NBA: Team USA, il dream team verso Neverland

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Gianni Petrucci, qualche giorno fa, ha detto che all’Italia la via della medaglia dipende dalla fortuna del non incrociare Team USA. Sarebbe ovvio pensarlo, ma mai come quest’anno la squadra dei sogni sembra vivere un incubo. Non bastasse la gitana e ancestrale trovata di Scottie Pippen di rendere la sua casa un b&b/museo a tema USA Basketball in Barcelona, affittabile a 92 dollari a notte, nè la lunghissima stagione NBA. Coach Pop si trova davanti una squadra che di fatto ha talento senza stelle, e non si potrebbe lamentare l’assenza di Booker e Middleton che se le stanno suonando a colpi di quarantelli. Tra forfait voluti, esclusioni illustri, infortuni e il covid, Team Usa vive il punto più basso della sua storia, testimoniato dalle pesanti sconfitte subite da Nigeria e Australia (che sarebbero avversarie dell’Italia, per risponde al numero uno della Fip).

Trae Young

TRAE YOUNG LASCIATO A CASA…

Non esiste Dream Team senza un escluso illustre. Durant, che è comunque l’unico vero volto di peso di questo Team Usa, non ha convinto altri big a sposare la causa, e il problema è sempre quello degli infortuni e delle assicurazioni (motivo per cui la Germania, ad esempio, non avrà Schroeder). Se il talento non manca, è eloquente che uno come Trae Young sarebbe stato sicuramente uno di quelli che avrebbero fatto bene alla squadra, ma che soprattutto avrebbe sposato il progetto. Eppure il suo nome non c’è, come non c’era quello di Isaiah Thomas per Barcellona 92. Curioso corso e ricorso. Testimoniato anche dal meme che il giocatore di Atlanta ha usato per commentare questa esclusione, ossia le parole che proprio il play di Detroit usa per descrivere la situazione in “The Last Dance”.

Probabilmente la sua eclettica visione del basket non si sposa con il modo di intendere la squadra di coach Popovich, che magari preferisce un uomo d’ordine ad un istrione shooting first, ma è indiscutibile che Young meritava un posto sull’aereo per Tokyo dopo la stagione disputata. Tanto più che anche un giovane come Ja Morant ha supportato il collega, quando in pratica la situazione potrebbe essere analoga per lui. Certo se ne può discutere, visto che Lillard al momento fa parlare di sè più per le voci di trade che per il campo e Holiday sta ancora sudando sul parquet delle Finals. Se ci si aggiunge che quindi il trattore della palla al momento designato sarà Zach Lavine il domino è presto fatto. Pagherà i dividendi la scelta del coach degli Spurs?

Beal
Credits: Facebook Washington Wizards

BEAL & LOVE OUT…

La situazione diviene tragica ogni giorno che passa e Pop lo ha detto chiaramente in un’intervista strana per i suoi standard, in cui è stato logorroico e trafelato. L’epidemia covid ha fatto sì che questa spedizione fosse racchiusa in una bolla, ma non è semplice per questa squadra essere lontana dalla vita, specie se poi giochi a Las Vegas. La diretta conseguenza è che lo shooting prince Bradley Beal si è beccato la falce nera del nuovo millennio e deve dire addio al sogno olimpico giapponese. Al suo posto è confermato a roster uno degli additivi tappabuchi, ossia Keldon Johnson, ed i motivi sono presto detti, specie perchè sfruttarlo in guardia è il vero obiettivo degli Spurs.

Dirà addio anche Kevin Love, che mai ha messo piede sul campo e non ha mai recuperato dall’infortunio al polpaccio di questa stagione. Al suo posto arriverà JaVale Mcgee, che rischia di aggiungere un nuovo alloro alla sua bacheca, cosa che non era neanche nei sogni più lieti di mamma Pamela. Forse Pop ha pensato che se non può correre più di loro, magari può volare sopra il ferro o metterci muscoli e fisico fuori misura per le big europee. Finita qui? Macchè…

Jerani Grant è sul filo del rasoio anche lui alle prese col covid, e Holiday, Booker e Middleton bisognerà vedere quando e come arriveranno. Gli insider americani pensano ad eventuali rimpiazzi ed il primo nome è quello di Zion Williamson, seguito dai già citati Young e Morant, ma saprà coach Pop col suo staff tornare indietro su quella che è stata una precisa scelta di roster o la supponenza che spesso accompagna Team Usa la farà da padrone? Il percorso del Dream Team è in salita, o per meglio dire, è una strada verso una triste Neverland.

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