NBA training camp: Heat, Celtics e Suns d’interesse

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Ci siamo quasi, la stagione NBA 2018/19 sta per iniziare. Dopo una off-season pirotecnica, con gente come James e Leonard che ha cambiato playground, i vari coaching staff possono iniziare a lavorare ufficialmente sulla stagione che verrà. Con un calendario così fitto di partite il training camp assume un valore fondamentale, perchè è il posto in cui nascono le gerarchie, si inseriscono i nuovi arrivi e si delinea il sistema da impiegare. Chiaramente ogni team ha priorità diverse, ad esempio, una contender –Warriors, Rockets, Celtics e altri ancora– normalmente parte da una base consolidata negli anni, con gerarchie ben definite (non è il caso dei Celtics…), quindi più che delineare deve aggiungere o modificare qualcosa del proprio sistema. Un team nelle prime fasi della ricostruzione invece punterà a costruire un’identità di base, favorendo le caratteristiche dei propri prospetti. Ognuna delle 30 franchigia ha una timeline interna e opera di conseguenza, fermo restando che siamo nella NBA 2018/19, ed è imperativo avere più frecce possibili in faretra, essere versatili both ends è fondamentale.
Vediamo quindi tre delle situazioni più interessanti:

MIAMI HEAT

Con la last dance annunciata da Wade Spoelstra avrà a disposizione almeno 12 giocatori che si aspettano un ruolo in rotazione. Manca la classica superstar, la forza del sistema è proprio l’imprevedibilità, protagonisti sempre diversi, e possibilità per tutti (escludendo Wade che comunque ha giocato solo 21 partite, nessuno degli Heat in rotazione ha chiuso con un usg% superiore a 25.5). Un solo giocatore quasi insostituibile, Goran Dragic, l’unico a buttarsi dentro con continuità (Waiters aiuterà molto in questo senso), basti pensare che con lui in campo Miami realizza nel pitturato 48.7 punti x 100 possessi, dato che crolla a 40.5 quando è in panchina. I tanti infortuni dello scorso anno di fatto hanno costretto Spoelstra a cavalcare più del previsto alcuni giocatori, ora con tutti a disposizione qualche malumore sarà inevitabile, in particolare nel frontcourt.

 

Nonostante le dichiarazioni distensive da ambo le parti, appare complicato ipotizzare un ruolo consono a status e stipendio per Whiteside. Semplicemente non è adatto a svolgere il compito che gli chiede Spoelstra: handoff, partenze in palleggio, velocità nel muovere la palla e nel muoversi lontano da essa sono caratteristiche che non ha nel proprio skillset.
Buy in totale invece per Adebayo e Olynik, e regular season ampiamente positiva per entrambi. Durante l’assenza di Johnson i due sono stati schierati anche insieme, assetto possibile grazie alla capacità del big man da Kentucky di difendere sul perimetro, che ha prodotto 9 punti ogni 100 possessi in più degli avversari (secondo miglior dato di squadra per i two-man lineup, ma anche quello con il pace più basso, minimo 200 minuti).
Probabilmente a inizio stagione Whiteside giocherà comunque abbastanza, anche per metterlo in mostra per eventuali acquirenti, ma la situazione potrebbe cambiare in breve tempo, specialmente se non dovessero arrivare risultati positivi….
Interessante anche il discorso esterni, con il tuttofare Winslow (probabile un suo impiego anche da 4, o da point forward, come auspicato dallo stesso Winslow)  ed il sorprendente Richardson (miglior difensore sulla palla di cui nessuno parla?)  che meritano spazio e possessi, il cecchino scelto Ellington, la certezza Dragic e il sempre enigmatico Waiters. Ah, dimenticavamo Wade….

BOSTON CELTICS

I verdi, da molti considerati i favoriti a Est, devono reinserire due pezzi da 90 come Hayward e Irving, due abituati ad essere al centro delle operazioni. La loro assenza ha liberato spazio e responsabilità per i vari Brown, Tatum e Rozier (sicuro protagonista dei trade rumors da qui alla deadline), che sono cresciuti fino a diventare i principali scorer durante i playoff. Stevens dovrà convincere tutti a sacrificare qualcosa per il bene del team, una sfida sicuramente non da poco…
Lo starting five ipotizzato dai media comprende appunto i due rientranti insieme ad Al Horford, Brown e Tatum, in modo da avere i cinque più importanti in campo insieme. In realtà per dare a tutti abbastanza tiri e responsabilità sarebbe meglio spostare almeno un giocatore nella second unit. Per caratteristiche, ad esempio, un Tatum potrebbe ricoprire tranquillamente il ruolo di sesto uomo. E poi c’è il fattore Baynes, uno che viaggia lontano dai radar, ma che in campo sa come farsi sentire. I numeri lo confermano ampiamente:

Oltre a consentire ad Horford di giocare nell’amato ruolo di power forward, l’australiano è fondamentale anche per il suo lavoro a rimbalzo difensivo, aspetto fondamentale nella scorsa annata dei verdi, basti pensare che hanno vinto 37 delle 40 partite in cui hanno preso più rimbalzi difensivi degli avversari, ed appena 14 delle 38 in cui è successo il contrario. Togliere lui e inserire Hayward modificherà per forza di cose le scelte offensive e difensive del team. Avere tanti potenziali scorer rimane comunque un vantaggio, ma c’è da scommettere sul fatto che Stevens dividerà i minuti in modo da averne sempre almeno un paio sul parquet.

PHOENIX SUNS

Situazione in divenire per la franchigia dell’Arizona, sempre vigile sul mercato a causa del buco nella posizione di playmaker. I vari Harrison, Okobo, Canaan e Melton, per un motivo o per un altro, non offrono le garanzie necessarie per affrontare 82 partite.  L’assenza di una mano esperta in regia probabilmente è il peccato originale del progetto di McDonough, tanto bravo nell’accumulare asset, ma altrettanto confuso quando è arrivato il momento di tramutarli in giocatori. Per un Booker a cui è stato consentito di esplorare ogni limite del suo gioco, ci sono tanti altri prospetti che non sono riusciti a venire fuori.
Il ciclo si trova ad affrontare l’ennesima ripartenza, stavolta con un ottimo coach come Igor Kokoskov. Il fautore del miracolo Slovenia ha un roster con tanti giocatori versatili,  adatti allo switching game marchio di fabbrica di Houston e Golden State.

Booker e Ayton sono le building blocks, sarà interessante seguire le scelte del coach in regia (anche Booker darà una mano)  e nel sovraffollato settore ali.  Oltre ai veterani Ariza ed Anderson, sgomiteranno per trovare spazio Josh Jackson (post ASG 18.7 punti, 5.9 rimbalzi e 2.5 assist,per caratteristiche è un fit migliore insieme alle due star),  T.J. Warren (probabile sixth man se non sarà scambiato, nel 2017/18 nelle vittorie 23.3 punti,5.9 rimbalzi ed il 59% dal campo), Dragan Bender (talento both ends evidente,ma mai continuo) e il rookie Mikal Bridges, prototipo di 3 and D su cui i Suns hanno investito veramente parecchio. Parliamo del team per cui è più difficile ipotizzare uno starting lineup (ci proviamo comunque, Harrison, Booker, Jackson, Ariza, Ayton…), facile prevedere quindi che nel training camp sarà battaglia per entrare nelle grazie del nuovo coach.    

 

   

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