NBA, Golden State Warriors: è la fine della dinastia dei big three?

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Klay Thompson
Credits: IPA Agency.

Game. Set. Match. Season. Dynasty. I Golden State Warriors hanno perso il match da dentro o fuori contro i Sacramento Kings, venendo così eliminati direttamente dal play-in tournament e salutando in maniera definitiva le loro speranze di playoff (accoppiamenti e altro qui) e titolo.
La sensazione generale, da quello che si legge un po’ dappertutto e anche e soprattutto dalle parole degli stessi protagonisti, è che con la sconfitta di questa notte non sia terminata solo questa stagione, ma l’era dei big three di Golden State per come li conosciamo. Quasi dieci giorni fa, prima dell’inizio dei play-in, ci eravamo chiesti se questo sarebbe potuto essere l’ultimo anno degli Warriors o se il ciclo fosse già finito. Stanotte abbiamo probabilmente avuto la risposta.

Una sconfitta netta e meritata

Gli Warriors questa notte si sono sgretolati proprio nel terzo quarto, in una maniera quasi simbolica, visto che storicamente quello era sempre stato il momento in cui erano loro a decidere le partite prendendo il largo. Questa notte invece hanno subito un parziale di 26 a 37 nella terza frazione, scavandosi un divario troppo ampio dai Kings, i quali erano oltretutto privi di Monk e Huerter e quindi decisamente non al pieno delle proprie forze.
A Golden State non è bastato il solo Curry per tenere in vita la squadra per l’ennesima volta: Steph è stato l’unico giocatore a raggiungere i 20 punti segnati, con Kuminga e Moody fermi a quota 16 come secondi migliori realizzatori. Steph si è fermato invece a quota 22 punti, tirando 8/16 dal campo e 3/7 da tre punti.
Il vero assente della notte è colui che questa estate potrà sancire la fine anche formale del big-3: Klay Thompson, che ha chiuso la serata con 0 punti e 0/10 al tiro, dimostrando ancora una volta di non essere mai tornata il Klay che conoscevamo prima del doppio infortunio.
Anche l’assenza di Draymond Green dal punto di vista nervoso è sotto gli occhi di tutti ormai da diversi mesi, con le innumerevoli espulsioni scellerate che non solo hanno dimostrato che i giorni di Golden State sono praticamente finiti, ma anzi sono state proprio la prima causa dell’inizio del tracollo degli stessi Warriors.

Le sensazione e le dichiarazioni

A fine partita Steve Kerr è stato molto lucido e maturo nell’analizzare la situazione della propria squadra, evitando di lasciarsi andare a dichiarazioni che potessero essere premature e figlie della delusione di una sconfitta bruciante, ma più in generale di una intera stagione molto complicata. Quello che secondo Kerr non è mancato nel corso di tutta la stagione è stato l’impegno da parte dei propri giocatori, i quali banalmente non sono stati abbastanza bravi per arrivare fino in fondo, cosa che però non gli impedisce di essere fiero dei suoi ragazzi.
Parlando molto realisticamente Kerr ha detto che nella vita le cose funzionano così, che non si può stare al massimo per sempre e che si preoccuperanno più avanti di quello che succederà quest’estate, anche se è molto importante che qualcosa cambi a Golden State, evitando di aspettare immobili come hanno fatto durante questa stagione.

Un’estate complicata

Nella baia non si prospetta un’estate di decisioni semplici: come dicevamo prima, Klay non ha ancora dimostrato di poter essere con costanza il giocatore che è stato fino al duplice infortunio che lo ha tenuto fuori per più di due anni dai campi da gioco. Bisognerà capire se la richiesta che avanzerà il giocatore terrà conto di queste considerazioni oppure se il contratto richiesto sarà comunque molto oneroso, in virtù del fatto che a Orlando sembra essere pronta una grande offerta per lo stesso Thompson. Quest’altra possibilità lo aiuterà certamente ad alzare le cifre necessarie perché Golden State riesca prolungare la sua permanenza, che a detta di Kerr è assolutamente necessaria.

 

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Non sappiamo ancora cosa succederà nella prossima finestra di mercato e sicuramente è presto per fare speculazioni, tuttavia è certo che se gli Warriors vorranno tornare ad essere competitivi dovranno sicuramente cambiare qualcosa nel proprio roster (anche in maniera radicale), che dopo aver visto i suoi anni migliori con 4 titoli, non può più vincere senza prima essere rivoluzionato.
Come dicevamo all’inizio, ci eravamo chiesti se il ciclo fosse arrivato al termine o meno, e ora è il momento di risponderci definitivamente: è difficile da dire quando si parla di fenomeni come Curry, Thompson e Green, ma ad oggi ogni indizio ci suggerisce la stessa conclusione, ovvero che è finita la dinastia Warriors per come la conoscevamo .

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