Vuoi per la scritta Chosen One che campeggia da spalla a spalla sulla sua schiena, vuoi per le luci dei riflettori che gli stanno addosso da quando aveva 16 anni, la carriera di LeBron James è sempre stata sottoposta ad un continuo scrutinio, come poi accade solo ai più grandi, a maggior ragione nell’epoca dei social network.
Il 31 maggio 2007, LeBron si trovava di fronte alla prima grande occasione per dimostrare il proprio valore sul palcoscenico più importante di tutti, i playoff NBA. I Cavs erano reduci da una stagione da 50 vittorie ed erano arrivati in finale di Conference, la prima dal 1992, contro una squadra più che abituata a stare a quei livelli, i Detroit Pistons.
Che quella squadra andasse dove la portava il numero 23 era palese, basta guardare il roster, ma quella gara 5 fu il primo capitolo di una storia che abbiamo avuto il piacere di vedere dal vivo, una storia scritta da uno dei più grandi di sempre (lascio decidere a voi la sua posizione nel ranking).
EQUILIBRIO
È stata questa la parola chiave durante tutta la partita, e la serie in generale. In tutta la serie, Detroit non è mai stata in vantaggio di più di 7 punti, e anche gara 5 segue questo spartito: nel secondo quarto la squadra di casa arriva per la prima volta nella serie a +8, salvo poi vedersi rosicchiare il vantaggio dagli ospiti.
Entrambe le squadre hanno giocato con il loro quintetto classico, anche se Cleveland ha rischiato seriamente di trovarsi senza Larry Hughes, in forte dubbio per un problema al piede, poi superato con le infiltrazioni del caso.
A differenza delle altre partite della serie, in gara 5 Detroit ha sicuramente attaccato meglio, grazie alla supremazia a rimbalzo (45 a 39 il computo totale) e a i canestri in transizione, soprattutto nel primo tempo. Nella prima frazione di gara, LeBron è stato tenuto a bada dalla difesa individuale di Lindsey Hunter, uno dei migliori difensori della Lega all’epoca, e in generale da quella di squadra, marchio di fabbrica da sempre dei grandi Pistons della storia: James ha finito la prima frazione con 13 punti, frutto di un 5-13 al tiro ma anche 5 degli 8 assist di squadra:
Qui Maxiell, che marcava Varejao, è lesto a cambiare con Webber e finire su LeBron, costretto a prendersi un tiro da posizione complicata: poi tre Pistons si gettano sul rimbalzo e lo fanno loro.
Qui, invece, è bravissimo il suddetto Hunter a resistere col fisico contro un James più grosso di lui, tenuto fuori dal pitturato e costretto ad arrestarsi per un tiro scomodo, che infatti finisce fuori.
Detroit finisce il primo tempo in vantaggio di 1: sicuramente un passo in avanti rispetto ai primi quattro episodi della serie, conclusi all’intervallo sotto di 6,12,3 e 7, rispettivamente. Peccato che questo dato a fine partita non significherà nulla.
EPIFANIA
LeBron parte in panca nei primi minuti del quarto quarto, e a 5 e 30 dalla fine il tabellino dice 21 punti totali, ma solo 2 nell’ultima frazione. Nelle prime due gare, due sconfitte, i punti nell’ultimo periodo erano stati 2 e 3; nelle vittoriose gare 3 e 4, invece, 12 e 13: è evidente che serviva un cambio di rotta per dare ai suoi una chance.
La difesa dei Pistons ha lavorato benissimo su James, costringendolo a tiri difficili o a dover scaricare il pallone, come in questo caso:
Una volta che LeBron chiama il blocco, Maxiell si sposta a destra e a sinistra di Gooden, ignorandolo completamente e dedicando le sue attenzioni a James; il giocatore dei Pistons riesce a contenerlo bene e, complice anche il puntuale aiuto di Sheed, il 23 è costretto a scaricare in angolo per la tripla di Gibson, sbagliata.
Tra parentesi, Boobie Gibson fu una vera e propria sorpresa per i Cavs in quei playoff. Il rookie da Texas è stato una comparsa nelle prime 13 partite di playoff di quell’anno (13 minuti di media con 4.5 punti e il 37% al tiro), salvo poi apparire in gara 4 con 21 punti in 35 minuti, frutto di un 4/7 dal campo e di un perfetto 12/12 dalla lunetta. In quella gara 5, Boobie metterà a referto 11 punti con un +8 di plus minus in 30 minuti, e in finale contro San Antonio andrà in doppia cifra in tre partite su quattro.
Tornando al protagonista del discorso, a 3 minuti e 10 secondi dalla fine, Detroit si è portata a +7 con un 10-0 di parziale, quando ecco apparire LeBron: crossover su Maxiell, schiacciata e parziale finalmente chiuso per dare il là alla rimonta che porterà a due overtime.
Vi metto qui il link con i 48 punti finali di LeBron, che ha punito Detroit in tutti i modi, andando al ferro e guadagnandosi tiri liberi, ma anche trovando una continuità al tiro che all’epoca ancora non gli apparteneva (nella stagione 06-07, James tirò col 32% da tre su quattro tentativi a partita):
Dopo l’ultimo canestro, un’entrata favorita anche dalla difesa di squadra piuttosto passiva dei Pistons, per una volta, Steve Kerr, all’epoca commentatore di TNT disse della sua prestazione: “This is unbelievable. This is Jordan-esque”. Come Jordan, niente di più, niente di meno.
Cleveland chiuderà poi la serie a gara 6 per poi essere spazzata via 4-0 in finale da una squadra molto più forte e matura di loro, gli Spurs.
Il 31 maggio 2007 si è assistito al primo capitolo di una saga, quella di LeBron, che si è arricchita di tanti successi e momenti memorabili e che ancora ci stiamo godendo.