Tanto tuonò che piovve. Dopo mesi di speculazioni e offerte (presunte) rispedite al mittente, Anthony Davis è un nuovo giocatore dei Los Angeles Lakers. Ai Pelicans sono andati Lonzo Ball, Josh Hart, Brandon Ingram e tre prime scelte, tra cui la quarta del draft appena conclusosi (già però scambiata con gli Hawks).
I Lakers hanno regalato a LeBron uno dei top-fate-voi-quanto giocatori NBA con cui tentare l’ultimo assalto al titolo, in attesa di capire come verrà completata la squadra in free agency. I Pelicans, affiancano a Zion Williamson una squadra futuribile con cui respingere le voci di una possibile rilocazione.
LA QUALITÀ SI PAGA
Si è dibattuto molto sui social circa il prezzo pagato dai Lakers per accaparrarsi Davis. Prezzo che è certamente alto di per sé, ma che è difficile considerare tale quando a muoversi sono giocatori di questo calibro.
Davis è un fenomeno vero, frenato solo da qualche infortunio di troppo, ma se non è lecito scambiare gli asset di cui si è privata L.A., allora non lo sarà mai (basta chiedere a Boston, per ora la vera sconfitta di questa vicenda).
In attesa di capire cosa ne sarà dei giovani di rotazione rimanenti nel roster dei Lakers, l’unico rimasto del core originale è Kyle Kuzma. L’ex università di Utah ha fatto vedere interessanti miglioramenti nel suo gioco dal palleggio, ma rispetto al primo anno il tiro da tre è peggiorato notevolmente (dal 36% dell’anno da rookie al 30% della stagione appena trascorsa), a fronte di un leggerissimo aumento nel volume di tiro (da 5.6 a 6 tiri da tre a partita). Kuzma però è stato descritto come il fit migliore a fianco di LBJ e AD per la sua capacità di aprire il campo – a patto che il tiro si palesi di nuovo – ed è indubbiamente vero, se paragonato a quello degli altri due pezzi pregiati della trade, Lonzo e Ingram. Inoltre, viene visto come un beniamino dei tifosi, per il suo stile di gioco puramente offensivo e per la sua mentalità ferrea fondata sul lavoro, che al pubblico gialloviola ricorda quella di un signore con la 24 ritiratosi tre anni fa.
Inoltre, non sono passate inosservate le sue uscite pubbliche con Jeanie Buss, proprietario dei Lakers, e Linda Rambis, moglie di Kurt, miglior amica di Jeanie nonché sua consigliera sugli affari dei Lakers.
FIT E ROTAZIONI
Davis un giocatore che chiunque, giocatori, allenatori e tifosi vorrebbero nella propria squadra, in particolar modo se c’è la possibilità di affiancargli James e un altro possibile giocatore al massimo salariale. Sia l’ex Pelicans che LBJ sono due ottimi rollanti in situazioni di pick and roll: lo scorso anno, il 23 ha prodotto 1.32 punti per possesso in questa circostanza, Davis 1.02, in quella che è stata un’annata travagliata a dir poco. Immaginate per una difesa cosa può voler dire difendere un pick and roll tra questi due, oppure mentre uno dei due (o anche Kuzma) è appostato oltre l’arco oppure a rimbalzo offensivo. Molto dipenderà dal modo in cui i Lakers costruiranno il resto della squadra, il che è comunque un grosso punto interrogativo, specie visto come è andata a finire lo scorso anno, con un roster raffazzonato e modificato in corso d’opera per rimediare agli errori estivi.
Il nome della terza stella da affiancare ai tre big potrebbe essere uno tra Kyrie, Kemba e D’Angelo Russell.
Irving è reduce da una pessima stagione in quel di Boston, tra un calo netto delle percentuali al tiro, problemi al ginocchio e una maturità che potrebbe creare problemi nello spogliatoio. Kemba è ormai un top del ruolo, mentre Russell sarebbe la soluzione “di ripiego” dopo essere stato ceduto due anni fa con ignominia per volere di Magic (che però è ormai impegnato a twittare ovvietà da casa sua, quindi non sarebbe più un problema).
Jimmy Butler sarebbe un altro eccellente candidato, ma i Rockets stanno provando ad imbastire uno scambio con i Sixers, che potrebbero accontentarsi di un sign and trade accordandosi con l’ex Bulls pur di non perderlo a zero.
La verità è che molto dipenderà da quello che i Lakers faranno con la room MLE (una delle eccezioni concesse a squadre sopra il tetto della luxury tax, al netto delle cifre del cap annuale, ancora sconosciute) e soprattutto coi contratti al minimo.
Di sicuro serve una guardia con tiro da tre, che potrebbe essere Seth Curry, reduce da un’ottima stagione con Portland o, perché no, lo stesso Reggie Bullock che ha chiuso la stagione in maglia gialloviola.
E ovviamente anche uno/due centri, specie se Mo Wagner dovesse essere ceduto per creare spazio extra nel cap, anche perché si trova più a suo agio nello spot da 4 (ma ovviamente può giocare anche da 5 consentendo a LA di giocare “piccolo” nella forma ma non nella sostanza). Si parlava di un ritorno di Brook Lopez, che darebbe anche tiro da tre, che non è mai abbastanza. Ci sarebbe anche Cousins, ma difficile che LA spenda un max o presunto tale su un centro quando il backcourt è da fare dalle fondamenta.
È un’estate fondamentale per i Lakers, vicini come mai negli ultimi anni a diventare una contender nonostante le vicissitudini dietro la scrivania – segno che il Lakers exceptionalism non è morto, nonostante tutto.
Starà a Pelinka non buttare tutto all’aria e sprecare gli ultimi anni nella Lega di LeBron.