziale in campo sportivo dei tanti giovani figli di emigranti di seconda generazione dalle ex colonie che regala, e continua a regalare, enormi dosi di talento alle Nazionali francese di ogni categoria. Nell’allora “Nationale 1” c’è la voglia di emergere di Antibes ma soprattutto è agli albori la dinastia Limoges. C’è ancora lo zampino del leggendario Buffière nell’epopea beaublanc che afferra sei campionati su otto dal 1983 al 1990. Oltre ad una coppa coppe e due coppe Korac (1982 e 1983 prime vittorie di una squadra francese in una competizione europea) con cui Murphy e compagni arrecano due amare sconfitte al Sibenka del giovanissimo, ma già straordinario, Drazen Petrovic. La tifoseria del Limoges è caldissima con il primo supporter che è semplicemente lo speaker del palazzo. Il suo incessante e cadenzato “Li-moges Li-moges” infiamma il pubblico, ma diventa anche un caso internazionale durante l’allora coppa Campioni 1983/84, abituata al tempo a speaker assai lontani dalle versioni “tifose” degli ultimi decenni. Beaublanc che faranno piangere anche un’altra grande stella croata, infatti dopo Drazen è la volta di Toni Kukoc che viene irretito, e con lui la Benetton, dalla ragnatela ipnotica di coach Maljkovic che paralizza i trevigiani nella maledetta notte del Pireo nel 1993.

DA PAU AL MIRACOLO NANTERRE

Basket tecnico e molto ragionato quello lasciato in eredità dal tecnico serbo al campionato francese che però si è ecoluto radicalmente. Già il Pau Orthez, nella sua prima versione guidato da una straordinario Rigaudeau a cavallo tra i 90′ ed il nuovo millennio, regala un basket più spettacolare ma altrettanto redditizio (sette titoli in dieci anni).
Non è casuale l’assenza di una vera squadra di riferimento nel nuovo millennio, mentre negli ultimi 15 anni ancora il solo Limoges riesce in un back-to-back, mentre fanno la comparsa sul proscenio realtà “fatte in casa” come il Nanterre della famiglia Donnadieu. Il padre Jean ha il ruolo di presidente alla guida del sodalizio biancoverde assieme al figlio Jean nella veste di coach e talent scout. È un binomio che porterà la piccola squadra dei sobborghi di Parigi all’incredibile cavalcata del 2013, anche se è una realtà talmente artigianale e poco abituata alla ribalta principale da giocare nel piccolissimo palazzetto Maurice Thorez (ora rimodernato), dove la “tribuna” frontale alla principale non era altro che un gigantesco poster di tifosi festanti. Nanterre in quell’annata miracolosa ribalta tutte le serie con il fattore campo avverso chiudendo in finale contro Strasburgo grazie ad una vecchia conoscenza dei nostri parquet, l’MVP della stagione David Lighty. Il primo di una serie di successi che consolidano Nanterre stabilmente nell’élite del basket nazionale ed europeo: partecipazione all’Eurolega, due coppe di Francia, una Eurochallenge e una FIBA Europe Cup.

STRASBURGO, DA PAPA A CARDINALE SENZA PARIGI

Strasburgo è il vero mistero della LNB degli ultimi tre lustri. Stabilmente nei quartieri altissimi del campionato riesce nella, non facile, impresa di partire favorita e arrivare presto all’uscita dalla postseason. Un solo titolo, 2005, per gli alsaziani, che riescono a perdere ben quattro finali consecutive, tutte partendo dal ruolo, assai poco ambito, di favorita naturale. Copione confermato anche in questa stagione dove gli uomini di Vincent Collet riescono a completare il suicidio virtuale sprecando la testa di serie n.2 nella sfida in semifinale contro Le Mans, persa in overtime in gara 5.
In tutto il panorama cestistico francese manca, ormai stabilmente, il nome di Parigi. Capitale che vanta soli tredici titoli di cui uno solo negli ultimi 55 anni, quello del Racing di Dacoury, Sciarra e J.R. Reid che batte l’Asvel nell’ultimo atto della finale 1997. Racing che diventerà poi Paris-Levallois, storia recente senza acuti con la ferma volontà della società di allontanarsi dal “marchio” della capitale cambiando il nome in Levallois Metropolitans.
L’assenza di Parigi, utilizzata solo per i grandi eventi come le finali in atto unico a Bercy oppure per le F8 di Disneyland, determina anche un minore interesse imprenditoriali nei confronti della Pro A. Che peraltro offre contratti garantiti ed una discreta solidità media di tutte le squadre. Negli anni recenti il solo Tolone (proprio nella regular season appena conclusa) ha avuto seri problemi finanziari (penalizzazione di sei punti e successiva retrocessione dopo un girone di ritorno senza vittorie).

MONACO PER LA DINASTIA, LEMANS PER LA STORIA

Non ci sono dinastie ma sicuramente un candidato al titolo di nuovo reggente del torneo arriva da Monaco. La squadra del principato arriva, finalmente, alla finale dopo aver dominato le ultime tre regular season, oltre ad aver intascato tre F8 consecutive. Il confronto con Le Mans non dovrebbe avere risultato diverso dalla consacrazione degli uomini di coach Mitrovic, arrivato probabilmente alla conclusione di un ciclo con la squadra biancorossa.
Monaco ha tutto da un punto di vista di qualità e profondità del roster. Due play assolutamente opposti ma funzionali anche nei momenti in cui sono entrambi sul parquet. All’estro di Dj Cooper abbina la solidità e la durezza difensiva dell’ex Trento Aaron Craft. Il talento e l’atletismo di Robinson ed Evans viene compensato dall’esperienza meno scoppiettante del duo Sy-Kikanovic, mentre al resto pensano una panchina infinita dove oltre a Lacombe (decisivo sia partendo dallo starting five che come sesto uomo extra lusso) ci sono il tiro mortifero del sempreverde Gladyr e l’esperienza dell’ex romano Traore. Se non vi basta il team monegasco si è regalato, per i playoff, i cavalli di ritorno Ouattara e Fofana.

Finale che non sarà affatto corazzata contro bagnarola. Le Mans ha dimostrato contro Strasburgo di non aver nessuna intenzione arrendersi senza lottare. Ha un coach emergente come Erich Bartecheky, già protagonista della grande annata dello scorso anno di Pau-Orthez, che guida una squadra camaleontica e poco catalogabile. È una squadra non esattamente di primo pelo con tanti possibili protagonisti, altra qualità che può creare più di un problema a Monaco, eccellente nelle esecuzioni ma meno brillante nella gestione dei vantaggi in gare da pura bagarre. Le chiavi di Le Mans sono nelle mani di Justin Cobbs: la creatività dell’ex Bayern può estrarre dal mazzo diversi jolly, mentre per una batteria di esterni di prim’ordine si va da Lofton a Riley, da Eito a Yeguete. A questo aggiungete la stagione tutta sostanza dello spesso troppo sottovalutato Travis, ed il vero fattore X della serie Fall: il centro senegalese è in crescita esponenziale, non solo per i suoi ragguardevoli 221 cm, e potrebbe creare più di un problema ai monegaschi in area colorata. L’alba di una dinastia il pronostico più probabile, l’ennesimo shock di un successo di un underdog l’impresa possibile per una Pro A che non smette mai di regalare sorprese.

 

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