C’è un marziano nella lega più importante del mondo, leader e franchise player in quel dell’Oregon, giocatore dalla stazza e fisicità non importanti ma genio inarrivabile per chiunque. Damian Lillard si sta confermando all’ottava stagione NBA come giocatore straordinario per costanza, grazie a delle medie paurose nelle ultime sei giornate – escludendo la trasferta di Denver – che però non devono far dimenticare ciò che di buono è riuscito a realizzare in una già strepitosa carriera.
I numeri totali
Da quando giunto ai Blazers nel Draft 2012 alla sesta chiamata generale infatti, il fulmineo natio di Oakland ha mantenuto una continuità sin da subito, arrivando oggi a progredire pure per quel che concerne la propria autostima da tramandare ai colleghi di parquet, lui mai famoso per atteggiamenti da leadership visto il pacifico linguaggio del corpo. Scorer e più che discreto assist man fin dal debutto, può vantare delle performance generali da far rabbrividire, con 24 punti precisi per game, 6 passaggi e mezzo, 90% sui liberi, .371 nelle percentuali dall’arco ed un quasi spaventoso 50% da due: numeri da sballo al pari dei miti di ieri e oggi, quali Jordan, LeBron e il da poco compianto Kobe! Se invece le statistiche venissero limitate dal 2015 in poi, anno della propria consacrazione, subirebbero un decisivo balzo ancora più avanti e lo porrebbero ai vertici di tutti i tempi!
La striscia recente
Venendo alla recente accelerata, fatta di sei incontri giocati da alieno, troviamo 48 punti prima e 51 poi in due decisive sfide d’elite portate a casa dai Blazers, in un’annata tutto tranne che fortunata finora, espugnando i Lakers nell’emotional night per Bryant e strapazzando i Jazz – team numero 1 a ovest da metà dicembre a fine gennaio – fra le mura amiche. In particolare questa tornata rimarrà nella storia, con Dame a chiudere 17 su 29 e 9 su 15 da tre, addizionando inoltre 12 assist e finendo con la responsabilità di 79 pts sui 124 di squadra! La striscia in questione è valsa il best player of the week e le grida MVP da parte non solo dei suoi tifosi, ma di chiunque stia assistendo a tali dimostrazioni sovrumane. E’ stato il terzo 50 point-game nelle ultime due settimane, col tabellino a recitare sotto la voce score 61, 47, 50, 36, 48 e 51, media poco sotto a 50 alla quale unire più di 10 assist e 8 rimbalzi alla vigilia di Utah e un fantasmagorico 55% da due e 49 da fuori! Rimarrà a vita nella memoria Nba per essere il primo a superare i 45 punti e 10 assistenze a partita in sei uscite consecutive. Quel che ha più volte riferito anch’egli, di tutto ciò restano le cinque vittorie che hanno riportato Portland in scia postseason, l’assenza dalla quale comporterebbe un fallimento epocale in zona Oregon!
L’aspetto da eroe buono e mite non lo ha mai messo sotto i radar mediatici, nonostante sia 5-time All-Star e 4-All-Nba teams; adesso entra nel gota mondiale, con un primato nelle ultime 20 stagioni da condividere niente di meno ad Harden e Kobe. Se il primo a Gennaio 2019 e il secondo nello stesso mese del 2007 siglarono 49.8 e 48.8 punti in sei sfide, Lillard ha eguagliato Bryant nella sua streak attuale, facendosi però preferire in tentativi da fuori (49 contro i 31 e 21 dei due), in percentuali FG (54.8 anziché 45.1 e 52.1), da tre (57% invece di 30.1 e 42.9) e nei liberi, grazie al 92.3% piuttosto di 89.5 del Barba e 91.1 del mito giallo viola. Damian è adesso un big a tutti gli effetti ed eterno prospetto franchigia al pari degli Splash Brothers, Giannis e LeBron, capace di vincere ed indirizzare un match autonomamente, limitrofo al greco nel secondo posto in realizzazioni, a James e dietro Doncic tra i top per offensive rating (giocando a differenza di loro in un team perdente), sui 3-pointers e liberi, sesto su assist e un +12.5 net per 100 possessi.
Senza aiuti non si va lontano
L’assenza di Nurkic si è purtroppo fatta sentire, nonostante Whiteside si sia riabilitato soprattutto da rim protector, e con la mancanza di un lungo formidabile in difesa ma pure dalla mano caliente e affidabile non si è assecondato al meglio un backcourt crack come quello formato da Lillard/McCollum, combo letale e versatile; tutto ciò ha creato non pochi scompensi e un primato sottostimato. L’infortunio di Hood ha fatto il resto e “l’ultima chiamata” per Carmelo conferma le difficoltà (risapute) a protezione del risultato a fronte di una qualità seconda a nessuno in avanti. Incontrare una compagine esperta, attrezzata al vertice e gruppo coeso da anni (Denver) ha purtroppo di nuovo messo in mostra le crepe tecnico/tattiche degli uomini di Stotts, a tratti assenti ed irritanti in copertura. Bloccare e triplicare Lillard lo ha inoltre escluso dal tabellino (solo 21 pt), anche se l’intelligenza del ragazzo lo ha portato a dedicarsi per lo più negli scarichi, ma le problematiche si sono tutt’altro che risolte! La comunque lodevole e recente progressione di Portland (5-2) potrebbe essere complementare all’arrivo di Trevor Ariza, spento ai Kings ma qui di nuovo luminoso, il cui innesto nello starting lineup recupera ciò che la dipartita di Jusuf aveva accentuato, aggiungendo esperienza e versatilità a 360°. Ottimo in retroguardia, attendibile al tiro e insieme marcatore sotto al ferro ma anche abile ad allargare il gioco: questo è il bilancio iniziale in sei sfide per Trevor, l’avvento del quale è costato l’addio a Bazemore, Tolliver e due seconde scelte. A nostro avviso il baratto si è reso necessario per assaltare lo spot playoff nella Western Conference, che unito alla prossima pausa All Star, termine individuato per il completo recupero del bosniaco, significa rinnovata fiducia per il futuro e verso aiuti consistenti, che possano permettere a Dame di proseguire l’incredibile scalata stagionale in primavera e a noi di continuare a godere delle sue gesta.