Dovrebbero essere finiti, bolliti, reietti che aspettano l’ultima svernata in Europa o in Cina, che si mantengono in allenamento con il torneo della Big3 e continuano a macinare canestri e – perché no – dollari. Invece a furia di imbucare tiri da 4 punti, di continuare a fare Triplets può succedere che qualcuno dalla cara e vecchia NBA decida di affidarti di nuovo una chance. Così è per Joe Johnson, prossimo giocatore dei Detroit Pistons, in un impossibile ritorno al passato che sa tanto di storia americana da film, ma che nasconde anche retroscena interessanti in materia di sentenze premature sputate dagli addetti ai lavori della lega di Adam Silver.
Mo-Town will burn again?
Vale la pena dire che Detroit brucia ancora, non di odio né di quell’intangibile insofferenza dell’essere che aveva reso grandi i Pistons di Thomas ed i Bad Boys: in Michigan c’è voglia di riscatto, di grande basket e le premesse per costruire una buona squadra ci sono tutti, anche dopo la buona stagione appena finita. Coach Casey ha preso la palla al balzo e ha deciso di affrontare la sfida con piglio nuovo e diverso, e dopo aver affinato le Twin Towers già dalla passata stagione, affiancando all’eterno incompiuto Drummond la ‘grande speranza bianca‘ Blake Griffin, era necessario regalare nuove speranze. Ecco quindi in un battito di ciglia due firme per due ragazzi che, sicuramente per quello che hanno fatto, ben potrebbero meritare un posto nella Hall of Fame, ossia D-Rose e appunto Joe Johnson. Per la serie, i conti col destino si fanno sempre alla fine.
Pistons che hanno bruciato la concorrenza in campo NBA, perché dopo il buzzer beater da 4 punti che ha regalato la vittoria (e il titolo di Mvp per Iso Joe) ai Triplets, erano già in programma parecchi workout per Johnson con squadre che magari avrebbero potuto necessitare di esperienza dalla panchina. Il contratto che è stato messo sul piatto è anche di quelli importanti, quasi 2 milioni e mezzo di dollari, ma con un garantito di soli 200 mila, che diventerà definitivo se il giocatore sarà ancora arruolabile a roster dopo l’epifania. Non bruscolini ma di certo anni luce di distanza, nel tempo e nello spazio, da quelli che erano i regimi di circolazione di un 7 volte all star.
Dai Rockets ai Pistons, con Beasley alla Sliding Door
Ultima esperienza NBA di Joe Johnson, anche se spesso dimenticata, fu quella ai Rockets di Mike D’Antoni e della prima era della coppia Paul-Harden, che arrivarono ad una sola partita ed a qualche infortunio nell’eliminare i Golden State poi campioni. Iso Joe era stato voluto dal coach che lo aveva accudito e coccolato già in quel di Phoenix, era diventato lo specialista che doveva dare fiato all’attacco uscendo dalla panchina, eppure le cose non erano andate poi così bene, con un minutaggio lentamente scemato e la chiara impressione che il giocatore visto ad Atlanta e Brooklyn fosse solo un lontanissimo ricordo nei falshback di video su youtube.
La reazione di Ice Cube, il rapper fondatore della Big3, è stata di sicuro bipolare, un misto tra gioia, impressioni positive sulla sua lega e la speranza che possa però rivedere l’anno prossimo Johnson. The “Original Gangster” come lo ha scherzosamente citato CJ McCollum, è tornato a fare il suo meraviglioso lavoro, ma ovviamente per un ingresso, le bizzose regole NBA prevedono anche un’uscita ed è Michael Beasley a farne le spese. Premesso che l’eclettico lungo – grande amico di LeBron – dovrebbe riuscire a trovare una squadra comunque, visto che ha comunque ancora parecchie cartucce da sparare, è singolare come il talento e l’esperienza possano battere un talento (seppur bizzoso) quando con esso non si sposa una decisa professionalità. Beasley potrebbe ritornare a New York, dove già le voci di un ritorno di Carmelo Anthony si fanno più insistenti, dove per qualche mese è stato davvero quel giocatore che “sarebbe potuto essere se…” ma è probabile che dovrà “accotentarsi” di una squadra di mercato minore. Se così si può dire, anche se per lui, magari, anche un palcoscenico come la Big3 potrebbe poi non essere da buttare…