Gara 7 delle Finali NBA 2010 è stata tutto quello che un appassionato di basket potesse desiderare: una partita da dentro fuori giocata con grandissima intensità tra le squadre che condividono la rivalità più antica, accesa e prestigiosa di tutto lo sport americano. Questi giorni vuoti di sport in tv sono stati un’ottima occasione per tornare indietro nel tempo e rivivere l’ennesimo capitolo di una rivalità senza fine.
NO PERK, NO PROBLEM
I Celtics hanno affrontato l’ultima gara della stagione senza Kendrick Perkins, spostando in quintetto Rasheed Wallace, mentre i Lakers avevano la squadra al completo (l’opposto di quanto avvenuto nel 2008, con Bynum fuori e Ariza rientrato da poco dopo un infortunio al ginocchio). I Lakers fanno vedere fin da subito la loro fisicità e la loro stazza sotto canestro, attaccando Wallace con Bynum e sbagliando tanto ma rimediando con tanti rimbalzi offensivi; a fine serata saranno 23, il triplo dei loro avversari. Nonostante ciò, la squadra di Phil Jackson fatica terribilmente a segnare, e saranno solo 14 i punti segnati alla fine del primo quarto. Kobe ha finito la partita segnando 23 punti con 6-24 dal campo e mettendo a segno il suo primo canestro dopo quasi nove minuti dall’inizio della partita, merito della eccellente difesa individuale di Ray Allen e di squadra dei Celtics, che lo raddoppiano ogni volta che Kobe mette palla per terra per avvicinarsi a canestro:
Prima è Allen che fa un ottimo lavoro individuale contro Kobe, e poi è il raddoppio di Pierce che costringe Kobe ad un tiro sbilenco lungo la linea di fondo. Per fare ciò, il numero 34 dei Celtics lascia completamente libero Artest da oltre l’arco: una costante, questa, della partita e della serie, come avremo modo di vedere dopo.
Boston, al contrario, ha giocato un primo quarto molto attento difensivamente, come detto, e molto paziente nella metà campo avversaria, usando il pick and roll per creare mismatch favorevoli e attaccarli. Il secondo tempo invece si apre con un parziale di 9-0 dei Lakers per pareggiare la partita e con Boston che deve aspettare 5 minuti prima di segnare il suo primo canestro dal campo del secondo quarto. Kobe è molto più altruista in questa seconda frazione, cercando non solo l’assist ma in generale di sbarazzarsi del pallone prima che i giocatori di Boston convergano su di lui. LA chiude il primo tempo sotto di 6 punti, un divario fin troppo risicato per Boston, che ha visto i Lakers tirare con solo il 26% del campo, con le due stelle Kobe e Pau che hanno messo assieme un misero 6-26 dal campo.
UN’OCCASIONE SPRECATA
Si può sintetizzare così il secondo tempo giocato da Boston, che ha comunque disputato un ottimo terzo periodo sotto il segno di Kevin Garnett. L’ex Minnesota ha giocato una grande partita contro Gasol, perlomeno nei primi tre quarti, imbeccato spesso da Rondo, autore di un’ottima prova da 14 punti, 8 rimbalzi e 10 assist. I Lakers ricuciono lo svantaggio grazie alla difesa di Artest, protagonista nella propria metà campo con 5 palle rubate, il motivo principale del 5 su 15 al tiro di Pierce. Con il passare dei minuti cresce anche Paul Gasol. Il catalano fu criticato tantissimo per l’atteggiamento passivo mostrato nel precedente episodio tra le due squadre in finale, nel 2008; due anni dopo ha saputo prendersi la rivincita, salendo di livello nell’ultimo quarto, quando è diventato il vero go-to-guy della squadra. L’ex Memphis ha messo a referto 18 rimbalzi, di cui 9 offensivi, e ha tentato 13 tiri liberi (meglio di lui solo Kobe con 15). Il canestro a 1.30 dalla fine, di forza contro tre Celtics è un po’ il manifesto della sua crescita soprattutto a livello mentale, che è mancata nel 2008 ma che è riuscito ad avere nel 2010, grazie probabilmente all’esperienza accumulata al livello più alto del basket NBA, i playoff:
Prima di questo, Gasol si era anche reso protagonista di due stoppate, di cui una ai danni dell’uomo che fino a quel momento gli aveva procurato non pochi grattacapi, Kevin Garnett.
Con i Lakers a + 6 a 1.30 dalla fine, Boston risponde con la tripla di Sheed, a cui poi fa seguito quella di Artest; l’ex Pacers riceve il pallone da Kobe, tentenna nonostante Pierce lo avesse lasciato per aiutare su un suo compagno, ma poi lascia partire lo stesso il tiro, per il nuovo +6. In quella serie Artest tirò da tre con il 34%, con Pierce che lo ha più volte ignorato lasciandolo libero oltre l’arco; quella sera, prima della tripla di cui sopra, il nostro stava tirando 1-6 da tre, ma quello che era successo prima non gli importava: Kobe gli aveva affidato un pallone decisivo, e lui si è fatto trovare pronto.
Pensando a quella partita, è giusto che i Celtics si mangino le mani; sono stati la migliore squadra in campo per quasi tre quarti, ma i Lakers sono riusciti a riagguantarla con la difesa e i rimbalzi in attacco, che nel secondo tempo hanno prodotto, se non canestri, almeno tiri liberi. A Boston è mancato tremendamente Ray Allen, come poi in tutta la serie; la sua difesa contro Kobe è stata eccellente, come detto, ma il 3-14 al tiro in gara 7 è impresentabile, così come la percentuale da tre in quelle sette partite, 29%.
Kobe non ha esattamente giocato la sua miglior partita, ma ha ottenuto quello che voleva, ossia la rivincita sui Celtics, finalmente battuti, che lo ha definitivamente messo al pari degli altri grandissimi in maglia Lakers. Non che ce ne fosse bisogno, chiaro, ma battere Boston, per un Laker, rappresenta una vera e propria investitura, e lui l’ha ricevuta sul palcoscenico più prestigioso di tutte, una gara sette di finale NBA.
A rivederle oggi, queste immagini, fanno un po’ più male del solito.