Dopo aver parlato dei Los Angeles Lakers con un capitolo a loro dedicato, continuiamo il nostro viaggio nell’NBA pre coronavirus con il resto della Pacific Division.
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Los Angeles Lakers
Los Angeles Clippers (44-20)
Ecco il team che più di tutti potrebbe risultare maggiormente agevolato per la pausa Covid-19! Squadra lunga, tecnicamente e qualitativamente profonda come nessuno, i Clippers non hanno infatti bisogno di eccessive prove tattiche o allenamenti faticosi per ritrovare l’equilibrio al fianco di due magnifici campioni quali Leonard e George, costantemente però fragili e perciò bisognosi di riposarsi e sottoporsi al tanto discusso load management, frutto di (possibili) storie tese annuali all’interno dello spogliatoio. Inoltre l’MVP former Raptors tutto ha dato a vedere nella sua leggendaria carriera, tranne che essere un passionale romantico leader da arena, diverso dunque all’estremo dai vari James o Giannis. Quindi, se le ipotesi di rientro sul parquet sono tuttora ignote, nessuno può smentirci nel supporre una ripresa pre estiva e a porte chiuse, che eleverebbe il gruppo di Rivers a favorito per la vittoria finale, grazie appunto al fatto di ricominciare la stagione con tossine reintegrate e senza “disturbi” esterni, che in un’eventuale finale di Conference coi più glamour Lakers farebbe pendere l’ago della bilancia verso la Lob City, la cui fanbase, oltre ad essere mostruosamente inferiore, è storicamente calma e pacata! Concludendo, ad oggi ci sentiamo di confermare i pronostici di inizio torneo, che davano Kawhi e soci avanti nelle championship odds (+425) di un inezia sul Prescelto (+450) e il Greek Freak (+550)!
Harrell e Williams sono di una spanna il Big Two di riserva numero 1 NBA, così come Morris e Jackson la miglior combo da deadline, per l’abilità a trovare la giusta mattonella in entrambe le fasi di gioco (l’ex Knicks) e il dinamismo e capacità con cui indirizzare un’azione autonomamente (il secondo); Shamet, Zubac e Beverley infine completano uno starting lineup allungato a 9 elementi da sogno per la postseason. Infine Green, Patterson e McGruder sono dignitosi backup ai quali affidare minutaggio nelle conclusive uscite da regular season! Inutile dilungarsi oltre su questo roster, assolutamente inarrivabile per nessuno, merito di anni e anni ad aspettare e svendere asset coi quali ritrovarsi oggi e la scorsa estate ad assaltare il mercato NBA. Un all in quindi calcolato e studiato da Steve Ballmer e Lawrence Frank, che cedono a un guru dalla panca la responsabilità di concludere l’anno con un anello al dito, arrivando fino in fondo nella conference più forte e al cospetto di LeBron, a nostro avviso unico terribile ostacolo prima della gloria, per poi mettersi di nuovo a tavolino e studiare il futuro, quando scadranno contratti pesanti di gente oggi imprescindibile, quali Harrell, Williams e perché no Marcus Morris. Con tutti adesso presenti in rosa l’occasione è più unica che rara e l’imperativo è dunque uno solo: vincere! Il calendario residuo inoltre è migliore rispetto a quello delle altre contender ed il terzo step assoluto appare una pratica elementare e comoda per i Clippers. Pronostico (60-22)
Sacramento Kings (28-36)
Genio e sregolatezza è ancor oggi il mantra della Sactown, mitica isola “infelice” per chi come il vostro scriba segue l’NBA da più lustri e la individuò in passato quale nicchia per contrastare l’egemonia delle altre sponde californiane. Tali aggettivi hanno però rappresentato per l’ennesimo anno la pietra tombale su qualsiasi aspirazione competitiva del team di Divac, totem delle stanze di comando e tra gli ultimi a lasciare un segno positivo nella Arco Arena di un tempo, assieme ad altri idoli alternativi del calibro di Chris Webber, Mike Bibby e Peja Stojakovic. Il nuovo corso già eccellente a Memphis e la resilienza sportiva di Okc sono tra le nuvole nere stagionali dell’ex Lakers Luke Walton, dato che nelle primordiali odds veniva posizionato ben sopra le due rivali, in una Western Conference inoltre ridimensionata dal più che probabile calo degli Spurs. Da aggiungere pure che con Joerger al timone delle operazioni, si erano issate le basi per consolidare e consacrare un ottimo core, formato dalle certezze Hield, Bogdanovic e Barnes – il primo rinnovato e in procinto di elevarsi a uomo franchigia – e giovani ma solide leve quali Fox e Bagley e Giles da affinare nel lineup titolare! Al figlio d’arte in panca, meno ribelle del predecessore, si chiedeva perciò “solo” di assecondare questi profili, conservando esclusivamente i suoi diktat sul numero di possessi, d’altronde caratteristica e peculiarità basilare per i penultimi Kings: se c’è invece una cosa che ha affossato Sacramento in questa campagna è stata proprio la lentezza a concludere a canestro, passata dal quinto posto a un disonorevole 25mo!
