NBA: la distruzione di Portland firmata Davis-Mirotic-Holiday

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Quando in sede di preview ho dato vincente Portland per 4-1 in questa serie, l’ho fatto in maniera piuttosto convinta. I Pelicans avevano il giocatore più forte (Davis), ma anche meno talento complessivo e una panchina molto corta, cosa che non si può dire dei Blazers. I quali, dal canto loro, potevano contare su due dei primi 20-25 giocatori NBA in Lillard e McCollum.
È stata effettivamente una serie molto breve ma solo grazie a NOLA, che con un secco 4-0 si sbarazza degli avversari ed è la prima squadra ad accedere alle semifinali di Conference: vediamo come ci sono riusciti.

DAMIAN LILLARD M.I.A.

Senza dubbio, ciò che ha trascinato a fondo la squadra di Stotts è stato il rendimento assolutamente insufficiente di Damian Lillard, anche se l’ex giocatore di Weber State ha giocato una stagione eccellente che lo ha portato anche ad essere inserito nelle conversazioni per l’MVP (grazie all’ottimo record collezionato dalla sua squadra in stagione regolare). L’obiettivo primario di New Orleans è stato limitare lui e CJ McCollum, preferendo farsi battere dagli altri.
Sulle sue tracce è stato lasciato spesso un eccellente difensore come Jrue Holiday; su ogni blocco, il marcatore del rollante faceva show forte intrappolandolo e costringendolo a passare il pallone o a prendersi tiri estremamente contestati.
Sulle penetrazioni bisogna dare grande merito ai lunghi di NOLA per essere rimasti accoppiati contro di lui, uno dei migliori interpreti NBA nell’attaccare il ferro.

In questo caso, Mirotic lascia libero Davis dopo che il p&r si è sviluppato per dedicarsi esclusivamente alla marcatura di Dame, muovendo bene i piedi, accompagnandolo al ferro e stoppandolo.

 

Anche qui Diallo contiene bene la penetrazione permettendo il ritorno di Clark, che lo stoppa da dietro.

In generale Lillard è riuscito a trovare qua e là qualche canestro contestato dei suoi, soprattutto nel finale di gara 1, in cui Portland aveva rimontato e avuto una chance concreta di portare a casa la partita. È però mancato totalmente il tiro da tre (9-30 per lui nella serie, poco meglio per CJ con 11-26) e i tiri liberi. Portland ha concluso al 18esimo posto per liberi tentati a partita (21), ma in questa serie la cifra è crollata a 15.8, peggior dato tra le sedici contendenti al titolo.

Soprattutto nelle prime due gare, Portland ha trovato un buon contributo da giocatori come Zach Collins, Pat Connaughton e anche Mo Harkless, reduce da un infortunio al ginocchio che lo aveva tenuto a riposo nelle ultime dieci partite di stagione regolare. Tutti e tre hanno dato una mano in difesa nella rimonta che ha portato i Blazers a giocarsi gara 1, mostrando anche versatilità offensiva.
Collins ha la mano per costruirsi un credibile tiro da tre (anche se nella serie ha tirato un misero 3-14), può mettere palla per terra attaccando i closeout ed è dotato di buona visione di gioco, come testimonia questo passaggio che premia il puntuale taglio di McCollum.

Chi invece, nella mediocrità generale di Portland è riuscito ad avere un buon impatto sulla serie è stato Al Farouq Aminu, nettamente il più consistente dei suoi in attacco (al di fuori dei due top). L’ex di Clippers, Pels e Mavs è stato il giocatore sistematicamente ignorato dalla difesa di New Orleans, che gli ha sempre concesso grande spazio da oltre l’arco. Dei suoi tiri da tre presi, ben sei sono da considerare wide open, e sono stati mandati a bersaglio con un ottimo 47%.
È stata una bruttissima serie anche per Nurkic, a cui è toccato l’ingrato compito di marcare Anthony Davis per gran parte del tempo speso in campo, senza trovare risposte. In attacco è stato terrificante in tre gare su quattro – tranne che nell’ultimo episodio della serie – non riuscendo ad incidere neppure contro Mirotic, con cui la differenza di chili e centimetri era evidente. A proposito di Niko…

