NBA: la storia infinita di Christian (Never)Wood

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La storia di Christian Wood, che sta letteralmente esplodendo in quel di Houston, non è una di quelle strappalacrime, da romanzo. È però la dimostrazione che la cocciutaggine, la dedizione, il sacrificio e finanche le sconfitte nella vita servono. Oggi il lungo dei Rockets sorprende per l’essere così dominante, tanto da oscurare le figure di Wall e Harden, con i suoi 23 punti e 11 rimbalzi di media. Eppure ciò che lo ha condotto in Texas è un lungo calvario in cui lo stesso ragazzo da Long Beach ha pensato di non farcela.

Uscito da UNLV, Wood era un buon prospetto, una di quelle chiamate pronosticate al secondo giro che magari possono diventare giocatori con cittadinanza NBA. Un Millsap diverso per caratteristiche fisiche, ma che ha una mano più morbida. Anche forse una steal of the (late) draft per gli esperti più ottimisti. Si resta a Las Vegas, non nel campus universitario, ma al Ceasar’s Palace, dove è in una stanza di albergo già acchittata a festa a seguire le chiamate di Adam Silver. Quando i Lakers ed i Grizzlies, i più interessati a lui, non pronunciano il suo nome, la tensione in quella stanza cresce. Poco dopo, la chiamata 60 va in porto e rimane escluso. Con la faccia nelle mani, pensa che la sua vita sia finita, anche perchè la sua ragazza lo pianta lì, stizzita, nel tramestio silenzioso di familiari che non riescono a spiccicar parola.

Finding himself…

La sera del Draft cambia la vita di Christian Wood, che nel suo percorso ha sempre dovuto trovare stimoli e pungolature per andare avanti e competere. Dotato di fisico, altezza e soprattutto di un’apertura alare che sono fuori dal comune, è uno di quei giocatori che fin dalla high school (Palmdale), che nella prep school (Findlay), ha pensato che il suo talento bastasse. Non uno di quelli che fanno oltre il minimo sindacale. Solo le sconfitte ed il trovarsi di fronte a giocatori del suo stesso talento, ha portato questo ragazzo a capire l’importanza di allenarsi. La passione per i libri è poca, UNLV è una buona squadra in cui si impone da subito, ma sceglie di eleggersi subito dopo il suo anno freshman al draft e la sua nomea lo precede. I mezzi tecnici ci sono, eppure agli occhi degli allenatori è pigro e indolente e svogliato.

Gli stessi Pistons, che di fatto l’anno passato lo hanno messo nel mondo NBA – in cui ha dimostrato di poter stare e alla grande – lo hanno visto spesso arrivare tardi in palestra, non presentarsi a qualche workout o essere distratto alle sedute tattiche. Se Detroit non sceglie di rinnovarlo in estate dopo quei numeri in 60 partite, forse un motivo ci sarà. Così come se coach Silas lo ha fortemente voluto, facendogli firmare un contratto pluriennale per 41 milioni di dollari, avrà avuto le sue buone ragioni. Eppure, solo qualche stagione fa, nessuno, Wood per primo, avrebbe scommesso su di lui.

…RISE TO GLORY

Dopo l’etichetta di undrafted, prova a ritagliarsi un contratto con delle prestazioni altalenanti in Summer League, dove giocherà proprio per Houston, ma quando vede che i texani non gli offriranno un contratto firmerà al minimo con i 76ers, quelli della stagione da 10 vittorie e 72 sconfitte. Non solo è chiuso da Noel e Okafor nella squadra titolare – e quindi spesso in G League nell’affiliata di Delaware – ma rimane coinvolto nella serata in cui l’ex Duke è filmato ubriaco in un party ripreso dai social. Da lì bisogna far fagotto, direzione North Carolina.

A Charlotte, al di là di avere un rapporto speciale con coach Silas – allora vice agli Hornets – conosce Michael Jordan. Il campo lo vede poco, in una delle sue rare apparizioni sul parquet sente distintamente MJ urlargli che deve correre in palestra, perchè l’avversario ha usato il suo fisico e l’ha battuto. Oppure quando His Airness ha commentato nel suo studio alcuni suoi video sulle sue prestazioni di Greensboro, ancora nella sua G-League, dove domina a piacimento o quasi. Non è un idillio, Wood cambierà aria ancora.

Sembrava essere destinato alla Cina, ma viene tagliato prima dell’inizio della stagione, tornando in G-League ai Delawere, dove viaggia a oltre 20 e 15 rimbalzi di media, con Elton Brand, Gm di Phila, che lo vuole cedere, ma senza successo. Anno nuovo, si va ai Wisconsin Herd, dove oltre ai numeri mette insieme una bella amicizia con Giannis, con scampoli significativi anche a Milwaukee in prima squadra, ma la continuità – si fa per dire – la trova solo a New Orleans quando i Pelicans decidono di tenere ai box lo scontento Anthony Davis e decidono di dargli qualche minuto. Di qui la storia recentissima di Detroit e ora Houston… Quale sarà il prossimo capitolo?

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