Era dal 1979 che due finali di conference non andassero a gara sette nello stesso anno, ma se a Ovest è ancora tutto da giocare, a Est c’è già la prima finalista.
Questa volta sembrava impossibile, ormai suona quasi ridondante, ma LeBron James raggiunge la sua ottava finale consecutiva strappando il cuore dei Boston Celtics in gara 7 con una prestazione da 35 punti, 15 rimbalzi e 9 assists, portando un gruppo di (onesti) mestieranti alla finale NBA.
Ogni volta lo diciamo, ce lo diciamo, ma questa volta forse è necessario urlarlo ai quattro venti a costo di diventare monotoni:
È la più grande impresa di carriera di LeBron James.
Quella di stanotte è stata l’ennesima dimostrazione che anche senza Kevin Love, anche contro una squadra mai sconfitta in casa nei playoffs e contro tutto il mondo, LeBron un modo per vincere l’Est lo trova sempre e in questo caso lo ha fatto dominando singolarmente, ma continuando a credere fermamente nel concetto di squadra del suo gioco.
LeBron James goes for 35 PTS, 15 REB, 9 AST as the @cavs advance to their 4th straight #NBAFinals!#WhateverItTakes #NBAPlayoffs pic.twitter.com/7VrBNJFnjM
— NBA (@NBA) May 28, 2018
LA FIDUCIA DI LEBRON
Ci sono 35 punti per il re e tutto quello che si potesse chiedere per vincere, ma se vogliamo trovare un ulteriore elemento di grandezza che va al di là di ciò che abbiamo visto direttamente, è stata la sua incrollabile fiducia nella scelta giusta per lui e per la squadra. Nel primo quarto Cleveland è sotto di dodici punti senza letteralmente riuscire mai a realizzare un tiro aperto. LeBron consegna assists a ripetizione, uno più bello dell’altro, leggendo raddoppi, aiuti, flottate e tutto ciò che Stevens gli mette sulla strada, ma Green, Smith, Hill e Clarkson non segnano MAI.
In quel momento anche l’incrollabilità di LeBron sembra vacillare: buca completamente due difese, abbassa le braccia e va per un paio di azioni in attacco con insolita mollezza. Sembra la fine per i Cavs e invece lui con qualche canestro e la connivenza dei Celtics che non affondano il coltello quando dovrebbero, ricuce un distacco accettabile.
Nel secondo tempo rimane lì con la sua truppa a ogni spallata dei biancoverdi, ma non lo fa solo ed esclusivamente con i suoi canestri, ma anche con un paio di triple di JR Smith e anche una cruciale nel finale di Jeff Green, dopo che Tatum lo aveva prima posterizzato e poi infilato una gran tripla.
James però legge gli aiuti, li prevede e li precede nel lasciar andare un paio di assists sublimi che finalmente vengono convertiti. Ce ne sono anche altri che vengono vilmente scalpellati e anche se difficilmente il supporting cast potrà dire: “Siamo andati in finale” in luogo di “ci ha portati in finale”, la logica del gioco di LeBron è di squadra e anche nei momenti più difficili è riuscito a fidarsi di alcuni compagni per cui il credito con la fiducia era già finito da tempo.
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JAYSON TATUM E MARCUS SMART
Ai Boston Celtics in questa partita è mancato evidentemente il killer instinct, bucando di nervi almeno un paio di momenti in cui avrebbero potuto dare la spallata decisiva. Raggiunto il +12 nel primo quarto hanno tirato i proverbiali remi in barca precludendosi la possibilità di fuga con attacchi pigri e alcune azioni disconnesse. A restituire verve ai biancoverdi ci ha pensato Marcus Smart che ha messo insieme alcune giocate nel corso della partita che tendono a fare la differenza in una gara sette: uno sfondamento di pura presenza su LeBron James e un canestro rubato nel quarto periodo sempre ai danni del re.
Con lui anche Jayson Tatum ha interpretato al meglio da subito la partita senza domani, segnando sette dei primi nove punti della squadra e dando spettacolo anche in un quarto periodo che ha rispecchiato 48 minuti di brutto basket e ben pochi salti sulla sedia.
Prima ha posterizzato LeBron James in entrata schiacciandogli in testa, poi ha infilato la tripla del sorpasso che è anche stato l’ultimo dei suoi a 5.22′ dalla fine. Ha fatto ben oltre quello che ci si aspetterebbe da un rookie e ha anche mostrato la tranquillità e il carisma di un veterano, ma questi Celtics recrimineranno sull’ 8-42 del trio Smart-Brown-Rozier, su un Horford andato a sprazzi e su quello che poteva essere e non è stato a causa degli infortuni. Hanno l’orgoglio di aver disputato una stagione incredibile andando a cinque minuti dalla più incredibile finale NBA dell’era recente, ma al grande ballo ci va ancora LeBron. Dev’essere sempre l’ultima, ma ormai è diventato stucchevole anche scommettergli contro.