Una parabola discendente nel suo divenire all’apice di un percorso pressochè perfetto. La fotografia della stagione dei Bucks rivela essenzialmente questo. Un’annata da sogno in regular season con risultati spaziali, da titolo, culminata poi con un percorso ai Playoff che rasenta la perfezione. Due serie chiuse agevolmente, risultati figli di un team all’apparenzainarrestabile. Ma la perfezione ha col tempo lasciato spazio alla lenta e costante involuzione delle finali di Conference, che hanno consegnato le Finals alla superiore tenacia di Toronto.
Ma il percorso di Milwaukee non è stato vano. Nella sua straordinarietà ha creato basi solide e convincenti per tentare nuovamente l’assalto all’anello nella prossima stagione di NBA.
DOMINIO IN REGULAR SEASON
“Quello che abbiamo fatto in questa post-season e durante la regular season è qualcosa che rimarrà dentro. Abbiamo appena cominciato un qualcosa e questo è solo l’inizio del nostro lungo viaggio. Non potrei essere più orgoglioso della mia squadra di quanto lo sono in questo esatto momento. Voglio poi ringraziare tutto lo staff e il front-office che mi ha permesso di arrivare fino a qui e condurre un gruppo di ragazzi di questo genere”.
L’accento nelle parole di coach Budenholzer va posto in particolar modo su un concetto chiave. Nonostante il grande rammarico pervenuto dal 4 a 2 per i Raptors la consapevolezza è quella di aver dato il via a un qualcosa di grande. Il tutto a cominciare dal rendimento mostrato dai Bucks in regular season.
Inutile dirlo, la franchigia di Milwaukee ha concluso la prima parte di stagione in testa alla Eastern Conference. L’ottimo cammino di Toronto non ha potuto nulla contro la disarmante continuità di rendimento dei Bucks. Partita dopo partita i ragazzi del Wisconsin hanno lanciato un segnale chiaro ai rivali all’anello. Giannis e compagni erano intenti a presentarsi ai Playoff come la squadra da battere. 60 vittorie a fronte di 22 sconfitte, il risultato parla da sè.
Fin dall’inizio della stagione è parso chiaro a tutti che questo sarebbe stato l’anno della definitiva consacrazione di Antetokounmpo fra i grandi dell’NBA. I suoi numeri prima dei Playoff, del resto, parlano chiaro. La sua mostruosa media di 27.7 punti, 12.5 rimbalzi e 5.9 assist per partita non lascia scampo alle analisi, unite da un filo conduttore comune: quando vuole Giannis sa essere davvero una divinità di questo sport seconda a nessuno. Il faro e l’anima del gioco di Milwaukee sia in regular season che ai Playoff.
Un direttore d’orchestra accompagnato da una degna spalla, Khris Middleton (18.3 punti, 6 rimbalzi e 4.3 assist nella sua stagione). Il futuro free agent rappresenta alla perfezione il prototipo di ala piccola moderna, rapida e pragmatica, in grado di adattarsi al ritmo partita di Giannis. Un fattore che ha fatto la differenza nel divenire della stagione, fino all’inizio dei playoff.
PLAYOFF (QUASI) PERFETTI
Il valore di questa squadra si evince in particolar modo dalla modestia della franchigia in sè. Almeno fino a quest’anno. I Bucks, infatti, non raggiungevano una finale di Conference dal lontano 2001. 18 anni di infiniti cambiamenti e rivoluzioni nel Wisconsin, che hanno visto nel gruppo di questa stagione trovare la loro dimensione ideale con coach Budenholzer alla guida. Il tecnico ha saputo infatti tirare fuori il meglio dai suoi ragazzi e anche qualcosa in più, quell’inaspettata scintilla che ha reso possibile un cammino ai playoff che fino all’ultima serie ha rasentato alla perfezione. Nove incontri per firmare le pratiche Pistons e Celtics, il minimo indispensabile per mettere ulteriormente in chiaro quanto mostrato in regular season.
Da un lato va sottolineato su tutti il fattore difesa: i Bucks hanno difeso da vero organico sotto la guida di Antetokounmpo, risultando i migliori (101.8 punti concessi ogni 100 possessi). Il gruppo creatosi nel corso dell’anno è culminato nella post season intorno alle qualità del proprio leader, che tuttavia è stato il primo a subire una tanto lenta quanto costante involuzione nel gioco. 20.5 punti, 12.5 rimbalzi, 5 assist e 3.6 stoppate nelle ultime quattro partite coi Raptors sono ottimi numeri, ma non sufficienti per fare la differenza, mostrandosi più umano nelle fasi finali della sua stagione e sottolineando i suoi limiti sia da 3, (media del 25.6%, da sempre suo tallone d’Achille), sia ai liberi (dal 73% della regular season è passato al 55% contro i Raptors).
Piccoli grandi dettagli che nel loro insieme consegnano lo scettro dell’Est a Toronto e a Leonard. Il tutto nel duello fra Campioni che ha visto l’ex San Antonio trionfare verso le Finals.
L’involuzione poi ha riguardato anche altri due giocatori su tutti. Malcolm Brogdon ha cercato di imporre su uno straripante Leonard una pressione costante ma ha fatto quel che ha potuto contro il nuovo King of the East. Brook Lopez, poi, ha alternato buone incursioni al ferro e punti preziosi (media di 12.5 in stagione) a imbarazzanti lacune difensive che hanno spianato praterie ai Raptors. Il sempre meno incisivo apporto da parte di Middleton, poi, perdutosi lungo la strada contro Toronto, ha decretato la sconfitta per 4 a 2.
E ADESSO?
La certezza al momento rimane una sola: l’estate dei Milwaukee Bucks sarà più intensa che mai. La dirigenza della franchigia del Wisconsin si trova di fronte a un bivio. Middleton, Brogdon, Lopez e Mirotic saranno tutti free agent e rifirmarli costerà moltissimi milioni in più di quelli spesi quest’anno per avere lo stesso identico roster. Non rifirmarli significherebbe tuttavia ricostruire parte della squadra e perdere quanto fatto in questa stagione.
In casa Bucks si è consapevoli poi della necessità di affiancare ad Antetokounmpo almeno un altro campione in grado di prendersi sulle spalle la squadra. Il greco ha da tempo giurato fedeltà a Milwaukee, la città per cui sente un debito di gratitudine per averlo accolto quando è sbarcato in NBA dalla Grecia, che vuole ripagare portandola al titolo. La linea da seguire deve essere una sola, quella dell’evoluzione. Un percorso quindi costante, senza lasciare nulla al caso e alla fortuna di un’annata clamorosa. Perchè i grandi risultati, nel basket come nella vita, si fondano sulla costanza e sulla continuità di un sogno, di un progetto, che in casa Milwaukee promette meglio che mai per il futuro.