La classe draft 2020 non sarà la migliore di sempre. Tuttavia, per quanto vituperata, sta mettendo in mostra tutta una serie di giocatori molto interessanti a vari livelli oltre quello che sembra poter essere l’unico giocatore franchigia tra di loro, cioè LaMelo. La prima scelta assoluta Anthony Edwards ha impiegato parecchio per imporsi nella stagione complicata, tanto per cambiare dei Timberwolves. Tuttavia, alcune contingenze – l’arrivo di Finch come capo allenatore, la sospensione di Malik Beasley e l’infortunio di Russell – ne hanno indubbiamente accelerato la crescita. All’interno di quel roster, Edwards non è un giocatore di facile collocazione, ma non c’è dubbio che l’ex Università della Georgia abbia sfruttato i minuti a propria disposizione nel migliore dei modi.
PIÚ MINUTI, PIÚ RESPONSABILITÀ
Nelle intenzioni del coaching staff, Edwards sarebbe dovuto partire dalla panchina, ma le cose sul campo sono andate ben diversamente. Gli infortuni hanno privato Minnesota di tutti i suoi giocatori più rappresentativi, e Edwards ha colto al volo l’opportunità. Il ragazzo di Atlanta sta segnando un pelo meno di 18 punti di media, salita sempre di più nel corso delle settimane, seppur con percentuali piuttosto basse, ma ne parleremo più avanti. La sospensione di Beasley, e il suo infortunio, che lo terrà fuori dai campi per almeno un mese, ha dato a Edwards molte più responsabilità con il pallone in mano, cosa fondamentale per lui per avere un impatto, almeno in questa fase della carriera; dal 27 febbraio ad oggi – giorno della prima partita senza l’ex Nuggets – Edwards sta mettendo a referto oltre 23 punti di media con oltre 5 rimbalzi e 1.6 rubate.
L’arma offensiva più efficace è, ad ora, la penetrazione a canestro; Edwards fa registrare 10 drive di media a partita, situazione su cui segna 6.2 punti a gara: the Antman è un toro – 192 centimetri per 103 kili – ma è anche dotato di grande atletismo e un primo passo bruciante:
Se può partire in movimento ricevendo palla all’ultimo da un compagno, sfruttando così la propria inerzia, sembra sparato fuori da un cannone: Edwards sa già cosa vuole fare e dove vuole andare.
In queste situazioni, ma non solo, però, ad Edwards mancano ancora le letture e la pazienza di capire quando conviene buttarsi in area e quando no. Per quanto il fisico aiuti, il rookie dei T’Wolves ha la tendenza a penetrare in area in maniera sconsiderata, andandosi a cacciare in situazioni da cui, inevitabilmente, non produce nulla se non schiantarsi contro la difesa avversaria. Tra i giocatori con almeno 25 partite giocate e 7 drive a partita, Edwards è il decimo peggior giocatore per percentuale al tiro in situazione di penetrazione a canestro (43.3):
Qui c’è un po’ di tutto. Contro Indiana si contorce con la destra piuttosto che usare la sinistra. Contro Chicago e Phila dimostra di avere ancora molto da imparare (ma ci sta, compirà 20 anni ad agosto); prima si schianta contro il raddoppio di LaVine ignorando il compagno sotto canestro, poi tenta la zingarata in contropiede buttandosi in area con quattro giocatori dei Sixers attorno a lui.
Il problema dell’area affollata, con i difensori che tendono a concedergli spazio, è una conseguenza dei suoi problemi al tiro. Il jumper è ancora un enorme work-in-progress, e il ragazzo ne è consapevole. Sta tirando dal campo con il 40% e da tre con il 32% scarso e, nel farlo indugia troppo nel palleggio: il 28% dei suoi tiri arriva dopo tre-sei palleggi, e li manda a bersaglio con un mediocre 38.8%. Per quanto riguarda invece le triple, ben 4 dei suoi 6.7 tentativi sono considerati open da NBA.com, pur essendo convertiti solo con il 31%: tra i giocatori con almeno 25 partite giocate e 4 tentativi a partita da oltre l’arco, Edwards è il settimo peggiore per percentuale di conversione dalla lunga distanza.