Causa di tutto ciò sono state le assenze delle quali abbiamo parlato in abbondanza tempo fa, un centinaio se si sommano quelle dei big in rosa e in particolare Fox, scheggia del parquet sostituito dal sempre affidabile ma troppo pacato e geometrico Joseph, che hanno spesso portato i superstiti a sbagliare la selezione dei tiri decisivi e perdere match per carenza di schemi e giocatori in grado di prenderli, Bjelica a parte, lui veterano al campionato di grazia! Questo ha mostrato la carenza di polso per Walton e l’incapacità di Hield a caricarsi il peso intero di un team competitor a livello cerebrale, nonostante le splendide performance da All Star 3 pointer, medie eccelse e un’ottima valenza da sesto uomo (19.4 pts per game), ruolo nuovo dalla trasferta di Chicago a fine Gennaio. Se alla ripresa Bagley si dimostrasse abile e arruolato, dopo i molteplici problemi al piede che lo hanno quasi fatto dichiarare out per la stagione, e il resto della truppa fosse in grado di ripartire senza intoppi, il calendario conclusivo potrebbe permettere ai Kings strisce importanti, loro in forma e senza assenze in grado di battere chiunque, per dimezzare le 3 gare e mezzo dai Grizzlies e tornare in postseason dopo un’eternità. In caso contrario il buon Vlade dovrà nuovamente sedersi con la proprietà e vedere se è il caso di smontare un giocattolo che pareva agli occhi di tutti quello giusto per puntare a risalire la china, studiando contratti in scadenza (Bogdanovic e Giles), possibili trade (Barnes o lo stesso Marvin?) e adeguamenti economici per Fox, magnifico diamante da conservare a vita! Pronostico (37-45)
Phoenix Suns (26-39)
Lo start dei Suns era stato entusiasmante e il roster pareva assemblato senza pecche per competere tra le migliori otto! Sebbene la squalifica di Ayton per 25 partite per il ferreo protocollo di Lega sui diuretici avesse tolto la stazza della prima scelta assoluta sotto al ferro, il resto della truppa aveva sopperito a tale assenza sviluppando un divertente playbook offensivo diretto da Ricky Rubio, regista furbo, esperto e intelligente mancato in passato e al fianco del quale Booker e Oubre accrescevano il loro smisurato talento in attack mode! Era dai tempi di Nash che un outscore di 55 verso i rivali (9.2 per game) non si vedeva ed Aron Baynes, accantonato dai Celtics, pareva la risposta ad ogni problematica da pivot, lui moderno centro al 50% realizzativo, 15 di media, 7 rimbalzi e 6 assist e fulcro di ogni possesso iniziale dei primi match stagionali. Il closeness con Monty Williams a chiamare gli schemi si vedeva dall’ottimo e inusuale ball movement in particolare sull’esterno, che bypassava la carenza di un rim protector come il mastodontico sophomore ed ergeva Phoenix a nicchia da 28 assistenze a partita (vetta NBA), a terminare le ripartenze in meno di 10 secondi dal rimbalzo e a concludere ben 34 volte dall’arco al 38.4%, equivalente al top five! Anche dietro i 29.6 tiri da tre subìti – quinto spot – erano merito di un backcourt agile e perentorio. Quel che avvenuto poi è storia e a parte un Pace mantenutosi elite (nono) e la solita abilità a difendere sui 3 pointer, il crollo si è visto un po’ ovunque, partendo dal pessimo 26-39 ovvero tredicesima piazza dell’ovest, fino ad arrivare all’insufficiente copertura in mid range, frutto pure di una carente difesa sui pick and roll e poche stoppate e rimbalzi effettuati, da cui derivano poi troppi falli e liberi concessi.
