Quando gli americani avevano pensato al Draft come sorta di riequilibrio delle gerarchie (sportive) sociali all’interno delle loro innumerevoli regole, era ben chiara nelle loro menti la concezione di quel “give a chance” su cui han fondato una nazione. Dunque, la regola base per giudicare una chiamata, dovrebbe essere quella legata a una squadra derelitta che chiama il migliore sulla piazza fra i giovanissimi. Purtroppo però le leggi del mercato, i tempi che cambiano, le cantonate prese qua e là han creato quel fantasma del “Draft scienza inesatta per eccellenza” che oggi troviamo costantemente ripresa da ogni esperto della categoria. Il domino di scambi, sottobanco e non, che poi ha contraddistinto questa edizione targata 2018, è un invito a nozze non solo per rifondare appieno diverse franchigie, ma anche e soprattutto per pronosticare i possibili movimenti dei tanti e sicuri free agent, per cui si prevede una polveriera nel prossimo mese. A districare la matassa ci aiutano le parole, ispiratrici come non mai per questa batteria di futuribili giocatori, di Jimmy Cliff, in “Keep your Eyes on the Sparrow“:
I know just where I want a be
Right or wrong I’ve got to face my destiny
Somebody tell me to
Keep your eyes on the sparrow
Keep your eyes on the sparrow
Watch yourself, what you do
Mind your back, what you choose
For tomorrow
PHOENIX IMPERAT, PHILA COGITA
L’unica vera chiamata scontata era la #1 con Phoenix che ha scelto Ayton come lungo su cui costruire il proprio futuro. Non ce ne vorranno i tifosi dei Suns, ma le ultime scelte di lunghi della franchigia dell’Arizona sono state davvero disastrose, quindi si spera di invertire il trend con un giocatore che deve mettere muscoli, ma ha già i complementi giusti per poter incidere e spostare gli equilibri in vernice. Embiid non ha mancato di marcare il territorio proponendo in via immediata un confronto col pari ruolo, che ha definito “meno difensore”. Come si suol dire, excusatio non petita… Per la franchigia dell’Arizona, inoltre, c’è un’altra buona mossa, con uno scambio con Philadelphia passato sotto traccia ma che può avere risvolti analoghi a quella famosa correlazione tra il battito d’ali di un colibrì e un tornado dall’altra parte del mondo: ai Suns arriva la #10 Mikal Bridges, slasher da Villanova e che non ha avuto nemmeno il tempo di festeggiare la chiamata dai 76ers, squadra della sua città, che già il cappellino sulla sua testa era cambiato. Nella città dell’amore fraterno arriva la #16 Zhaire Smith, giocatore non certo da buttare, ma la chiave è che, il risparmio tra il contratto dei due possibili rookie libera spazio salariale che, unito a quello che deriverà dalla cessione di Bayless e dal non rinnovo di qualche Ufa, serve a mettere i 76ers a caccia di Kawhi Leonard.
SACRAMENTO, DALLAS, ATLANTA E “TILT” ORLANDO
La #2 poteva essere un problema. Divac aveva le mani sul destino della franchigia e ha scelto di seguire la strada tracciata da Charles Barkley che non si fida degli Europei. La scelta è stata spesa su Marvin Bagley III, ala pura uscita da Duke che può rappresentare una seria addizione per la franchigia californiana del futuro. Chissà che però il buon Vlade non debba pentirsi di nuovo di non aver scelto uno slavo, perchè se con Petrovic, causa natura avversa, non ci fu possibilità di recovery, con Doncic passato via potrebbe essere scomoda, visto che il ragazzino dimostra attributi e nel campionato americano non può che migliorare. Se lo godrà Dallas, che ha scambiato la sua scelta con Atlanta, “lasciando” Trae Young, da tutti ribattezzato il “Curry 2.0”. Mossa interessante quella di Cuban, che comunque aveva già a roster il suo play del futuro, Dennis Smith jr, nonchè dovrà sfogliare la margherita tra S.Curry, Yogi Ferrell e JJ Barea su chi sarà il backup vero. Occhio ai texani, che potrebbero non rinnovare nessuno di questi (e alla lista aggiungete anche Mejiri) e provare a portare DeMarcus Cousins in maglia Mavs. Atlanta si gode la sua presa, che addiziona qualcosa al suo attacco, ma di sicuro ora sarà costretta a mettere sul piatto dei partenti Schroeder. Silenti e inosservati i Memphis Grizzlies si prendono alla #4 Jaren Jackson jr, mentre alla #6 ecco il primo turning point del Draft: Orlando. Glieli hanno soffiati tutti, sia quelli che erano fortemente voluti, sia quelli che potevano servire al progetto. Dunque chi prendi? Bamba! Bella presa, anche se a referto c’è già Vucevic in quel ruolo, stella del team della Florida. Altro partente?
