NBA, Raptors-Warriors: Toronto vince e continua a sognare

L’esito che nessuno si sarebbe aspettato ha preso ancora una volta forma. In una serie che in molti avevano profetizzato sarebbe stata controllata (sebbene con qualche difficoltà) da GS Toronto ha qualcosa da dire. E anzi, lo urla con rabbia agonistica e con la prepotenza delle grandi occasioni. Il verdetto di Gara 3 non lascia scampo ai blasonati Warriors del resto.

I Raptors imponendo il proprio gioco di squadra vincono alla Oracle Arena in quel di Oakland (109-123) e rilanciano in toto le proprie chances di sognare l’anello. Un sogno che, proseguendo sulla via di questo gioco e attitudine sul parquet, può davvero diventare realtà. Con Golden State chiamata a tornare ciò che era e che è sempre stata: la squadra da battere col pronostico a favore (specialmente in casa) e il favore dei propri Campioni.

LA SERATA DA RECORD NON BASTA

La serata di Gara 3 porta con sè due spunti di riflessione principali, uno per parte. La partita di GS lascia un profondo senso di amaro in bocca dopotutto. Il tutto in funzione di un ventaglio di elementi figli di un filo conduttore comune: quello del rammarico.

Sì, rammarico. Un senso di amarezza in primis per la prestazione di Steph Curry, dal momento che quella di ieri notte è stata senz’altro la partita migliore della storia dei suoi Playoff. 47 punti, 7 rimbalzi e 8 assist. I numeri aiutano in un primo impatto a farsi un’idea della caratura della sua prestazione, facendo sembrare ancor più clamoroso il fatto che a vincere siano stati comunque i Raptors. I 48 minuti della stella di GS racchiudono l’essenza dell’NBA nella sua forma più esaltante. Il Campione corre in campo facendo sembrare di giocare per una squadra intera, si fa trovare sempre disponibile accompagnando l’iniziativa dei propri compagni. E soprattutto non ha paura di prendersi sulle spalle la squadra per l’ennesima volta. Alla fine del primo quarto tocca già 17 punti e dopo 24 minuti è già a quota 25, serve aggiungere altro? Un’autentica furia in campo per 43 minuti.

Il playmaker combatte, lotta anche in difesa fino alla fine, ma non basta. La sua guida per inseguire il vantaggio di Toronto perdurato nel corso dei 48 minuti non ha destato la voglia del compagni di regalarsi una notte da Finals. I Raptors non possono che approfittarne toccando più volte i 16 punti di vantaggio e impostando in trasferta il proprio gioco. Vuoi per le pesanti assenze di Durant, Thompson e Looney, vuoi per una serata storta ma GS non tocca addirittura mai il vantaggio sui canadesi. Un fattore eloquente dal quale ripartire per una svolta. Il pressing per tutto il secondo tempo di VanVleet si è fatto sentire per intensità ma non è bastato a intaccare una serata perfetta.

Per quanto Curry abbia risposto presente in tutta la sua serata lo stesso non può dirsi dei suoi compagni. Allo sbando con lui, in totale balia dell’avversario senza di lui, in panchina a rifiatare in virtù dello sforzo. GS si è infatti per l’ennesima volta in questi Playoff 2019 costretta a rincorrere l’avversario. Ma l’impressione in generale è “mai come ieri sera”. L’elemento squadra è più che mai mancato ai campioni di Oakland, a cominciare da Green e Iguodala. I due, nonostante siano andati entrambi in doppia cifra (17 per Dreymond e 11 per la shooting guard) hanno fatto mancare un apporto essenziale per potersela giocare ad armi pari. Perchè per quanto l’NBA sia in grado di tirare fuori il meglio dai veri campioni il basket rimane un gioco di squadra nel quale alla lunga è il collettivo a trionfare.

TEAMWORK

Il secondo spunto di riflessione che emerge da Gara 3, una volta archiviati i problemi da risolvere di GS, è senz’altro l’ennesima sorprendente prestazione dei Raptors. L’esito di Gara 2 sembrava infatti aver spento la fiamma dell’entusiasmo di Toronto. In molti del resto avevano sentenziato la necessità da parte dei canadesi di puntare tutto sul fattore casa cercando di imporsi per 2 a 0 in Canada. E nemmeno per poter sperare di vincere, ma a detta dei più “per allungare e procrastinare la serie il più possibile“.

Una doverosa premessa è d’obbligo. Può sì essere considerata un merito figlio della tattica, ma Toronto riesce in pieno ad approfittare delle pesanti assenza in casa GS: non potere contare infatti su campioni come Durant, Thompson e Looney può fare la differenza. Come effettivamente è accaduto. La rotazione rimaneggiata dei bi-campioni in carica permette di conquistare il primo successo in trasferta in una finale NBA nella storia della franchigia. Vuoi per le altrui assenze, vuoi soprattutto per il merito del collettivo. Nessuno escluso.

La serata dei Raptors insegna come il basket in fin dei conti rimanga un gioco di squadra. Tutti, infatti, hanno contribuito alla vittoria. In primis quel Kawhi Leonard che si è rivelato ancora una volta il faro dei canadesi con 30 punti. Nonostante un secondo quarto che lo ha visto in difficoltà, figlio di una condizione fisica non ottimale, ha saputo poi reagire nel secondo tempo. Accompagnato da un elemento altrettanto imprescindibile nell’economia di Toronto. Kyle Lowry è reduce dalla miglior prestazione della serie: giocate individuali verso il ferro, tiri dalla distanza decisivi (5 triple decisive) condite da 9 assist, nel suo match c’è davvero di tutto per poter sperare in risultati importanti come questo.

Il gruppo prima di tutto. Un concetto sottolineato dal fatto che il quintetto di partenza è andato tutto in doppia cifra. Dai 17 punti di Marc Gasol, che ancora una volt aha fatto del rimbalzo e della quantità le sue armi migliori contro DeMarcus Cousins, ai 18 del sorprendente Pascal Siakam (conditi da 9 rimbalzi). Quindi il cuore messo in campo da Fred VanVleet, in marcatura stretta su Steph Curry per tutto il secondo tempo. E nonostante la prestazione magistrale della stella di Oakland i canadesi hanno avuto la meglio, con ciascuno che ha fatto la propria parte e molto di più.

Il tabellone dunque parla chiaro: 2 a 1 per Toronto nel segno di una serie appassionante e degna delle Finals NBA. Un cammino ancora tutto da decidere.

Stefano Carnevale Schianca
Stefano Carnevale Schianca
Stefano nasce il 19/11/1996 a Vigevano, vicino Milano. E' Studente di Scienze Politiche e delle Relazioni Internazionali presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore, a Milano. Sin da piccolo coltiva la grande passione per il giornalismo, in particolare quello sportivo, per il calcio, il basket e lo sport più in generale. Il suo sogno è quello di trasformare tutto ciò in un lavoro.