È sempre meglio usare prudenza quando si parla di molte squadre nei primi mesi di stagione NBA, sia in positivo, che in negativo. Quello che sta succedendo in casa Sacramento Kings si pensava potesse essere archiviato in breve tempo, per tornare ad occuparsi di altro, di qualcosa di più serio e, soprattutto, duraturo.
In realtà, i Kings sono arrivati a Natale tre partite sopra il 50% di vittorie, e la sensazione di stare costruendo qualcosa di più duraturo e meno effimero di una semplice partenza lampo, per poi trovarsi fuori dai playoff come succede da 13 anni a questa parte, è evidente.
La squadra di Joerger è ben lontana dall’accesso ai suoi primi playoff dal 2005, ma almeno sembra poggiare le basi su principi ben definiti, seguiti con successo da tutti i componenti del roster.
CORRI, FOX, CORRI
A inizio stagione, Joerger assicurò che i suoi Kings avrebbero corso il più possibile, e alcuni giocatori gli fecero eco. Poteva tranquillamente passare come una delle solite promesse pre-stagionali che vengono poi smentite in una manciata di partite, e invece no. I Kings sono infatti secondi in pace, con oltre 105 possessi a partita: un salto enorme – letteralmente il giorno e la notte – dall’ultimo posto dello scorso anno, con 95 possessi a partita.
Molto ha certamente influito la crescita di De’Aaron Fox, che dall’anno da rookie ha guadagnato molta consapevolezza in più, e sta sviluppando uno skill set davvero intrigante e, soprattutto, completo.
I Kings sono primissimi per punti segnati in contropiede, con oltre 22 a partita, e Fox dà una grossa mano in questo:
Qui l’ex Kentucky prende il rimbalzo offensivo e parte in coast-to-coast concludendo al ferro. Un’azione che ricorda molto quelle di John Wall e di cui anche il numero 5 dei Kings si rende spesso protagonista. In generale, tutta la squadra è devota a questo tipo di gioco. Già da rimbalzo difensivo possiamo vedere almeno tre giocatori sprintare verso la metà campo offensiva per prendere di sorpresa gli avversari (non a caso, i Kings sono solo 20esimi per rimbalzi difensivi catturati di media, con 34). O anche da rimessa da fondo, perché no:
Tre quinti della squadra sono già oltre la metà campo quando Fox riceve palla per iniziare l’azione, sfruttando la sua velocità per chiamare a sé l’aiuto di Davis e servire comodamente Cauley-Stein, il tutto in 7 secondi (come piace a D’Antoni).
Visto che lo abbiamo nominato prima, Fox effettivamente ricorda molto Wall per la velocità in primis, ma anche per le buonissime letture che già ha mostrato, soprattutto quando manipola la difesa con la propria velocità per poi scaricare al compagno meglio posizionato. Dove invece è già nettamente più avanti del suo illustre collega è sicuramente il tiro da 3, che sta mandando a bersaglio con il 41%: passare dietro i blocchi contro Fox NON è una grande idea.
In generale i Kings stanno tirando benissimo da tre. Lo scorso anno erano terzultimi per triple tentate a partita, solo 24, mentre ora sono 19esimi (30 a partita). Sono sempre nella parte bassa della classifica, ma anche quest’anno, come nella stagione scorsa, sono molto bravi a convertirle in punti: 37.5% nel 2017-18 (terzi), 38.7 quest’anno (secondi). Fox ha dimostrato di poter essere anche un buon difensore sul pallone e di passare sopra i blocchi negando la ricezione. Le sue doti atletiche, poi, fanno il resto:
Aiuto dal lato debole…
…o chasedown block a fermare il contropiede. Spesso, queste giocate servono ad impedire un canestro avversario e a crearne uno per i Kings, anche grazie ad un giocatore che sembra finalmente aver trovato la propria dimensione in NBA.
“IL NOSTRO STEPH”
Quasi, diciamo. Queste erano le parole del proprietario Vivek Ranadive quando Sacto scambiò Boogie per, tra le altre cose, Buddy Hield, allora rookie dei Pelicans. No, Hield non è diventato Curry, né lo diventerà mai, ma il suo rendimento è una delle sorprese della stagione NBA, nonché uno degli ingredienti principali del successo dei Kings in questi primi due mesi di stagione.
Hield si è imposto come un attaccante di livello, principalmente un tiratore sugli scarichi, visto che il 29% abbondante dei suoi tiri da tre arriva in catch and shoot, ed è convertito col 49%. Al contrario, i pull up da tre entrano solo col 33% (pur se si tratta di una soluzione che Hield gradisce, essendo 2.5 i tentativi a partita). In realtà, l’ex università di Oklahoma è un tiratore piedi per terra un po’ particolare; non si piazza oltre l’arco aspettando magari che l’attacco crei un vantaggio con conseguente rotazione della difesa, bensì si muove costantemente.
Qui Hield scarica per Ferrell oltre l’arco. Conley sembrava mal posizionato, e invece riesce a chiudere in tempo sull’ex Dallas. Peccato che, in situazione di contropiede qual era, nessuno sia rimasto con Hield dopo lo scarico del pallone. Ecco quindi che Yogi lo serve una volta riposizionatosi in angolo, dove conclude, indisturbato, con successo.
Tra l’altro, l’angolo destro pare essere la sua posizione preferita da cui far partire il tiro, che converte con il 57% abbondante.
Hield è anche prezioso come ricevitore in contropiede, in particolare se a passargli il pallone è De’Aaron Fox (da cui riceve il 32% di passaggi di squadra). Spesso è proprio lui il destinatario dei palloni che Fox recupera e, con la difesa non schierata, non si fa problemi a prendere (e realizzare) dalla lunga distanza tiri aperti.
Quella dei Kings è una vera e propria rivoluzione nel modo di giocare, che di certo non ci si aspettava di vedere da un anno all’altro, o comunque non con questi risultati. Difficile dire se le cose seguiranno ancora questo filone, soprattutto per quanto riguarda i tiri da tre. Nel mese di dicembre Hield sta tirando col 44% dalla lunga, Fox quasi col 42%, Bjelijca col 45.3% e Shumpert col 38%. Dura continuare con queste percentuali nell’arco di una stagione intera e per una squadra che conta molto su questo fattore un calo può essere determinante (in negativo).
Oltretutto, i Kings sono la seconda squadra per triple aperte – secondo la definizione di NBA.com – concesse, 13.4 a partita, ad un niente dai Bulls: la percentuale di conversione delle suddette è però piuttosto bassa, 33.2, 12esimo miglior dato nella Lega. C’è quindi anche una componente di fortuna rilevante.
Difficile dire come andrà la stagione di Sacramento. Nella Western Conference una settimana sei quinto, e quella dopo sei decimo. Pensare comunque di poter lottare per un posto ai playoff 14 anni dopo l’ultima apparizione, però, è già un successo non indifferente.