Il primo anno al timone della dirigenza Lakers è andato decisamente bene per il duo Magic/Pelinka. Oltre ad aver liberato lo spazio salariale necessario per firmare due contratti al massimo in estate, sono riusciti rendere i Lakers una squadra interessante e finalmente promettente. Firmare uno o due free agent di grande livello sarebbe auspicabile, ma in caso contrario il piano B è quello di sviluppare i giovani scelti negli ultimi anni che andranno a formare il core dei futuri Lakers.
Il draft 2017 ha portato molte gioie ai tifosi gialloviola. In attesa del completo sviluppo di quella che, a tutti gli effetti, dovrebbe essere la punta di diamante del gruppo di rookie, Lonzo Ball, i Lakers si godono anche Kyle Kuzma. L’ex università di Utah è arrivato nello scambio che ha coinvolto D’Angelo Russell ed è subito diventato uno dei beniamini dello Staples Center, grazie al suo gioco offensivo estremamente divertente e alla sicurezza nei propri mezzi che ben si sposano con lo stile scintillante dei Lakers e, in generale, di L.A.
QUEL TIRO CHE ANDAVA E VENIVA
Già in sede di pre draft, Kuzma veniva descritto come il prototipo del “4” moderno, ovvero un giocatore in grado di aprire il campo con il tiro da tre e di mettere palla per terra per sfruttare i mismatch con avversari più grossi e lenti.
Quello che Draft Express, per esempio, segnalava era il suo tiro estremamente ondivago, su cui il ragazzo da Flint doveva necessariamente lavorare perché la transizione in esterno NBA avvenisse con successo. Nei tre anni a Utah, Kuzma ha tirato complessivamente con il 30% da oltre l’arco, non esattamente una cifra benaugurante. Nonostante questo, è riuscito a chiudere l’anno da junior con il 40% da tre nelle ultime 10 partite della sua carriera collegiale.
Proprio il tiro è diventata l’arma con cui Kuzma ha iniziato a farsi conoscere dalle difese NBA. La percentuale da oltre l’arco è quasi del 37%, e la maggior parte dei suoi tiri (36%) arriva in catch and shoot (convertiti con il 37.5%). Mi ha sinceramente stupito la percentuale delle conclusioni da oltre l’arco considerate wide open: ben il 20% delle sue conclusioni arrivano con il difensore ad almeno 180 cm di distanza.
Probabilmente ciò è dovuto abilità della squadra di Walton in transizione e alla circolazione di palla, che migliora esponenzialmente quando Ball è in campo.
Spalle a canestro, Ball ribalta lato per Kuzma solo in angolo: non un passaggio che la vostra normale point guard potrebbe fare.
Kuzma ha poi un rilascio molto veloce che unito all’altezza (è 205 cm), rende il tiro da tre un’opzione che il giocatore prova spesso anche in equilibrio precario o con l’avversario in faccia. Se i tiri da tre contestati (o tight, secondo la definizione di NBA.com) sono pochi – solo il 3% del totale – quelli da due sono molti di più, ben il 31% delle sue conclusioni da dentro l’arco. Questi però vengono segnati con il 59%, a dimostrazione sia di quanto sia difficile marcarlo per una questione fisica (a maggior ragione quando gioca da “3”), ma anche per la varietà di soluzioni che può adottare.
VERSATILITÁ OFFENSIVA
C’è una parte del suo gioco in cui è cresciuto particolarmente nel corso della stagione, ed è quella che riguarda il palleggio. Quest’anno più della metà dei suoi tiri (54%) sono arrivati senza mettere palla per terra e solo il 2% dopo sette o più palleggi.
Fintare il tiro per battere i closeout e attaccare il ferro dal palleggio è qualcosa che non è ancora nelle sue corde. Ciò non significa che Kuzma non sappia mettere palla per terra per punire gli avversari, magari dopo un cambio difensivo.
Qui finisce contro Murray: un palleggio per avvicinarsi a canestro, spin move e layup.
In quest’altro caso viene isolato spalle a canestro contro Redick. Kuzma riconosce il mismatch e porta l’ex Clippers vicino al ferro. Conclude poi con il floater anticipando l’aiuto dal lato debole di Convington.
Un dettaglio tecnico che può apparire sottile ma che in realtà è molto importante, è il diverso modo con cui Kuz attacca il ferro e cioè abbassando la spalla tipo running back di football. In questo modo può spostare l’avversario creando un vantaggio vicino a canestro.
Senza spallata, il numero 0 è costretto a provare ad appoggiare al vetro da più lontano (più un floater che un sottomano), sbagliando.
Qui invece è molto più aggressivo (ed esperto: in fondo la partita coi Sixers di cui sopra è di metà novembre), e riesce a spostare addirittura Giannis, creandosi un layup indisturbato.
Nelle ultime partite, complice anche l’assenza di Ball e Ingram, Walton gli ha lasciato più libertà, ad esempio lasciandogli iniziare l’azione offensiva palla in mano, o creandogli situazioni ad hoc attraverso il pick&roll.
Si tratta di una situazione di gioco che Kuzma usa pochissimo (solo nel 4.4% dei suoi possessi offensivi), ma che ultimamente è stata maggiormente esplorata, un po’ per necessità, un po’ perché il ragazzo da Flint si sente più a proprio agio con il pallone in mano.
Negli ultimi minuti della partita contro Memphis ha preso il controllo vincendola da solo, anche operando dal pick and roll, come in questo caso (che si conclude con canestro e fallo). Da dopo la pausa per l’All Star Game, inoltre, sono leggermente aumentati i liberi tentati, da 2.6 a 3.1. Sono addirittura raddoppiati quelli tentati in trasferta, da 2 a 4.4 (forse per mantenere alta l’aggressività anche lontano dalle mura amiche?).
Kuzma è anche un passatore forse sottovalutato. Non fa registrare neanche 2 assist a partita ed è quinto nei Lakers per passaggi a partita – con 31. Ciò però non significa che non sappia trattare il pallone, ma solo che in squadra il suo ruolo dev’essere quello di scorer, con Lonzo, Ingram (e anche Randle) a spartirsi il ruolo di assistmen. Di seguito, un paio di esempi di come Kuz ha tutto per essere un passatore sopra la media del ruolo, soprattutto statisticamente:
QUALCHE MIGLIORAMENTO DIFENSIVO
Kuz non è ancora vicino ad essere un giocatore difensivamente sufficiente nell’uno contro uno e anche sui blocchi fatica.
Qui non comunica con Frye sul blocco, lasciando un tiro aperto a Middleton.
In questo caso, non riesce a tenere Anderson, soprannominato Slowmo non a caso, in uno-contro-uno, e deve ringraziare l’aiuto di Zubac che costringe il giocatore degli Spurs al passaggio per Green (che a sua volta sbaglia la conclusione).
L’ex Utah probabilmente non sarà mai un difensore nella media, ma ha stazza e braccia lunghe per poter intimidire giocatore più piccoli e sta cercando di sviluppare le letture necessarie per diventare un accettabile difensore di squadra (con qualche buon risultato, specie rispetto ad inizio stagione).
Decisamente, i Lakers non pensavano di contare sulla 27esima scelta assoluta come parte fondamentale del proprio core futuro. E se è vero che il suo ceiling non è infinito, è sicuramente lecito aspettarsi una crescita del suo gioco offensivo già a partire dalla sua annata da sophomore. I tifosi dei Lakers non vedono l’ora.