Nicolò Melli-Olimpia Milano: il divorzio era davvero necessario?

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Melli
Nicolò Melli (EA7 Emporio Armani Olimpia Milano)

Stupiti? No. Delusi? Forse un pò.

Non è un segreto che la situazione Nicolò Melli-Olimpia Milano non fosse distesa come teoricamente dovrebbe essere tra un capitano e la sua società. Nicolò è andato via come giovane giocatore in crescita la prima volta ed è tornato come affermato campione in grado di arrivare in NBA. Oltre a questo ha dimostrato di essere leader (a Bamberg, ma a tratti anche al Fenerbahce), cosa che al di là dell’oceano non gli hanno mai permesso di mostrare, anche per un gioco molto più (perdonateci il brutto termine) settoriale, rispetto al suo essere eclettico. È tornato e ha vestito i panni del capitano, dovendo dare l’esempio ed essendo quello che ogni società spera: un italiano di livello top che sia il volto e l’immagine di una società che, nella fattispecie, fa dell’immagine un vero e proprio credo.

Ma allora come è possibile che si sia arrivati a giugno senza che ci fosse un accordo per il rinnovo? Un giocatore così, teoricamente, dovrebbe essere la pietra miliare del tuo progetto, colui da cui partire o ripartire, banalmente perchè lo hai già a roster e ancor più banalmente perchè un italiano forte così non c’è. E invece al termine della stagione ancora si glissava sul rinnovo: “Ne parleremo a tempo debito”, “Noi vogliamo che rimanga, ora la palla va a a lui…”.

Ecco proprio su questo punto vorrei ragionare in modo empirico, oggettivo. Mi chiedo: se tu Olimpia Milano vuoi che Melli rimanga, perchè a marzo non hai già rinnovato il giocatore togliendo dal tavolo ogni dubbio? Problema di soldi? Mi sembra quantomeno improbabile.
Quindi dove sta il problema? Sicuramente c’è e solo i diretti interessati lo sapranno, ma a me vengono due possibili scenari: il giocatore preferiva comunque cambiare e cercare nuovi stimoli dopo tre anni intensi e magari qualche differenza di vedute con chi gestisce, o la società e lo staff non erano davvero interessati a continuare ad averlo come pietra miliare. Ed è facile che non si esca da questi due scenari, perchè seppur senza escluderlo al 100%, non credo proprio che il motivo del divorzio possano essere 100 o 200k euro d’ingaggio.

Dopo due stagioni disastrose in Eurolega, che solo due scudetti hanno parzialmente edulcorato, doveva essere fatta un’operazione radicale. La dipartita di Devon Hall lo dice, quest’estate sarà rinnovamento molto forte e le soluzioni erano due: o cambiare la guida tecnica, o cambiare il nucleo di giocatori. È risultato evidente nella stagione lo scollamento tra le due parti che si è manifestato nelle sconfitte più inspiegabili e inaccettabili in Eurolega, non certo nell’infortunio di Billy Baron. La guida tecnica è al suo posto e allora il roster va rifondato. Non c’è nulla di male, anzi. I cicli finiscono e riconoscere il momento è importante. Questo è il momento, forse con anche un anno di ritardo, ma the time is now.

La firma di Armoni Brooks è il primo segnale di qualcosa di diverso, gli ormai assodati arrivi di Dimitrjevic e Nebo cambiano la rotta, attendendo quello che sarà l’ennesimo stravolgimento in cabina di regia. C’è solo un grosso punto di domanda su questo stravolgimento, anzi forse più che di domanda è esclamativo: non è più ammesso sbagliare! Messina non può permettersi di sbagliare una singola mossa quest’estate dal front office e l’anno prossimo sul campo. Deve fare una stagione da playoff di Eurolega comodi con velleità anche maggiori e, onestamente, quando viene detto che Milano non possa competere coi grandi budget d’Eurolega mi viene fortemente da sorridere. Che non sia a quel livello di spesa magari, che non possa competere è il nascondersi dietro a uno stuzzicadenti, nemmeno un dito.

Melli sarebbe stato senza dubbio il leader, la figura di riferimento e di conoscenza dell’ambiente che avrebbe dovuto fare da tramite tra il vecchio e il nuovo corso, quel capo del nucleo italiano che ti fa capire di essere arrivato all’Olimpia e cosa venga richiesto per essere all’altezza. E invece non lo sarà, per colpe probabilmente da dividere, anche se le percentuali sono ben sbilanciate. Ma quindi chi ricoprirà quel ruolo di leadership tecnica e umana da oggi in poi? Mirotic? Nemmeno per sogno. Un campione clamoroso in campo, ma non un leader trascinatore. E allora dovrà essere qualcuno che arriverà. Ma di Chacho ce ne è uno solo, nell’attesa di vedere cosa farà Kyle Hines, figura che forse è l’ultimo salvagente di leadership a cui ci si può attaccare.

Però che qualcosa non torni sulla questione del (non) rinnovo di Melli c’è e se non vogliamo paragonare questa separazione a quella che potrebbe essere stata di un Llull o di un Fernandez al Real Madrid, possiamo dire che è delittuosa per un’Olimpia che aveva ritrovato il suo simbolo e lo ha lasciato andare.

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