Quella che è ormai molto vicina ad essere definita una pandemia, sta arrivando a toccare in maniera importante anche gli Stati Uniti. Il coronavirus ormai è un problema di rilevanza mondiale e anche l’NBA si trova a far fronte a possibili disagi.
Come successo in Italia, se il dilagare del virus dovesse aumentare ci sarebbe la possibilità o forse la necessità di giocare i match NBA a porte chiuse. Su tale eventuale provvedimento sono stati interpellati alcuni giocatori come LeBron James:
Giocare a porte chiuse? Nah, impossibile. Se dovesse succedere che mi presentassi al palazzetto e non ci fosse il pubblico non giocherei. Scendo in campo per i tifosi, per i miei compagni, per chi ci guarda. Senza queste componenti non ha senso giocare, piuttosto si rinviano le partite. Che facciano ciò che ritengano giusto, ma io senza pubblico non gioco.
Sulla stessa linea anche Kemba Walker:
Giocare senza pubblico sarebbe incredibilmente noioso e poco stimolante. Piuttosto si cancellano le partite e si recuperano poi. Detto ciò, la faccenda è molto seria quindi bisognerà prendere decisioni difficili.
In Italia questa è stata la posizione, decisamente condivisibile, presa per evitare l’inutile propagazione del virus, ma c’è anche chi deve poi far fronte a problemi economici come Varese (per fare un esempio) e il GM Andrea Conti ha spiegato ai nostri microfoni cosa significhi perdere incassi e pubblico in partite così importanti.
All’interno di queste emergenze si scontenta sempre qualcuno ed è praticamente impossibile fare qualcosa senza che qualcuno punti il dito. Giocare a porte chiuse, soprattutto in un spettacolo come l’NBA sarebbe brutto come lo è per i giocatori europei, ma ci sono cose che vengono prima.