NBA: benvenuti al Tyrese Haliburton Show

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Haliburton

18 novembre 2020, la notte del draft NBA. Un draft diverso da quello che siamo abituati a vedere, a causa della pandemia da Covid-19 che ai tempi ci costringeva a rimanere chiusi in casa. Come noi anche Haliburton guardava dal proprio divano mentre Adam Silver leggeva i nomi degli 11 giocatori scelti prima di lui, quasi come se il proprio nome non arrivasse mai. Poi però tocca ai Sacramento Kings, che con la scelta n° 12 scelgono Tyrese Haliburton, guardia proveniente dall’Università statale dell’Iowa, probabilmente non consapevoli di aver appena preso quella che in gergo si definisce una “steal”, ovvero un giocatore di valore più alto rispetto alla scelta a cui è stato preso.

Tyrese dopo essere stato chiamato rimane inizialmente con il capo chino su se stesso, quasi a nascondere qualcosa, per poi far trasparire un entusiasmo contenuto, simbolo di una sorta di timidezza che assieme alla bontà sembra costituire il tratto caratteriale principale del giocatore. Il classico ragazzo d’oro con la tipica “baby face”, soprannome usato sporadicamente anche per Steph Curry, con cui Haliburton condivide più della semplice espressione da bravo ragazzo.

Proprio questa settimana, in occasione della finale dell’NBA Cup, è uscita un’intervista in cui al playmaker di Indiana viene chiesto se ricordasse quali fossero tutti i giocatori scelti al draft prima di lui. Haliburton risponde senza esitazione – ma sempre con quel sorriso a 36 denti con cui siamo abituati a vederlo – ed elenca tutti gli 11 giocatori scelti prima di lui, facendoci pensare che quando teneva la testa bassa dopo essere stato scelto al draft, nascondesse sì un po’ di tensione, ma anche un po’ di frustrazione per essere stato scelto così tardi (o comunque dopo certi nomi).

L’uomo del momento

In queste settimane Haliburton sta facendo molto parlare di sé sia per le sue ottime prestazioni che per quelle dei suoi Indiana Pacers, i quali si sono conquistati la finale dell’In Season Tournament proprio sotto la sua guida. Finale poi persa contro i Lakers. Nonostante la sconfitta, l’NBA Cup di Haliburton è stata decisamente degna di nota: la guardia ha chiuso con 26.7 punti di media, 13.3 assist e solo 2 turnover a partita, mettendo in campo prestazioni clamorose come i 36 punti e 17 assist contro gli Hawks una partita dei gironi.

Proprio prima della finale anche Bob Myers, ex general manager dei Golden State Warriors che al draft del 2020 avevano la seconda scelta, ha affermato con tono ironicamente (ma non troppo) disperato di aver commesso un errore nello scegliere James Wiseman alla #2 anziché Haliburton. Tranquillo Bob, non sei stato l’unico.

É molto difficile pensare che la sopravvivenza della franchigia di San Francisco sarebbe potuta passare interamente dalle mani della guardia classe 2000, però sarebbe stato innegabilmente interessante vedere che strada avrebbe potuto prendere l’evoluzione del giocatore (e anche della dinastia Warriors) sotto l’ala di un campione come Steph Curry (oltre a Klay Thompson, Draymond Green e Steve Kerr).

Paragoni sprecati

Haliburton condivide con Steph anche una meccanica di tiro non convenzionale che gli era valsa alcune critiche, soprattutto prima di essere draftato. La stessa cosa però era successa anche a Curry in virtù del suo atipico modo di tirare che tutti abbiamo imparato a conoscere, ma non a difendere. La storia si sta ora ripetendo anche con Haliburton: la sua rapidità e le sue lunghe leve gli permettono di creare la separazione necessaria dal difensore con una facilità a tratti disarmante (il 36% dei suoi tiri avviene con 6 o più piedi di distanza dal difensore), rendendo insignificante il fatto che la sua meccanica di tiro avvicini pericolosamente il pallone al difensore, tenendo la palla leggermente più in basso e in avanti rispetto alle meccaniche a cui siamo abituati. Il risultato? Un più che soddisfacente 44.5% da tre punti.

Haliburton ha dimostrato anche grandi abilità al tiro in catch and shootche realizza con il 50%, e anche nella creazione di tiri dal palleggio: la maggior parte dei suoi tiri (il 37.7%) arrivano dopo 7 o più palleggi, ma anche in questo frangente ha una percentuale di realizzazione appena superiore al 54%. Tutt’altro che malvagia.

Lo stesso Tyrese ha risposto con alcune considerazioni ad una domanda ricevuta sulle critiche mosse nei confronti della sua tecnica di tiro:

@swishcultures

Tyrese Haliburton talks about his efficiency with his shooting form and how scouts critiqued & thought his jumper would get blocked #tyresehaliburton #indianapacers #basketball #nba

♬ original sound – Swish Cultures

Per rimanere in tema di paragoni, Flavio Tranquillo ai microfoni di Sky ha paragonato questi Indiana Pacers ai Suns di D’Antoni, dicendo che si può vedere in Haliburton un “Nash 2.0.”, seppur il play classe 2000 non abbia l’arresto e tiro del canadese, rispetto al quale può però godere di qualche centimetro in più, che male di certo non fa.

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