La riconferma di Paul George aveva automaticamente proiettato gli Oklahoma City Thunder alle prime posizioni della Western Conference: roster talentuoso (ancorché non molto profondo), una chimica di squadra che avrebbe beneficiato di un anno in più di convivenza delle proprie star, e un valido allenatore.
Peccato che, dopo la pausa per l’All Star Game, i Thunder siano stati risucchiati dentro la lotta per gli ultimi posti buoni per la post-season, facendo tremare OKC. Il talento ovviamente c’è tutto, ma la Western Conference non fa prigionieri, e basta un cattivo ruolino di marcia anche solo di poche partite per ritrovarsi nel mischione: è esattamente quello che sta succedendo ai Thunder.
STATICI E PREVEDIBILI
Nelle giornate no, i Thunder hanno caratteristiche di squadra che li rendono assai battibili e prevedibili. Il difetto più grande, non certo noto da oggi, è la mancanza di tiro da tre. La squadra di Donovan è ampiamente nella media (14esima) per tiri da tre tentati a partita, tiri che però vengono convertiti solo con il 35% scarso: peggio di loro solo sei squadre.
Quel che è peggio, è che anche i tiri dalla lunga definiti open da NBA Stats faticano ad entrare. Anche qui OKC è nella parte superiore della classifica per tiri aperti tentati (11.7 a partita, 12esimi), ma ci sono solo cinque squadre che stanno facendo peggio del 32.1% di conversione di OKC.
Contro Miami, George porta palla in situazione di pick and roll, e gli Heat decidono di raddoppiarlo spingendolo verso la linea di fondo. I Thunder, comunque, sono bravi a muovere il pallone, che arriva in angolo da Ferguson: il tiro è, appunto, ottimo, ma non va a bersaglio.
Altro problema con cui devono fare i conti è la staticità dei loro attacchi. Anche in questo caso, gli indizi dati dalle immagini vengono confermati dalle statistiche: i Thunder sono ultimissimi per passaggi effettuati a partita (239 di media), nonché 18esimi per assist potenziali creati a partita (43.8). Certo, il problema dei tiri da tre che non entrano è reale, ma quando muovi davvero poco il pallone, è difficile creare buoni tiri. Questo vale sia per Westbrook – a cui questo tipo di critiche non è mai stato risparmiato, anche a ragion veduta – sia per George.
Non è un caso che nelle ultime 15 partite la percentuale realizzativa dell’ex Pacers sia calata notevolmente, dal quasi 39% stagionale al 33% scarso.
Se non altro, nello stesso arco di partite Russ ha aggiustato un po’ la mira, passando dal 28.7% stagionale da tre (peggior percentuale dai tempi del suo secondo anno, quando però tirava molto meno) al 33%.
La sensazione è anche che ci sia parecchia frenesia sul fronte offensivo, dove molto dipende da come i Thunder giocano nella propria metà campo (ne parleremo tra poco). Quando le cose non vanno bene, OKC forza molto la giocata, oppure gioca palloni con vero e proprio disinteresse.
La stessa mancanza di attenzione si nota anche in difesa, dove comunque i Thunder rimangono una squadra d’elite. Sono quarti per defensive rating (106 punti subiti su 100 possessi) e sono primi per deviazioni a partita (15.8), secondi per palle vaganti recuperate (4.3) e quarti per tiri contestati.
Sulla penetrazione di Delon Wright, Westbrook guarda da tutt’altra parte mentre il suo marcatore, Parsons, è libero di tentare la conclusione da fuori, che va a bersaglio.
Qua, invece, basta una finta di consegnato di Olynyk perché la difesa si apra come il Mar Rosso e conceda all’ex Celtics una schiacciata comoda.
C’è comunque anche un lato positivo, ovviamente, ed è quello che li ha condotti ai primi posti della Western Conference fino a poco più di un mese fa.
GLI ALTRI THUNDER
Quando Westbrook si mette al servizio dei compagni e non cerca a tutti i costi di portare il diretto marcatore sotto canestro, è tutta un’altra musica (in fondo, nelle stagioni migliori di OKC, Russ era Robin mentre KD era Batman).
Basta ad esempio che sia aggressivo, e per “aggressivo” intendiamo che attacchi il ferro; da questa situazione, è un pericolo per come può sovraccaricare di falli gli avversari, o anche per creare migliori opportunità di tiro per i compagni.
Quando tieni impegnati quattro giocatori, è più facile costruire migliori opportunità di tiro per i tuoi compagni (nelle ultime cinque partite, poi, Schroeder sta tirando da tre con il 37% abbondante contro il 34 scarso stagionale).
Quest’anno Westbrook sta riscoprendo il piacere di giocare con un All-Star come George, e questo si nota anche dall’altruismo con cui gestisce le penetrazioni a canestro. Sono 7.4 i punti di media fatti registrare in questa situazione, con una percentuale di assist del 52%, ben oltre quella fatta registare nelle ultime due stagioni (36% e 39%).
Quest’anno poi stiamo assistendo alla maturazione di un giocatore come Jerami Grant, una specie di Draymond Green dei poveri. Grant non ha lo stesso IQ cestistico dell’ex Michigan State o la sua abilità col pallone in mano, però è un buonissimo tagliante (produce 1.34 punti di media in questa situazione, che costituisce il 10% del suo gioco offensivo) e rollante in situazioni di pick&roll, in cui produce praticamente gli stessi punti per possesso di Steven Adams (1.14 contro 1.16), con una percentuale di utilizzo altrettanto simile (16.3 contro 17.6).
E quando il pick and roll non si sviluppa come vorrebbero, il nipote di Horace è in grado di mettere il pallone per terra e mettersi in proprio.
Grant si sta rivelando un perfetto centro small ball, capace di intimidire al ferro, difendere su più posizioni e tirare da tre (il 39% dalla lunga distanza è la sua miglior percentuale in carriera, a fronte anche di un numero più elevato di tentativi).
Insomma, i Thunder non sono certo una squadra perfetta, ma avrebbero molte armi per essere competitivi nella Western Conference. Sta a loro decidere quale versione di loro stessi vogliono essere.