Nel giro di due giorni esatti, i Rockets sono passati dal secondo posto della Western Conference al quarto, che li obbligherà a una probante sfida contro i Jazz e a incontrare, in caso di vittoria, quella Golden State che lo scorso anno gli ha impedito di partecipare alla Finals dopo più di vent’anni di astinenza.
Sicuramente non lo scenario ideale per Houston, che però, fino a qualche mese fa, rischiava di andare incontro ad un altro scenario, ben peggiore: guardare i playoff dal divano.
Poi, in mezzo agli infortuni che hanno falcidiato la squadra, Harden è impazzito a forza di partite da 30, 40, 50 punti, e la squadra di D’Antoni è tornata in carreggiata.
MVP
Chiunque lo vinca, tra Harden e Giannis, sicuramente lo avrà meritato al 100%. Quello che gli spettatori occasionali di NBA non capiscono è la bravura dell’ex USC non solo nel buttare il pallone nel cesto, ma anche di fare in modo che lo facciano i compagni.
Il gioco dei Rockets è incentrato soprattutto sugli isolamenti, e non è un caso che la squadra sia terzultima in assist a partita (appena 21). Il dato relativi agli isolamenti è spaventoso: il 20% abbondante dei giochi di Houston si svolge in questo modo, di gran lunga il dato più alto (secondi i Thunder ad anni luce di distanza, 9%). Di questi assist, più di due terzi provengono dalla coppia Paul-Harden: i due fanno registrare rispettivamente 15.7 e 14 assist potenziali a partita.
Quando il numero 13 di Houston fu designato point guard titolare dei Rockets un paio di anni fa, tanti puristi (o presunti tali) del gioco storsero il naso: troppo individualista l’ex Thunder per pensarlo a capo del gioco offensivo di una squadra. Solo nel 2017 è possibile concepire una cosa del genere.
E invece, il nostro si è dimostrato più che all’altezza del compito. Harden ha finito la stagione al settimo posto per punti per possesso segnati come portatore di palla in un pick and roll (0.97).
Il destinatario preferito dei passaggi di Harden è Clint Capela, che quest’anno ha perso molto tempo per infortuni ma che ha comunque ricevuto quasi il 18% dei palloni di Harden e che ha finito la stagione al 12esimo posto per punti per possesso segnati come rollante sui pick and roll (1.17).
Tornando all’MVP 2018, bisogna anche dare a Cesare quel che è di Cesare, quando se lo merita. Del Barba si è teso spesso a sottolineare la sua difesa abulica o del tutto inesistente, ma c’è una situazione di gioco nella propria metà campo in cui Harden eccelle, ed è la difesa del post up.
Tra i giocatori con almeno un possesso difensivo di questo tipo, Harden è secondo in tutta la Lega (dietro al suo compagno Eric Gordon) per punti concessi in questa situazione di gioco, 0.68.
Contro George, prima lo stoppa, poi la mette sul fisico impedendo all’ex Pacers di avvicinarsi a canestro e rendendo ostica la sua conclusione.
È vero che Giannis ha fatto una stagione favolosa per la squadra col miglior record di Lega, ma Harden ha disputato una stagione storica ed è stato determinante come forse nessun altro giocatore in giro per la NBA nei successi della sua squadra.
DALL’ALTRA PARTE DELL’ARCOBALENO
Come abbiamo avuto modo di dire, il rientro di Capela è stato fondamentale per le ambizioni dei Rockets, per il rapporto che ha con Harden sul terreno di gioco, per come corre il campo e si muove senza palla:
Lo svizzero sa finire al ferro resistendo ai contatti, ma anche mettere palla per terra, per concludere in proprio o mettere in ritmo i compagni:
Addirittura, mentre Capela guariva dall’infortunio al pollice, i Rockets hanno dato una chance a Kenneth Faried in uscita dai Nets. L’ex Nuggets ha l’energia e la solidità per giocare da “5” in quintetti smallball, garantendo una presenza atletica su entrambi i lati del campo, nonostante la stazza non imponente.
In questa sequenza c’è tutto quello che Faried può dare. Prima difende benissimo contro Koufos, strappando poi il rimbalzo dalle mani di Bagley. Sul ribaltamento di fronte prende il rimbalzo in attacco salvando il possesso prima che il pallone esca.
Houston è 13esima per frequenza di transizioni condotte, ma è terza per punti per possesso in contropiede, e questo è merito anche dei lunghi che scattano per trovare impreparate le difese avversarie.
FINCHÈ C’È PAUL C’È SPERANZA
Molto passa però dalla salute di CP3, che è tornato ad ottimi livelli dopo il lungo stop per infortunio, e che è titolare del miglior defensive rating di squadra quando è in campo (tra i giocatori con almeno 600 minuti sul parquet). Con lui in quintetto i Rockets subiscono 103 punti su 100 possessi, dati che, parametrati su un’intera stagione, li metterebbero al primissimo posto, anziché al 18esimo che occupano in coabitazione con Dallas.
I Rockets hanno una stella di primissima grandezza, scorer pericolosi, un giocatore come PJ Tucker, fondamentale nella NBA moderna e un futuro Hall Of Famer come Paul da proteggere a tutti i costi. Abbiamo visto lo scorso anno nelle finali di Conference che differenza può fare avere CP3 sano.
Il percorso nei playoff non è certo agevole, ma senza il gruppo al completo, nessuno può pensare di trascinare una squadra alla vittoria. Nemmeno se ti chiami James Harden.