15 Giugno 2014- Con il risultato già in ghiaccio e la sirena che decreta la fine della stagione NBA, i San Antonio Spurs portano a casa Gara 5 delle Finals e festeggiano quello che ad oggi è l’ultimo titolo NBA della loro generazione d’oro. Successo ottenuto ai danni dei Miami Heat, in quella che è una rivincita delle Finals di un anno prima, andata in scena con gli stessi protagonisti, ma con risultato opposto. A festeggiare, infatti, il 20 Giugno 2013 era stata la squadra di LeBron, in una delle finali più belle e incerte degli ultimi anni, conclusasi a Gara 7 e dopo il canestro di Ray Allen per andare ai supplementari in Gara 6, quando ormai gli Spurs assaporavano già la vittoria.
Quelle finali sono state anche l’ultimo capitolo al massimo livello di due straordinari campioni. Nella Gara 7 del 2013, uno dei principali protagonisti della cavalcata degli Heat fu Dwyane Wade, autore di 23 punti (incluso l’ultimo punto della gara) e 10 rimbalzi, confermandosi spalla perfetta di un LeBron James in versione onnipotente.
Nella Gara 5 del 2014 fu invece il quasi 37enne Manu Ginobili a essere la spalla perfetta dell’MVP delle Finals, Kawhi Leonard, realizzando 19 punti partendo dalla panchina e dimostrandosi decisivo, grazie anche a una condizione fisica decisamente migliore rispetto alla stagione precedente.
Dwyane Wade e Manu Ginobili, due straordinari giocatori che rischiamo di non vedere più sul parquet il prossimo anno, se come pare entrambi potrebbero appendere le scarpette al chiodo.
I due, ad onor del vero, sono arrivati al tramonto della loro straordinaria carriera in modo diverso.
Wade, classe 1983, pareva avere le stimmate della bandiera di una franchigia, dopo essere stato la quinta scelta assoluta dei Miami Heat nel fantastico Draft del 2003 e averli guidati al primo anello della storia da MVP delle Finals nel 2006 a soli 24 anni. Una storia che pareva però finita male dopo la separazione, non senza qualche polemica, nel 2016 per andare a giocare nella natia Chicago. Ai Bulls però Dwyane-Nemo non è stato profeta in patria e dopo una sola stagione con poche luci e parecchie ombre, è stato tagliato senza tanti rimpianti per permettergli di raggiungere l’ex compagno LeBron James a Cleveland. Anche sulle rive del lago Erie però Wade non ha brillato, faticando a trovare un ruolo adatto in uscita dalla panchina, in una squadra che probabilmente non aveva così bisogno di un veterano del suo calibro. Alla fine, la soluzione migliore per tutti è stata un suo ritorno a Miami, in uno scambio con una seconda scelta protetta 2024. La chiusura di un cerchio che lo ha finalmente rivisto tornare un giocatore chiave nei suoi Heat, in cui ha giocato una serie di playoff da protagonista e che gli permesso di regalare il punto della vittoria contro Philadelphia in una Gara 2 da 28 punti con 16 tiri in 26 minuti.
Manu Ginobili, che viceversa è entrato in NBA in punta di piedi nel 2002, dopo essere stato scelto al draft del 1999 con la 57esima chiamata. L’ex Virtus Bologna ha saputo però ritagliarsi uno spazio importante in una delle franchigie più vincenti negli ultimi vent’anni, guadagnandosi la fiducia e il rispetto di Coach Popovich e giocando sempre, in tutti i 15 anni di carriera NBA, nell’unico modo in cui ha sempre saputo giocare: con straordinaria energia e dando sempre tutto sul parquet, mettendosi a disposizione della squadra da sesto uomo, da play aggiunto, da giocatore di rottura, o da qualsiasi cosa fosse necessaria per vincere una partita, una serie o un anello. Alla fine è rimasta una delle poche “bandiere” (se vogliamo usare un termine molto italico) della NBA e a 40 anni suonati ha ancora riscosso parecchi consensi, con qualcuno che addirittura lo vorrebbe come papabile al premio di sesto uomo dell’anno. E anche lui, come Wade, si è tolto lo sfizio di essere protagonista nell’unica vittoria Spurs ai playoff, in una Gara 4 contro i Warriors in cui ha messo a referto 16 punti in 25 minuti e con il 50% dal campo.
A prescindere da quanto abbiano vinto, come premi individuali o di squadra, sicuramente in caso entrambi decidano di lasciare il basket giocato, perderemmo tanto, forse più dal punto di vista prettamente romantico nell’abbandonare un pezzo di storia della lega che tecnico, dato che le primavere passano per entrambi e i canonici passi persi. Nel caso di Wade poi, per caratteristiche fisiche (ha sempre puntato molto su velocità e fisicità a canestro) e tecniche (le zone del campo in cui gli piace attaccare, il midrange, è sempre meno pregiato in questa lega) sono più di uno.
La nostra bold prediction però è che almeno uno dei due (argentino e con il naso pronunciato, ndr) lo rivedremo in altre vesti, più eleganti, seduto su una panchina NBA.
Per rivederli entrambi insieme, invece, bisognerà presumibilmente aspettare il 2022, quando con tutta probabilità vedremo entrambi a Springfield, Massachussets, a parlare alla platea della Hall Of Fame al loro ingresso nell’olimpo della pallacanestro. Wade per la sua staordinaria carriera NBA, Ginobili per quanto fatto in NBA e per aver vinto in area Fiba un oro e un bronzo olimpico, un argento mondiale e un’Eurolega, tutti da protagonista.
Farewell Manu e Dwyane!