NBA, Thunder al bivio: Westbrook (ancora) da solo e il disastro Melo

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È il capolinea per gli Oklahoma City Thunder, che dovevano essere i più accreditati rivali dei Warriors e invece, dopo una stagione costellata di difficoltà, idiosincrasie e inconsistenze, si congedano dalla stagione NBA 2018 nello stesso modo in cui hanno lasciato quella scorsa: con Westbrook miseramente solo contro tutti.

Non è stata assolutamente la miglior serie in carriera di Brodie, ma l’aver guidato la rimonta da -25 in un’ancora inspiegabile gara 5 e aver praticamente da solo portato a un tiro dall’overtime i suoi in gara 6 è un po’ poco rispetto a quello che ci si aspettava alla vigilia della stagione e della serie.
Dall’altra parte Donovan Mitchell ha giocato una serie clamorosa, ma ancor di più un terzo quarto di gara sei che rasenta la leggenda. Dopo aver vissuto un difficile primo tempo al tiro e con qualche problema di falli, ha anichilito la difesa di Paul George, gli aiuti di Steven Adams e qualsiasi difensore gli sia capitato a tiro. Pensare che con la perdita di Hayward e il suo inserimento Utah ci abbia guadagnato è davvero difficile da credere, sebbene sia al momento la cruda e netta verità.

Gli Utah Jazz non sono stati solo Mitchell e sono riusciti a vincere la sesta partita praticamente senza Rubio. La vera arma in più di questa squadra, oltre a un assortimento di giocatori molto intelligenti come Ingles, lo stesso Rubio e Favors, annovera uno dei migliori allenatori della stagione come Quin Snyder che tre mesi fa aveva un record di 19-28 e ora incontrerà meritatamente gli Houston Rockets in semifinale di conference.

Paul George…e un metro arbitrale da rivedere.

A molti rimarrà impressa una gara sei incredibilmente deficitaria (2-16 dal campo e più perse che punti), ma la sua serie è stata notevole sino a 24 ore prima dell’ultimo atto, visto che è stato l’artefice della rimonta da -25 in gara 5.

Nonostante questo non è mai riuscito in difesa ad arginare Donovan Mitchell, che nel terzo quarto lo ha letteralmente scherzato, nonostante Donovan glielo avesse affidato cercando risposte che Brewer non era stato in grado di dare.
Questo lo ha tolto dalla partita anche offensivamente dove oltre alle brutte percentuali (2-16 dal campo) non è mai stato coinvolto nel giusto modo  per poter dare a Westbrook quella spalla che serviva.

Grida ancora vendetta il non fischio su Rudy Gobert nell’azione che avrebbe potuto dare tre liberi a PG per il pareggio. Non volendo ridurre una serie ricca di spunti a un singolo episodio, sarebbe il caso che la NBA si decida a uniformare i fischi in queste situazioni. Posto che l’attaccante che cerca il difensore non deve MAI essere premiato con un fallo (come in questo caso), c’è da mettere mano all’uniformità delle scelte e soprattutto lala troppo leggera concessione di tre tiri liberi in situazioni viziose. Ormai i giocatori non sanno più quando possono lucrare un fallo o quando no e la foto di Snyder sul salto di Gobert fa capire più di ogni spiegazione quanto il non fischio sia particolare.

Carmelo who?

Possiamo dire che ormai Anthony sia tenuto cestisticamente in vita da delle macchine che gli forniscono l’ossigeno. Donovan ha “dovuto” tenerlo in campo anche nella sesta partita sapendo perfettamente che questo avrebbe esposto i suoi a fugracce difensive continue. Ci sono due azioni che fanno pensare alla sua inadeguatezza: una nel primo tempo quando cammina su un cambio difensivo, gira le spalle a Mitchell che lo salta obbligando Adams a un aiuto che non può arrivare con tempestività, mentre il secondo nel terzo quarto quando Huestis dà per scontato un cambio difensivo (perpetrato dai Thunder tutto il match), che Anthony nemmeno prende in considerazione lasciando un’autostrada per il ferro all’interno del parziale che Mitchell aveva sapientemente iniziato.

Melo è deleterio per questi Thunder e probabilmente per ogni squadra con cui giocherà da qui in avanti se non verrà considerato un giocatore da 20/25 minuti a partita in situazioni particolari e tralasciando momentaneamente la questione salariale.
Con la sua esperienza ai Thunder doveva rilanciarsi, trovare nuovi stimoli anche essendo un po’ più protetto dalla presenza delle altre star e invece ha fallito miseramente non adattandosi all’inizio e diventando poi l’anello debole (non l’unico) di questi Thunder.

Ora inizia un’altra estate caldissima all’ombra del Will Rogers Airport di Oklahoma City, perché Paul George dovrà prendere una decisione che, automaticamente, cambierà la storia futura dei Thunder. Presti ne era consapevole dodici mesi fa e lo è ancor di più ora, ma sperava di convincere l’ex Pacers con una stagione e dei risultati decisamente migliori.
Già nella giornata di sabato sono previste le exit interviews, dalle quali sarà impossibile trarre delle indicazioni definitive. L’impressione che George voglia restare ci sono, ma in quanto tali possono cambiare facilmente nei mesi che separano dalla free agency. È un altro turning point per i Thunder che ancora una volta dovranno pensare a ciò che poteva essere e non è stato.

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