Molti i turnover (15 a gara) ed esigui gli attempt da lontano, tra le ultime piazze se rapportati ai periodi rosei e accennati in precedenza ed ora ventesimi come rate. A una Ortg nella media corrispondono mediocri Defensive rating (20mi) ed Efg% a .528! Booker si è issato sì a profilo all star, compiendo progressi da ogni mattonella, ma se si è caduti così in basso non può astenersi da responsabilità. Certo 23 anni sono ancora pochi per divenire capro espiatorio, soprattutto se sempre in campo e capo score a 26 punti di media, Plus 6.1 e Off Rtg 114 su 100 possessi e Usage a 29.5, il tutto a giustificare i 27 milioni e rotti a salire di salary, però appaiono chiare finora le carenze caratteriali di un elemento eccelso nelle performance ma ancora inappropriato (?) per essere uomo franchigia, sia se accoppiato a giovani partner che a veterani dall’ottimo curriculum. I gravi infortuni per Kaminsky in mid season e Oubre di recente hanno fatto il resto e pongono i Suns nel solito limbo di questa fase stagionale, cioè quella tra la conclusione di un campionato e le decisioni per il futuro. I 158 milioni garantiti per D-Book per il discorso fatto non stanno a significare nulla e la constatazione di non essere il mattone su cui ricostruire potrebbe essere presa al vaglio, così come i rinnovi per Baynes (oggi a 5,43M) e Saric, mentre Okobo e Diallo non appaiono le giovani leve da affiancare ad Ayton per i tempi a venire. Dieci match residui al cospetto di contender chiudono ogni sogno playoff e lasciano dunque James Jones con la mente occupata a prevedere se concedere una legacy con Booker al timone o imbastire blockbuster trade che rivoluzionino per l’ennesima volta i progetti in Arizona. Sarebbe un peccato, specialmente alla luce di quel prologo speranzoso, che ci aveva illuso di vivere una nuova e vincente epoca nell’arido deserto di Phoenix. Pronostico (33-49)
Golden State Warriors (15-50)
Curry, Thompson, Wiggins, Green e una prima scelta, meglio se assoluta, che sia LaMelo o Edwards per perpetrare ancora l’eccellenza dello small ball, oppure Toppin e Wiseman per occupare il paint con mano però calda e pratica; in alternativa cederla per assaltare i vari Smart e Schroder o infine usufruire dei 17 milioni di trade exception per Iguodala e tentare il colpo grosso, aggiungendo al pacchetto pure Wiggins e puntare un Big, magari Giannis nel 2021! Questa premessa rappresenta i pensieri primordiali, sin dallo start di questo disgraziato 2019/20, per gli uomini di San Francisco, falcidiati a cascata in primis dal crack Durant, con conseguente abdicazione dell’anello, addio di quest’ultimo e successivamente dagli ulteriori crolli fisici degli Splash Brothers, uniti alle cessioni veterane e vincenti dei lustri recenti. Inutile dilungarsi di più su una stagione deprimente sin dagli albori, partita nel fluorescente Chase Center con gente del calibro di Bowman, Poole, Robinson III, Paschall e Willie Cauley-Stein in quintetto, 7.1 milioni annui totali combinati!
Il fallimento Russell era inoltre preventivato a lungo termine e in assenza della prova del nove futuristica su una convivenza con Steph ha spinto dirigenza e coach all’accantonamento da mid season, al pari fra gli altri di Burks e Robinson, spediti a Phila per sei secondi round 2020, ’21 e ’22! La classifica è vergognosa quanto la pochezza del gioco e qualità, le statistiche superflue da accennare e il mefistofelico tanking quasi naturale da perseguire! Mai quanto per Golden State si deve dunque parlare di anno sabbatico, convinti che menti sopraffine quali Kerr e Myers siano in grado di rispolverare in futuro una nuova dinastia, bypassando l’incubo luxury tax e ricreando un gruppo vincente al fianco di Curry e Thompson, veterani sì ma se in salute garanti almeno di un altro paio di tornate al vertice e da protagonisti! Pronostico (20-62)