NEL MONDO SOMMERSO
Partiamo da Cleveland, che voleva Sexton e lo ha preso, anche perchè la “tide” point guard uscita da Alabama è la chiave per poter provare a offrire a LeBron qualcosa in termini “tecnici” per continuare in maglia Cavs. Dal ragazzino ci si aspetterebbe un ringraziamento qualsiasi, ma ai microfoni della stampa esclama:
Cercherò di convincerlo a restare!
Sicuramente ha carisma da vendere, ma King James potrebbe anche apprezzare ma di sicuro deciderà con la sua testa, come si addice ai regnanti. A New York arriva Kevin Knox, mossa alla Porzingis che il Barclays Center prontamente fischia come aveva già fatto per il lettone, anche qui bene ma non benissimo. Il vero deluso della nottata è Michael Porter jr, che finisce alla #14 in quel di Denver. Troppe le preoccupazioni legate a quella schiena malandata: in zona ci sono gli stessi specialisti che si sono presi cura di Danilo Gallinari quindi il richiamo clinico può essere il medesimo. Scambio di scelte tra Hornets e Clippers: in Carolina arriva Miles Bridges, a Los Angeles Gilgeous-Alexander, due da seguire e possibili merce occulta di valore. Scelta strana quella dei Bucks che scelgono “red ragù” DiVincenzo, eroe di Villanova, che completa la batteria di small guard con Brogdon, Bledsoe e DellaVedova. San Antonio ci riprova, con una di quelle chiamate che non ti aspetti ma che hanno tanto da offrire con la crescita che ci si aspetta all’ombra dell’Alamo: Lonnie Walker IV è una guardia con apertura alare notevole, da formare difensivamente su una buona base, così come era avvenuto a suo tempo per Kawhi Leonard.
…AND OTHER STORIES
La scelta affascinante per antonomasia va attribuita ai Jazz, che sono una squadra sempre fuori dagli schemi, che sceglie “the most hated one”, il dirty Grayson Allen. Difensivamente capace di cambiare su chiunque, ottimo tiratore se serve, giocatore di sistema che può fare la differenza per coach Snyder. Già ha ricevuto la benedizione di Mitchell, avversario di mille battaglie che non vede l’ora di lavorare col suo ex nemico. Poco detto dei Lakers, che con Wagner prendono un pivot di prospettiva e che non occupa spazio salariale eccessivo, così come la scelta nel tardo secondo giro. Non arriva la chiamata di Ball no.2, per cui papà Lavar si aspetta un two-way a breve. Il tanto cap disponibile fa pensare a una caccia spietata a Leonard, sul cui futuro incerto è però arrivata la smentita di RC Buford che ha dichiarato che la prima opzione di casa Spurs è quella di tenersi stretta il numero 2. Scelto alla 55 Kulboka, ex Capo d’Orlando, che proverà agli Hornets, con la #60 i Knicks si prendono il terzo fratello Antetokoumpo. Interessante la scelta, sempre dei Lakers, di prendere Mykhailuk, tiratore mortifero per quello che si dice.
potrebbe essere che lo steal sia Williams non citato nell’articolo,Boston cmq gran presa,altro steal per me Holiday …poi a Dallas come backup c’e’ pure Brunson , che se fosse poco utilizzato potrebbe diventare un colpaccio per le big europee tra qualche anno. Possibile bust? io dico jerome robinson ma anche okogie,hutchinson e musa non mi convincono affatto