Si fa sempre più concreta la possibilità del ritorno in campo della NBA, in una formato da sede unica per ridurre al minimo spostamenti e possibilità di contagio.
La sede designata con ogni probabilità sarà Orlando, con l’immenso Walt Disney World (pensate che il parco ha un’estensione superiore a quella della città di San Francisco) che offrirà tutti i confort necessari.
Ma i dubbi non sono pochi ed emergono anche dalle parole dei giocatori.
Sources: NBA teams expecting guidelines around June 1 for players' return https://t.co/vTugnAWlrJ
— Adrian Wojnarowski (@wojespn) May 20, 2020
LE PERPLESSITÁ PERSONALI
La questione diventa facilmente personale, come dice Joe Ingles giustamente preoccupato per la moglie incinta.
Non ne vale la pena. Ho una palestra a casa. Ho tutto ciò che mi serve. Credo che prenderò la decisione definitiva una volta venuto a conoscenza di qualche informazione in più sulla ripresa o meno del campionato. Non metterò in pericolo la salute di mio figlio e di Renae per giocare a basket
Giustamente ognuno si fa i propri problemi ben consapevole che la situazione da rischio zero non esiste, come già specificato da Adam Silver.
Ingles ha poi ritrattato dichiarando che se la NBA deciderà di proseguire sarà perchè la sicurezza sarà garantita, ma è chiaro che non sarà l’unico a manifestare perplessità.
Aussie NBA star Joe Ingles is prepared to ‘walk away, fly to Australia and never play another game in my life’ to protect his family from the virus. https://t.co/gKvwRLQ1Ti
— Telegraph Sport (@telegraph_sport) May 20, 2020
I TRAINING CAMP
Altro dato spinoso sono i training camp, fondamentali per riprendere dopo un lungo periodo di stop e i giocatori sono ovviamente preoccupati per le loro condizioni fisiche e per il rischio infortuni.
Emerge infatti l’opzione di svolgere questi camp nello stesso luogo delle gare. Avrebbe molto senso anche per evitare le diverse regole restrittive tra stati, in particolare per i Toronto Raptors che facendo rientrare in Canada i suoi giocatori sarebbero costretti a sottoporsi alla quarantena di 14 giorni per poi tornare subito negli USA. Sono spostamenti sensati? Probabilmente no.
RIDURRE GLI STAFF
Ultima news riguarda una direttiva della NBA che ha chiesto alle franchige di ridurre la delegazione a un massimo di 35 persone, tra staff dirigenza e giocatori.
Normalmente una squadra NBA sposta oltre 50 persone ma è chiaro che in piena pandemia questi parametri andranno rivisti per ridurre allo stretto necessario.
I lavori proseguono, i rientro si avvicina ma i dettagli su cui lavorare rimangono ancora tantissimi.