Sam Hinkie died for this, recita una maglietta in voga tra i tifosi dei Philadelphia 76ers. Sei stagioni fa, il Process aveva inizio e Phila aveva una squadra zeppa di giocatori inadeguati ai palcoscenici NBA con un unico obiettivo in testa: perdere più partite possibile, ricostruire da capo e accumulare quanti più asset utili per creare una squadra vincente. Se Phila sarà vincente lo dirà il tempo. Quel che è certo è che il nuovo GM Elton Brand – anche grazie all’aiuto del suo predecessore – ha allestito una squadra talentuosa e profonda, con l’obiettivo di uscire vincitrice dall’Est e affrontare verosimilmente Golden State al massimo delle possibilità.
TAGLIA FISICA
Il quintetto base dei Sixers è davvero grosso. A parte Redick, listato come 193 cm, tutti gli altri sono tranquillamente sopra i due metri d’altezza. Come se non bastasse, avere Simmons come portatore di palla primario costringe le difese avversarie a fare una scelta. I difensori che possono marcare l’ex LSU senza pagare dazio si contano sulle dita di una mano: tutti gli altri sono costretti a concedere per forza qualcosa.
Di questa condizione sta beneficiando Jimmy Butler, che tra i giocatori con almeno 600 minuti sul parquet ha il terzo miglior net rating di squadra (+7). Butler sta giocando con grande aggressività, cercando di srfuttare la propria stazza per giocare vicino a canestro, sia in penetrazione (sono 9.6 di media a partita, dato più alto di squadra), sia sfruttando la propria stazza contro avversari più bassi.
Butler è sempre stato molto valido in questo aspetto del gioco, ma quest’anno ha raggiunto un livello elitè: l’ex Bulls sta convertendo i tiri al ferro con il 74%, miglior dato in carriera.
Molto utile è poi la sua abilità a muoversi senza palla, in una squadra con tanti elementi capaci di creare gioco:
Viene anche usato come portatore di palla per iniziare i giochi, soprattutto quando in campo manca uno tra Simmons e McConnell.
Philadelphia è una squadra che ama correre (sono settimi in pace, con quasi 103 possessi per 48 minuti). Ben Simmons ama questa situazione di gioco, catapultandosi nella metà campo avversaria cercando di concludere sorprendendo la difesa o facendola collassare e trovando uno dei tiratori appostati sul perimetro.
In realtà i Sixers sono tutt’altro che aggressivi quando si tratta di premere il grilletto sul tiro da tre; sono solo 15esimi in stagione per triple tentate a partita (31) e anzi, da dopo la trade deadline, il dato è ulteriormente calato (25.5, penultimi in NBA). Tobias Harris e Mike Scott si sono comunque inseriti bene nel contesto di squadra (Scott addirittura ha già il miglior net rating dei Sixers, seppur in minuti ridotti, +8.8, e con lui in campo la squadra tira col 40% da 3, che sarebbe il miglior dato di Lega nella classifica generale).
Harris invece ha un gioco offensivo sicuramente più versatile, per come colpisce da oltre l’arco (37%), e per come sa anche mettere palla per terra e battere l’uomo dal palleggio o sfruttare l’eventuale mismatch:
Qui il blocco di Simmons porta Holiday sulle sue tracce: Harris penetra a canestro tirandogli in testa con il floater.
Anche l’altro protagonista dello scambio con i Clippers sta ben figurando, cioè quel Boban Marjanovic che è ben più di un semplice fenomeno di culto, ma un gocatore NBA a tutti gli effetti. Oltre ad avere una buona soluzione offensiva nel gancetto verso destra (e a rimbalzo offensivo, chiaramente), l’ex Spurs e Pistons è titolare del miglior defensive rating di squadra, con neanche 101 punti subiti su 100 possessi quando lui è in campo (sarebbe il miglior dato di Lega).
In attesa del rientro di Embiid, Marjanovic sta dando ai Sixers una validissima alternativa nel ruolo di centro.
INTERCAMBIABILITÁ
Dove però Philadelphia ha cercato di fare un passo in avanti è anche la difesa, soprattutto pensando ad un eventuale scontro in finale contro Golden State
Gli Warriors hanno fatto scuola su più fronti: uno su tutti l’intercambiabilità difensiva, che permette a chi difende di cambiare sui blocchi senza avere un qualche svantaggio di taglia fisica né rischiare di lasciare un tiro comodo al portatore di palla (in origine fu Steph). Ecco spiegati gli arrivi di Harris, oltre che per la sua versatile dimensione offensiva, e di Jonathon Simmons dai Magic, altri due esterni abbastanza rapidi e in grado di cambiare in difesa senza patire troppo.
Qui prima Harris e Simmons cambiano sul blocco, con l’ex Magic che finisce su Barton. Poi i due lo raddoppiano e lo costringono allo scarico su Plumlee che però viene sconsigliato da Embiid dal prendersi la conclusione al ferro. Il pallone finisce sul perimetro da Jokic, che però viene costretto da Korkmaz a mettere palla per terra. Jokic penetra in area mentre Simmons è bravissimo ad aprire le braccia per impedire il passaggio a centro area per Plumlee e così il serbo è costretto a scaricare sul perimetro per Barton che viene ben contestato da Harris.
Qui invece c’è McConnell contro Trey Lyles dopo un blocco, e il play dei Sixers è bravo a mettersi davanti all’avversario impedendogli la ricezione. Embiid si avvicina per dargli una mano convincendo Plumlee a tagliare in area. Embiid però torna in posizione scoraggiando l’avversario e convincendolo a servire di nuovo Lyles, la cui conclusione viene ben contestata dal camerunense (l’ex terza scelta assoluta è primo in NBA per tiri al ferro contestati, 8, e decimo per percentuale concessa al ferro tra i giocatori scesi in campo in almeno 40 partite e con almeno 3 tiri a partita contestati, con 55.5).
Se è vero che vincere un titolo vorrebbe dire portare a termine il famigerato Process, è altrettanto assodato che i difficili anni con Hinkie al timone del front office stanno portando i risultati sperati, con Embiid e Simmons, e un All Star come Butler arrivato via trade.
LeBron non è più un problema, l’Est è più aperto che mai e i Sixers sono tra le favorite per dare un senso ad anni bui.