La decisione della NBA di introdurre dei messaggi sociali, che i giocatori possono applicare sulle canotte di gioco in sostituzione dei propri cognomi, ha scatenato qualche dissidenza di diversa natura. Vari esponenti di alcune franchigie hanno già annunciato lo slogan che esporranno in quel di Orlando: ‘EQUALITY’ uno dei più gettonati, scelto da Giannis Antetokounmpo, Rudy Gobert, Chris Paul, Kristaps Porzingis e Luka Doncic, è stato adottato anche da Marco Belinelli, in versione italiana con ‘UGUAGLIANZA’. Altri, invece, hanno negato il proprio endorsement all’iniziativa, sicuramente il no di LeBron James e Anthony Davis è stato quello che ha fatto più scalpore. Il duo di punta dei Los Angeles Lakers indosserà il proprio cognome dietro la maglia gialloviola, sebbene abbiano due motivazioni differenti. Il re sostiene di non aver bisogno di alcuno slogan per amplificare quanto già fa per la giustizia sociale (e come dargli torto…), mentre The Brow ritiene di essere in dovere di tenere alto il nome della propria famiglia. In ogni caso, entrambi hanno preso questa decisione senza polemizzare in nessun modo la linea generale, con l’intenzione comune di onorare il movimento di Black Lives Matter durante questa ripartenza.
If @NBA is going to put social cause statements on uniforms, why not “Support our Troops” or “Back the Blue”? Or given how much $$ @nba makes in #China, how about “Free Hong Kong”! Today I wrote to Adam Silver to ask for answers pic.twitter.com/PthYR4OxmE
— Josh Hawley (@HawleyMO) July 10, 2020
A scatenare il polverone alzatosi negli ultimi giorni sono state le critiche provenienti dall’esterno dell’universo NBA. In particolare, la lettera scritta da Josh Hawley, senatore repubblicano per lo stato del Missouri, indirizzata con tono accusatorio alla National Basketball Association, ha generato una polemica che ha coinvolto Adrian Wojnarowski, il celebre insider di ESPN. La vicenda è stato piuttosto chiacchierata recentemente, proviamo a riassumerla. Innanzitutto, bisogna premettere che il Senator Hawley stava da tempo tenendo una posizione forte rispetto al movimento BLM, oltre a portare avanti una campagna decisa anti-Cina. A ciò, è legata la richiesta politica fatta dall’esponente repubblicano nel suo statement sulle uniformi. Venendo al dunque, il senatore ha criticato l’esclusione di rimandi in difesa degli organi delle forze dell’ordine “sani” e in favore della regione autonoma di Hong Kong.
Se l’NBA sta mettendo messaggi sociali sulle uniformi, perchè non “Support our Troops” oppure “Back the Blue”? O dati quanti dollari la NBA fa in Cina, che ne dite di “Free Hong Kong”! Oggi ho scritto ad Adam Silver per chiedere risposte.
Questo è il tweet di Hawley, costellato di slogan in favore della polizia americana e della regione asiatica, in commento alla lettera spedita direttamente al signor Silver in persona. Intanto, è bene ricordare quale sia la lista dei 30 slogan autorizzati dalla lega, definita di per sè limitante da alcuni giocatori, quali Jaylen Brown: Black Lives Matter, Say Their Names, Vote, I Can’t Breathe, Justice, Peace, Equality, Freedom, Enough, Power to the People, Justice Now, Say Her Name, Sí Se Puede (Yes We Can), Liberation, See Us, Hear Us, Respect Us, Love Us, Listen, Listen to Us, Stand Up, Ally, Anti-Racist, I Am A Man, Speak Up, How Many More, Group Economics, Education Reform, Mentor. Appare ovvio che gran parte dei rimandi vadano al tema del razzismo, che da sempre sta a cuore alla totalità dei giocatori, al punto di compromettere la ripartenza, o comunque far pensare di farlo, in seguito alla riaccensione delle proteste, a causa dei fatti di Minneapolis, legati a George Floyd. Per questo motivo, forse, la richiesta del senatore non è stata accolta con entusiasmo dagli addetti ai lavori, tanto che sua maestà Adrian Wojnarowski, punto di riferimento nel giornalismo sulla pallacanestro americana, ci ha tenuto ad esprimere il proprio disaccordo. Lo ha fatto scrivendo una mail, utilizzando il suo indirizzo targato ESPN, resa pubblica dallo stesso Hawley, sempre su Twitter, il cui corpo del testo recitava semplicemente “Fuck you”, firmato Adrian.Woj@espn.com.
Don’t criticize #China or express support for law enforcement to @espn. It makes them real mad @Outkick pic.twitter.com/WJDxrotUBD
— Josh Hawley (@HawleyMO) July 10, 2020
Quest’immagine è immediatamente ed inevitabilmente diventata virale, obbligando Woj e soprattutto ESPN, coinvolta in prima persona nella bolla in quanto emittente televisiva di punta, a prendere una posizione. L’insider americano, di origini polacche, si è subito scusato sui propri social, dove è solito postare le famose Woj Bomb, esprimendo dispiacere nei confronti di Josh Hawley e dei colleghi di ESPN. Tuttavia, al network ciò non è bastato, difatti ESPN ha deciso di sospendere Adrian a tempo indeterminato: il giornalista non pubblica notizie dal giorno delle scuse (10 luglio) ed tutt’ora tenuto senza stipendio. Tutto questo ha scatenato la rivolta social dei tantissimi estimatori che ogni ora attendono le news di Wojnarowski, a ciò si sono successivamente accodati personaggi importanti. Nel frattempo, è arrivato il commento del senatore, che ha condannato la sospensione di Woj, chiedendo invece una risposta alla lega e all’emittente sulla questione cinese.
— Adrian Wojnarowski (@wojespn) July 10, 2020
Una risposta che non è ancora arrivata, su un tema che tutti noi sappiamo quanto sia delicato, sebbene al momento non sembra essere prioritario nelle menti degli americani, il che giustifica la reazione, certamente errata nei modi, di Wojnarowski. Infatti, a suo sostegno sono arrivati pure tantissimi professionisti, che cavalcando l’onda dell’hashtag #FreeWOJ, lanciato su Twitter, si sono schierati a favore dell’insider. Tantissimi giocatori della NBA e non solo hanno condiviso il tag, il cui apice è arrivato con il tweet di LeBron James, che, quando prende posizione, muove sempre un certo peso.
#FreeWOJ!! 🤜🏻🤛🏾
— LeBron James (@KingJames) July 12, 2020
L’impressione è che la questione si sviluppi con sullo sfondo un filo di ipocrisia, in quanto chi ne ha pagato le conseguenze è stato soltanto Woj, che ha semplicemente espresso il proprio pensiero, seppur in maniera eccessivamente colorita, essendo per lui, come per quasi ogni membro della lega, in primo piano il messaggio contro il razzismo. Al contrario, l’NBA ed ESPN hanno approfittato del passo falso compiuto dal reporter per distrarre l’attenzione della critica dall’accusa mossa dal senatore nei propri confronti. Non è una novità che le due componenti principali del basket USA, adesso impegnate nella macchina Disney World in Florida, non si espongano sul delicato rapporto con la Cina. Effettivamente, è ormai cosa evidente che siano gli interessi economici a guidare le decisioni della NBA, d’altronde, si tratta sempre di un’azienda che registra 8 miliardi di dollari di entrate stagionali (dati Forbes).