FATTORE X

Dopo l’infortunio di Cousins, i Pelicans hanno trovato in Niko Mirotic un giocatore in grado di dare quello che Gentry voleva dai suoi orfani di Boogie: tiro da tre per aprire il campo e sfruttare le transizioni. In questa serie l’ex Bulls è stato tutto questo e molto di più. Vero che Davis è stato un fenomeno, vero che Holiday sta giocando un basket spettacolare da inizio stagione, ma Mirotic ha giocato una serie eccellente su ambo i lati del campo (il rendimento in difesa ha sorpreso molti, me compreso). Il nazionale spagnolo ha segnato 18 punti di media con il 57% dal campo e il 46(!)% da tre. Per comprendere il suo impatto basta dire che il net rating di New Orleans con Mirotic in campo è stato +20, mentre quando si sedeva in panchina, il dato crollava a -22 (in entrambi i dati Niko è il primo della sua squadra).

Oltre ai tiri da dietro l’arco, Mirotic ha spesso fornito opzioni alle sue guardie con tagli puntuali, segno che non stiamo parlando solo di un tiratore stazionario e ossessivo:

 

Il numero 3 dei Pelicans, come detto, ha fatto vedere eccellenti cose anche in difesa, dove veniva spesso coinvolto nei pick and roll per fare in modo che Dame o CJ lo punissero dal palleggio. In realtà, la scelta di ingabbiare il portatore di palla avversario si è rivelata ottima perché i Pelicans hanno avuto chi, come Miro, ha eseguito alla perfezione.

Qui, negli scampoli finali di gara 2, AD recupera una palla fondamentale nata dell’eccellente scivolamento difensivo del montenegrino, che costringe Lillard ad un passaggio obbligato ma difficile, perché circondato da giocatori avversari.

Anche nell’uno contro uno si è fatto valere, fermando un fisico come Nurkic (che spesso nella serie si è fermato da solo, in verità). Qui addirittura lo stoppa dopo che il bosniaco lo ha portato sotto canestro, pensando di trovare terreno fertile per dominare:

L’eccellente serie giocata da Mirotic in entrambe le metà campo ha dato una marcia in più ai Pelicans e un ulteriore sparring partner per Anthony Davis.

BATMAN E ROBIN

Da quando è arrivato a New Orleans, Anthony Davis non ha mai avuto un secondo violino con cui dialogare. In attesa che torni Boogie, questo ruolo è stato occupato con grande successo da Jrue Holiday, autore di una stagione straordinaria, tanto in attacco quanto in difesa. Se però nella propria metà campo l’ex Sixers è sempre stato un elemento validissimo, in questa stagione Holiday ha fatto un passo avanti enorme in attacco, anche grazie alla presenza di Rajon Rondo. L’ex Celtics ha preso in mano le redini della squadra come gestore di gioco (comunque non disdegnando di attaccare il ferro con aggressività e prendersi triple, rigorosamente con metri di spazio davanti), permettendo all’ex UCLA di sfruttare e sviluppare il suo gioco da guardia.

I suoi 0.98 punti per come portatore di palla nei p&r lo mettono davanti a giocatori come Harden, Dragic e Lowry, ma anche in isolamento si sta rivelando un fattore: gli 0.94 punti per possesso segnati in questa situazione di gioco lo mettono davanti ai vari LeBron, Giannis e DeRozan.
Cosa dire infine di Davis, che non sia stato già detto? Probabilmente che la sua stagione e la sua serie contro Portland getta luce su New Orleans per ragioni positive e dà credibilità al basket in una città senza tradizione cestistica. Le partite contro Portland lo hanno visto dominare in attacco e in difesa e anche senza Boogie la sensazione è che New Orleans sia una squadra vera e non più un one man show. Chiaro, alla fine quando c’è da risolvere una partita si va da AD, ma per gli Warriors, ormai probabilissimi sfidanti dei Pelicans al prossimo turno, fermare Davis non sembra essere l’unica soluzione vincente.

Ammesso che ci riescano.

 

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