Sarebbe bello tornare agli anni di gloria ogni notte, a quelle partite che vorresti rivivere, ai momenti che hanno segnato la storia, come la tripla di Sean Elliott, la stoppata di Robinson contro Detroit, il fallo subito da Manu contro Dirk o il canestro di tabella di Duncan che chiude i conti contro LeBron. Purtroppo il passato rivive nel presente sotto forma di nostalgia e spesso induce alcuni progetti a naufragare. Dovrebbe essere la realtà per ogni squadra che è costretta a rifondare, ma così non è per San Antonio, che nonostante gli stravolgimenti delle ultime stagioni continua a restare saldamente agganciata al treno della postseason. Magari come l’anno scorso – anche se la classifica della bolla è stata falsata nel bene e nel male – non arriveranno i playoff, ma l’essere arrivati ad un tiro di schioppo da quel traguardo e con una squadra fatta di belle speranze e giocatori a fine carriera, è stata davvero una gran cosa.
DEROZAN STATE OF MIND
Nell’exploit che porta San Antonio ad avere un record oltre il 50%, che garantisce una piazza tra il 5° e l’8° posto ad Ovest, lo zampino di DeRozan è innegabile, come nella recente vittoria contro Golden State. Nessuno poteva aspettarsi l’evoluzione di un giocatore che ampiamente era già stato additato come il problema principale del gruppo – per il suo enorme ego sul parquet – e che di punto in bianco è diventato il beniamino di San Antonio. Gioco a 360°, con buona fluidità nelle assistenze e presenza fattiva a rimbalzo, tiri che sono diminuiti ma che hanno una percentuale reale vicina al 65%, leadership quando conta e percentuale importante dalla lunetta. La crescita dell’ex Raptors è il sinonimo della mentalità Spurs che finalmente è riuscita a trasmettersi anche in un giocatore che veniva accreditato come disfunzionale. Una metamorfosi che nelle condizioni eccezionali della bolla aveva visto i suoi esordi, ma che si è rimarcata nell’attuale stagione. A voler cercare un most improved player, il #10 risponde presente, ma al di là dell’agone personale, il suo modo di giocare sta condizionando – in positivo – i suoi compagni.
Non avendo potuto ancora contare su Derrick White a pieno servizio – anche se “con lui” di fatto gli Spurs sono imbattuti – la crescita di DRZ ha favorito l’inserimento in rotazione dei “nuovi” a San Antonio. Se Lonny Walker IV è un giocatore scelto e funzionale al gioco pensato da Pop, la concretezza di Keldon Johnson e l’impatto di Devin Vassell, scelto all’ultimo draft sono le note liete su cui costruire il futuro. Walker ha dimostrato di aver raggiunto stabilità nel non essere un giocatore “accendi-spegni” tra fase offensiva e difensiva. Johnson è un polifunzionale che incarna lo spirito di quelle ali piccole che tanto piacciono alla società per spirito di sacrificio e dedizione, mentre il rookie da Florida State è uno da “mani piene” che vuole sporcarsi la divisa e che non lascia intentato un listello del parquet. Ci si attendeva molto da questo terzetto, le risposte sono arrivate e ognuno di loro – anche se ancora senza continuità – ha portato il mattoncino importante nelle vittorie neroargento.
IL PLAY ED I VETERANI
La disamina sul perchè San Antonio stia sorprendendo potrebbe ridursi alla crescita dei giocatori del “rebuilding”, ma forse si peccherebbe di presunzione. La squadra ha un cervello e una longa manus fatta di frombolieri di medio e lungo corso che – tra infortuni e alti e bassi – stanno profondendo un (ultimo) mastodontico sforzo nel colmare il gap di esperienza che certe volte genera nella partite dei parziali inopinati. Se è vero che il pacchetto lunghi è ancora – e sempre – affidato a LaMarcus Aldridge, la sua presenza sul parquet è incredibilmente decisiva nelle vittorie. La sua assenza per infortuni di varia entità – e anche l’anno passato nella bolla – è stata sicuramente determinante, ma ancor di più è l’impatto che riesce a dare nel suo nuovo modo di giocare. Non più tanto isolamento e post basso, ma un pick and pop educato ed un range di tiro migliorato enormemente anche dall’arco, cosa che ne fa una macchina balistica importante per essere il numero 5 titolare (se non unico) della rosa. Di fatto è una scelta obbligata, visto che i quintetti con i volenterosi Poeltl e Lyles non è che abbiano convinto più di tanto in attacco, ed han subito e non poco dal punto di vista fisico in difesa. C’è da dire che però il rendimento dell’austroungarico e dell’ex Jazz sono almeno più positivi rispetto al passato.
I cardini di esperienza dalla panchina, ovvero il modo con cui Pop riesce a far arrivare la sua voce sul parquet, sono Patty Mills e Rudy Gay. Magari li avete visti ridicolizzati dagli step back di Curry nelle ultime due gare giocate, ma sono due fra i giocatori con maggior rendimento non inseriti nei quintetti delle trenta franchigie. E’ il sistema Spurs che permette a due giocatori del genere, specialisti in tante cose ma non eccelsi in nessun fondamentale peculiare, a farli legare con il resto del gruppo, più giovane e bizzoso. Sono loro due spesso a togliere le castagne dal fuoco o a prendersi una responsabilità, ma sono soprattutto loro a dare l’esempio. Ed è qui che il cambio generazionale degli Spurs può funzionare, anche perchè tutto il resto è nelle mani di un ragazzino che sarebbe ancora nei suoi anni di inserimento nel mondo NBA, ma che ora già gioca come un veterano, ossia Dejonte Murray.
La totale inattività di un anno lo ha portato non solo a studiare la pallacanestro da fuori, ma anche a migliorare quel jumper in sospensione dalla media distanza che era il motivo per cui di lui si è parlato così poco. La sua apertura alare e le sue doti di lettura – offensiva e difensiva – lo portano ormai con puntuale regolarità a numeri che toccano o sfiorano la tripla doppia, di sicuro cosa non del tutto usuale in quel di San Antonio, dove neanche Monsieur Parker poteva dire di iscriversi puntualmente in tale statistica. La sua ascesa, qualora dovesse diventare certezza di rendimento, sarà il crocevia degli Spurs del futuro, in attesa che White torni a pieno regime e che tra i giovani che sono stati spediti in G-League (Samanic e Kramer su tutti) possa uscirne un giocatore all around che riporti di nuovo la squadra texana stabilmente in zona playoff. Sarebbe un nuovo colpo di coda ed un ritorno al successo, vero, ma mai scommettere contro gli Spurs…