L’ampio margine sull’ultimo posto disponibile per l’accesso in postseason dimostra come i Pacers siano ripartiti da dove si erano fermati l’anno passato, prima della dipartita della loro iconica superstar, Victor Oladipo, il cui crack aveva in pratica interrotto ogni sogno di gloria per poter affrontare alla pari (?) tutti i competitor della Eastern Conference ai playoff.
L’imminente rientro di Oladipo: basterà per spiccare il volo?
A quasi un anno dall’atroce infortunio al tendine del quadricipite, la guardia 27enne sembra prossima al rientro sul parquet, dopo “prove del 9” di allenamenti a metà campo e impegni in G League. Ex seconda scelta 2013 e da sempre grande atleta, si ritrova però reduce da numerosi acciacchi e problemi di ogni genere, oltre all’ultimo e gravissimo, come polso, schiena e fastidi vari al ginocchio, che ne mettono dunque in dubbio un ritorno al top e da MVP, ciò che in pratica si era visto fino a gennaio.
Anche a livello tattico un suo recupero andrebbe a stravolgere l’equilibrio che si è trovato finora, e perciò una presenza nello starting lineup sembra al momento da escludere, al pari di una ripresa massima, che darebbe ai Pacers una freccia decisiva per spiccare il volo ed avvicinarsi alle primissime piazze.
Altri infortuni che hanno rallentato la partenza
Il brutto inizio di stagione è stato caratterizzato altresì da nuove problematiche fisiche che hanno interessato due importanti membri della rotazione. Myles Turner si è slogato la caviglia in uno scontro con Garrett Temple a Brooklyn ed Edmond Sumner si è fratturato il metacarpo della mano a fine ottobre! L’assenza del primo (8 match) ha costretto McMillan a spostare il neo rinnovato Sabonis centro, ricevendo ottime risposte dall’ex sesto uomo d’elite, che nella sua posizione “naturale” si è comportato egregiamente, pagando però forse in stanchezza, costretto a sgobbare 36 minuti a notte, lasciando inoltre sguarnita la sua vecchia mattonella, anche perché dalla matricola Bitadze è un po’ presto per avere più di 10 minuti affidabili da backup.
Col secondo out, alternativa anch’egli ad entrare in quintetto per “allungare” il lituano da 5, Aaron Holiday ne ha fatto le veci e Jeremy Lamb ha ricevuto una manciata di tempo aggiuntivo. Si è optato ad inserire in alternanza Warren e McDermott da quattro, permettendo a Justin Holiday e TJ stesso di gravitare da ala piccola, ottenendo quasi i medesimi punti per possesso in entrambi i casi ma difendendo meglio con l’ex Washington college in titolare.
Brogdon subito leader
L’acquisto più importante dell’anno, arrivato in punta di piedi insieme a Lamb e Warren, per Collison, Young, Matthews, Evans e Joseph, si sta rivelando una fantastica aggiunta, portando Indiana ad un record abbondantemente sopra il 50%. Intelligente smart eye, sta adattando le sue caratteristiche ai propri compagni, ricavando però anch’egli dei vantaggi dal nuovo team, meno esplosivo e rapido di Milwaukee ma più diligente in difesa e a coprire l’area. Per questi motivi i suoi marchi di fabbrica, una grande visione di gioco e le incessanti penetrazioni, amplificate ancor di più come si vede da falli subiti e liberi in aumento, creano superiorità numerica vicino al pitturato e permettono da un lato lo scarico per i tiratori dalla media o da fuori, i fratelli Holiday, McDermott, lo stesso Lamb e soprattutto Warren, solito cecchino, e dall’altro numerosi pick and roll con Sabonis e Turner, lunghi atipici in post passo ma implacabili da distanza ravvicinata e mid range.
I risultati sono sotto gli occhi di tutti e i miglioramenti statistici, tranne sulle percentuali da tre, sono in netta progressione, sia nello score (19 punti e quasi 8 assist per game), nella difesa (rimbalzi e recuperate) e nel minutaggio! Rispetto alla grande stagione con Giannis, che non smette di rimpiangerlo, avrà certamente diminuito le aspettative di gruppo ma ha trovato la giusta dimensione per ergersi al top dell’intera lega, come una delle migliori point guard del panorama NBA, amato e stimato da tutto il roster per l’umiltà con la quale si è posto a dispetto delle enormi capacità.
Per competere manca qualcosa
Indiana è una franchigia difficile da affrontare per tutti, sia in attacco, per merito di un ball movement in costante crescita, che soprattutto in difesa, grazie a stazza (Turner), reattività (Sabonis), aiuti nel pitturato e aggressività contro il palleggio. Il pregio principale, al pari della scorsa stagione, è la profondità del roster, con molti elementi da doppia cifra e cambi rispettabili in ogni ruolo; qualità queste che ad altissimi livelli possono però divenire un boomerang: tanti giocatori di pregevole fattura ma nessuno in particolare al quale cedere clutch moment sono caratteristiche che non collimano con gli standard da top team! Lakers, Clippers, Rockets e gli stessi Bucks ci sembrano ancora di un altro pianeta, dato che oltre a numerosi quality player per mantenere elevato il ritmo nei quattro periodi di gioco, hanno infatti closer MVP per vincere incontri punto a punto o quando non in giornata. Anche Sixers, Celtics e Mavericks hanno peculiarità offensive maggiori che qui in Indiana, dove si può battere chiunque ma allo stesso modo, per i motivi appena accennati, si incorre facilmente in sconfitte non preventivate con club sulla carta inferiori, per l’assenza di quell’hype sufficiente ad invertire la rotta quando un gioco corale può incorrere in una gara storta.
Se Oladipo tornasse il campione che conosciamo, magari al fianco di Brogdon e senza le incombenze del passato in regia, il quintetto base diverrebbe formidabile al pari della panchina, dove elementi come Lamb o Warren sarebbero sesti uomini di lusso.